Cambiamento climatico

La vita segreta di Ugo, cosa ci insegna il primo pipistrello geolocalizzato

La sua storia inizia tra i boschi e le bat-box di Oasi Dynamo, la riserva naturale affiliata al Wwf nel cuore dell’Appennino pistoiese. È il primo esemplare di nottola di Leisler a cui è stato applicato un geologger: «Essendo un organismo altamente sensibile all'ambiente circostante e occupando nicchie ecologiche ben definite, con i suoi spostamenti ci offre un vero e proprio termometro dello stato del nostro pianeta», spiegano i ricercatori

di Daria Capitani

È molto più piccolo del palmo di una mano, ma sta compiendo una piccola rivoluzione nel modo in cui guardiamo all’ambiente e all’interazione dell’uomo con la natura che lo circonda. Lo staff dell’Oasi Dynamo l’ha affettuosamente ribattezzato Ugo ed è un pipistrello della riserva affiliata Wwf che si estende per oltre mille metri di altitudine nel cuore dell’Appennino pistoiese. Al suo interno, c’è il Dynamo Camp, l’ambiente stimolante e protetto in cui la Fondazione omonima offre a bambini con patologie gravi o croniche, disturbi del neurosviluppo o condizioni di disabilità, e alle loro famiglie, programmi di terapia ricreativa.

Ugo è l’esemplare maschio di nottola di Leisler a cui, per la prima volta in Italia, è stato applicato un geologger, un dispositivo ultraleggero fissato al dorso con una colla chirurgica e tecniche non invasive che permette di osservare la vita segreta di questi mammiferi alati, spesso invisibili ma fondamentali per l’equilibrio degli ecosistemi.

Lo studio è condotto dal Cnr – Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri, con il contributo decisivo dei ricercatori Leonardo Ancillotto ed Emiliano Mori in collaborazione con il Max Planck Institute for Animal Behaviour. Perché proprio questa specie? «La nottola di Leisler riveste un’importanza ecologica significativa per le sue caratteristiche e il suo comportamento, che la rendono un eccellente bioindicatore della salute ambientale», spiegano Ancillotto e Mori. «La sua preferenza per i rifugi arborei la lega indissolubilmente all’integrità e alla maturità degli ambienti forestali. Un calo delle sue popolazioni può indicare una perdita di alberi vetusti, una gestione forestale non sostenibile o una frammentazione degli habitat. La sua dieta insettivora la rende sensibile alla presenza di pesticidi e alla riduzione delle popolazioni di insetti, fornendo un segnale precoce sullo stato di salute delle catene alimentari. Infine, i suoi estesi spostamenti la rendono sensibile agli ostacoli del paesaggio, come l’inquinamento luminoso e le infrastrutture, fornendo indicazioni sulla connettività ecologica».

Un termometro per il pianeta

Comprendere a fondo questa specie permette di ottenere informazioni cruciali non soltanto sulla sua conservazione, ma anche sul cambiamento climatico. «I movimenti dei pipistrelli sono straordinariamente rivelatori della salute ambientale e degli impatti del cambiamento climatico», continuano i ricercatori. «Essendo organismi altamente sensibili all’ambiente circostante e occupando nicchie ecologiche ben definite, le loro traiettorie e i loro schemi di spostamento ci offrono un vero e proprio termometro dello stato del nostro pianeta. Se osserviamo che evitano ampie zone urbane troppo illuminate, o che i loro corridoi di volo sono interrotti da infrastrutture stradali trafficate, questo indica una chiara frammentazione dell’habitat. Le loro rotte di foraggiamento ci mostrano dove si concentrano le popolazioni di insetti: se devono percorrere distanze eccessive per trovare cibo, o se le loro aree di caccia tradizionali diventano meno frequentate, questo può indicare una riduzione delle popolazioni di insetti dovuta all’uso di pesticidi o alla perdita di habitat per le prede».

L’inquinamento luminoso è un altro fattore cruciale: «Molte specie, particolarmente sensibili alla luce, evitano le aree illuminate che finiscono per essere delle vere e proprie barriere ecologiche impedendo l’accesso a risorse vitali o connessioni tra le popolazioni». Non solo. «Alterazioni nei cicli annuali, come inverni più miti che portano a ibernazioni più brevi o meno profonde, con i pipistrelli che emergono prima dai rifugi invernali, possono avere conseguenze sulla loro disponibilità energetica e sulla sincronizzazione con l’emergenza degli insetti di cui si nutrono».

