Diritti civili

Fine vita: i palliativisti presentano i loro emendamenti

La decisione di presentare formalmente i propri emendamenti fa seguito alla forte preoccupazione per l'attuale testo di legge. Quattro i punti principali e la richiesta urgente di un tavolo tecnico interistituzionale. Molte società scientifiche, come gli oncologi medici, hanno già espresso la necessità che la politica si confronti con gli specialisti e i cittadini

di Nicla Panciera

La Società italiana di cure palliative Sicp, società scientifica nazionale di riferimento dei professionisti del settore dai clinici agli infermieri, e la Federazione di cure palliative Fcp, rete delle organizzazioni del Terzo settore, hanno presentato una serie di emendamenti alla bozza di legge sul suicidio medicalmente assistito adottato a maggioranza il 2 luglio 2025 dalle Commissioni riunite 2ª (Giustizia) e 10ª (Affari sociali e sanità) del Senato, con l’obiettivo è quello di tutelare i principi costituzionali di autodeterminazione, equità nell’accesso alle cure palliative e coerenza tra bisogno di cure palliative e reale offerta e disponibilità assistenziale, con l’invito all’attivazione di un tavolo tecnico interistituzionale.

La decisione di presentare formalmente un pacchetto di emendamenti da parte di chi ogni giorni ha a che fare con il fine vita fa seguito alla forte preoccupazione per l’impianto e i contenuti del disegno di legge attualmente in discussione, che Sicp e Fcp hanno espresso chiaramente fin da subito.

Le richieste avanzate dagli emendamenti presentati dai professionisti delle cure palliative e del terzo settore riguardano quattro punti principali. Il primo è la necessità di sancire la piena libertà di scelta del cittadino all’accesso alle cure palliative, e non l’obbligatorietà quale requisito necessario all’accesso al suicidio medicalmente assistito, sottolineando che la vera libertà di scelta è direttamente correlata alla reale disponibilità di cure palliative precoci e cure palliative di qualità, requisiti non soddisfatti nella pratica, essendo le cure palliative sottofinanziate e frammentate. In questo scenario, rendere obbligatorio un servizio non universalmente disponibile significa introdurre un ostacolo di fatto, che potrebbe negare l’accesso al suicidio assistito a chi vive in aree prive di un’assistenza palliativa strutturata. Sarebbe una misura ingiusta, non sostenibile né giuridicamente, né clinicamente, né eticamente.

Rendere obbligatorio un servizio non universalmente disponibile significa introdurre un ostacolo di fatto, che potrebbe negare l’accesso al suicidio assistito

Sicp e Fcp

No all’esclusione del SSN

Il secondo punto riguarda l’esclusione del sistema sanitario nazionale Ssn, che va al contrario coinvolto «quale garanzia di equità, appropriatezza e trasparenza nelle procedure di accompagnamento al suicidio medicalmente assistito» si legge in una nota diffusa da Sicp e Fcp. «L’assenza di controllo pubblico espone a rischi di abuso, disuguaglianze e privatizzazione della morte medicalmente assistita. Il Servizio Sanitario Nazionale deve invece assumere un ruolo attivo e responsabile, garantendo trasparenza, equità e appropriatezza lungo tutto il percorso».

No al comitato unico di valutazione nazionale

Terzo, si chiede di istituire Commissioni aziendali di valutazione clinica e Comitati per l’etica clinica territoriali, a composizione multidisciplinare e pienamente inseriti nelle strutture del Servizio Sanitario Nazionale, in grado di operare a livello locale, in prossimità, e con tempi più congrui rispetto alla realtà clinica. Bocciata la costituzione di un comitato di valutazione nazionale centralizzato, di nomina governativa e che va contro i principi di prossimità e personalizzazione del processo di cura. Un organismo unico è inoltre inadatto a gestire valutazioni complesse, personalizzate e spesso urgenti, come quelle legate a situazioni di fine vita.