La storia di Ugo

Ugo è stato trovato durante il controllo mensile delle bat box dell’Oasi: a dargli un nome, sono state due studentesse che in quel periodo stavano svolgendo il loro tirocinio universitario. Il dispositivo di monitoraggio e localizzazione pesa circa un grammo, ha una batteria della durata variabile tra i 40 e i 60 giorni e, trascorso questo arco di tempo, si stacca: questo metodo permette di non dover ricatturare il pipistrello per rimuovere il dispositivo, riducendo il carico di stress sull’animale. I dati vengono raccolti e inviati automaticamente circa una/due volte al giorno: «Ugo ha percorso diverse decine di chilometri, dalla faggeta in cui è stato catturato a un’altitudine di circa 1000 metri, raggiungendo la pianura, addentrandosi a Pistoia, nella periferia di Firenze e volando su Empoli», spiegano i ricercatori. «Essendo passati oltre due mesi dal giorno dell’applicazione a oggi, il dispositivo come previsto non invia più dati ma ci auguriamo che i suoi spostamenti stiano procedendo al meglio».

Un laboratorio a cielo aperto

Non è un caso che questa operazione di monitoraggio abbia trovato casa all’Oasi Dynamo, una realtà che rappresenta per la ricerca scientifica un vero e proprio laboratorio a cielo aperto. Giulia Santalmasi, responsabile progetti di ricerca, attività educative e di conservazione di Oasi Dynamo, spiega che non si tratta soltanto di un’oasi di protezione: «È un sito ideale per lo studio e la sperimentazione di dinamiche ecologiche e di soluzioni innovative per la conservazione. Qui possiamo analizzare ecosistemi completi e le interazioni tra flora, fauna e ambiente, monitorando l’efficacia delle diverse strategie di gestione e la risposta della biodiversità ai cambiamenti. Siamo riusciti ad attivare questa sperimentazione proprio qui per diverse ragioni chiave. Innanzitutto, l’oasi è caratterizzata da eterogeneità ambientale, con una grande diversità di habitat concentrati in un’unica area gestita. In secondo luogo, l’oasi beneficia di una gestione naturalistica consolidata dal 2006 e di una visione a lungo termine, garantendo la stabilità per progetti di ricerca. Infine, si tratta di un’area protetta con un controllo sull’accesso che riduce il disturbo, permettendoci di isolare e studiare l’impatto di fattori specifici in un contesto altrimenti preservato».

Qui possiamo analizzare ecosistemi completi e le interazioni tra flora, fauna e ambiente, monitorando l’efficacia delle diverse strategie di gestione e la risposta della biodiversità ai cambiamenti

Giulia Santalmasi, responsabile progetti di ricerca, attività educative e di conservazione Oasi Dynamo

La ricerca rappresenta una bussola per orientare le future azioni di tutela. «Capire gli spostamenti dei pipistrelli, i loro habitat di foraggiamento e riposo e le minacce che incontrano, ci fornisce dati scientifici indispensabili per sviluppare strategie di conservazione efficaci e mirate. Grazie al monitoraggio, anche attraverso l’uso dei localizzatori sugli esemplari, ci piacerebbe delineare con precisione le rotte migratorie e le aree critiche che i pipistrelli utilizzano. Il nostro obiettivo è espandere significativamente la raccolta di dati e, nello specifico, i prossimi passi prevedono il tracciamento delle femmine, le quali tipicamente compiono spostamenti più estesi».

Un centro visite per studiosi e attività didattiche

Nel frattempo, a Oasi Dynamo sta prendendo forma un nuovo Centro visite che ospiterà residenze per studiosi, progetti di studio, attività didattiche rivolte alle scuole di tutto il territorio nazionale, esperienze di ecoturismo e incontri divulgativi aperti alla comunità locale. «Vogliamo che diventi un punto di riferimento per chi si occupa di conservazione, ma anche un luogo capace di generare consapevolezza e coinvolgimento in chiunque desideri avvicinarsi alla natura con curiosità e rispetto», anticipa Santalmasi.

L’educazione ambientale è il ponte che collega le conoscenze scientifiche alla società. «Non basta acquisire dati: è fondamentale comunicarli, renderli comprensibili e ispirare le persone ad agire», aggiunge. «Integrare ricerca ed educazione significa prendere le scoperte fatte sul campo (ad esempio, l’importanza dei pipistrelli come bioindicatori o le minacce che affrontano) e trasformarle in messaggi chiari e coinvolgenti. Questo permette a un pubblico più ampio, dai bambini agli adulti, di comprendere il valore della biodiversità e le implicazioni delle proprie azioni».

In apertura, un’immagine generica rappresentativa delle attività di Oasi Dynamo, non relativa al progetto di Cnr Iret sulla nottola di Leisler. Le fotografie nel testo sono di Mattia Marasco per Oasi Dynamo

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