Giù le mani dalla legge sulle cure palliative

Ultimo, ma non per importanza, Sicp e Fcp si oppongono con fermezza a modifiche alla Legge 38/2010, previste dal testo attualmente in discussione: «No a qualsiasi revisione che possa snaturarne l’impianto originario, ribadendo che quella legge rappresenta un pilastro del sistema sanitario e della civiltà giuridica del nostro Paese».

Un tavolo interistituzionale

Si rinnova la richiesta di un tavolo di discussione. «Come già espresso insieme ai colleghi anestesisti di Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva» chiarisce Gianpaolo Fortini, presidente SICP «riteniamo che l’intervento emendativo che dovrebbe contenere almeno tutte le proposte da noi presentate, possa comunque rivelarsi insufficiente. Per questo chiediamo l’attivazione urgente di un tavolo tecnico interistituzionale con la partecipazione delle Commissioni parlamentari, del Ministero della Salute, del Ministero della Giustizia e che coinvolga anche le società scientifiche, le associazioni dei pazienti e i rappresentanti delle professioni sanitarie, affinché la nuova legge nasca da un confronto ampio, condiviso e rispettoso della complessità dei bisogni di chi vive situazioni di fine vita».

La necessità di un confronto

Lo scontento e l’insoddisfazione per il testo di legge è diffuso tra gli specialisti che chiedono si ragioni in nome del paziente e non dell’ideologia. Una proposta di incontro e discussione era giunta già la settimana scorsa dagli oncologi medici dell’Associazione italiana di oncologia medica Aiom: «È necessario che le Istituzioni si confrontino con le società scientifiche per risolvere alcuni aspetti centrali. Nutriamo forti perplessità sull’istituzione del Comitato Nazionale di Valutazione, a cui si vuole affidare l’incarico di decidere sulle richieste di aiuto medico nel morire. Inoltre, consideriamo inaccettabile che le spese per queste pratiche siano a carico dei singoli cittadini» ha dichiarato Francesco Perrone, presidente di Aiom. «Le richieste di aiuto medico nel morire da parte dei pazienti oncologici sono poche rispetto all’alta incidenza dei tumori in Italia, che nel 2024 hanno fatto registrare 390.100 nuovi casi. Ma la nostra società scientifica ha sempre dato grande rilievo al tema e chiediamo quanto prima un confronto con le Istituzioni. Il Comitato Nazionale di Valutazione, organo di nomina politica, non garantisce né la verifica della specificità di ogni singola situazione clinica né una presa in carico tempestiva e personalizzata, purtroppo necessaria nel caso in cui a richiedere questa specifica assistenza sia un malato oncologico. Si possono ipotizzare forme alternative di garanzia per la società ma non si può, in oncologia, assegnare ad altri la responsabilità delle scelte, sottraendole di fatto al naturale ambito della decisione condivisa nel contesto di relazione già esistente tra pazienti, nuclei familiari e medici oncologi».

È necessario che le Istituzioni si confrontino con le società scientifiche per risolvere alcuni aspetti centrali

Francesco PErrone

I costi non siano a carico del cittadino

«Inoltre i costi della morte medicalmente assistita non devono essere a carico del cittadino, altrimenti si determinerebbero disparità inaccettabili in base al censo» sottolinea Saverio Cinieri, Presidente di Fondazione Aiom. «La richiesta di aiuto medico nel morire, invece, deve trovare spazio all’interno del Servizio Sanitario Nazionale, il solo che può garantire tutte le competenze ed i percorsi integrati, incluse le cure simultanee e palliative, necessarie per anticipare i bisogni, pianificare in modo condiviso le cure, assicurare al malato oncologico a fine vita e alla sua famiglia un’assistenza olistica, nel rispetto delle decisioni del paziente». Proprio al fine vita saranno dedicate le ‘Giornate dell’Etica’ di Aiom, con il titolo «Fine vita: la cura oltre la malattia», che si svolgerà il 19 e 20 settembre a Lecce.

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