5 per mille, ma per davvero
Così il 5 per mille è diventato un 4,3 per mille
Con il 5 per mille, ben 18 milioni di italiani danno il loro contributo per dare risposta a tantissime cause sociali. Questa grandissima spinta di partecipazione però si scontra con un limite: il tetto del 5 per mille. Non tutte le risorse che gli italiani destinano con la loro firma, infatti, arriva a destinazione: ciò che supera i 525 milioni di euro viene trattenuto dallo Stato. Il 5 per mille, perciò, è diventato di fatto un 4,3 per mille. Con il magazine di luglio-agosto, VITA insieme a 63 fra le più importanti organizzazioni del Terzo settore lancia una campagna per l'eliminazione del tetto
di Sara De Carli e Matteo Riva

La dicitura sul modulo della dichiarazione dei redditi non lascia spazio a fraintendimenti: «Scelta per la destinazione del 5 per mille dell’Irpef». È scritto in lettere maiuscole, che come tutti sanno (ricordate le pagelle o gli assegni?) è il modo per evitare manomissioni o dubbi interpretativi sulla cifra. Lo stesso sul sito dell’Agenzia delle Entrate: «Il contribuente può destinare la quota del 5 per mille della sua imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef), firmando in uno dei sette appositi riquadri che figurano sui modelli di dichiarazione». 5 per mille, senza ombra di dubbio. Com’è possibile allora che il 5 per mille sia diventato – come è diventato – un 4,3 per mille?
È l’effetto del tetto. Non tutti gli italiani infatti sanno che il 5 per mille –questo straordinario strumento di sussidiarietà fiscale che permette al singolo cittadino di indicare esattamente a chi vuole che vada una piccola parte delle sue tasse –ha un tetto massimo, una copertura stabilita per legge. Il tetto esiste da sempre e negli anni è stato via via aumentato proprio per poter accogliere il numero crescente di firme dei contribuenti che via via aderiscono al 5 per mille e rispettare le loro scelte. Dal 2022, con il 5 per mille i contribuenti possono destinare al massimo 525 milioni di euro all’anno. E se le firme degli italiani valgono di più? Tutto l’extra tetto resta nelle disponibilità dello Stato, che lo userà come meglio ritiene, esattamente come avviene per il restante 995 per mille dell’Irpef.

È quel che è successo. Non una, ma tredici volte. Negli ultimi otto anni, in particolare, il tetto è stato sforato per ben sette volte: praticamente una costante (l’unica eccezione nell’anno del Covid). Nell’ultima edizione gli italiani, con le loro firme, hanno destinato a finalità sociali – attraverso il 5 per mille – quasi 604 milioni di euro, ben 79 milioni in più rispetto al tetto dei 525 milioni. Una mancanza di rispetto del patto con i cittadini: ecco perché questo è il momento per dire “Togliamo il tetto!”. VITA lo chiede con la campagna “5 per mille, ma per davvero”, promossa insieme a 63 grandi organizzazioni del Terzo settore e con un appello alla Presidente del Consiglio, al Governo e al Parlamento tutto. Trovate tutto sul nuovo magazine (se sei abbonato leggi subito qui e grazie per il tuo sostegno, se vuoi abbonarti clicca qui) e su vita.it.
L’extra-tetto? Continua a crescere
I dati parlano chiaro, anche se per conoscerli c’è voluta una interrogazione parlamentare. Si è scoperto così che nel 2024, compilando la dichiarazione dei redditi relativa al 2023, «l’importo effettivamente destinato dai contribuenti ammonta a 603.959.199,36 euro», ha detto il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani. «Il delta tra l’importo erogabile e quello effettivamente destinato è dunque pari a 78.959.199,36 euro». I conti sono presto fatti: destinare alle finalità indicate dagli italiani 525 milioni anziché 604 significa che il 5 per mille non è più tale, ma è diventato un 4,346 per mille. Anche l’anno prima c’era un extra-tetto: quasi 28 milioni di euro. E l’anno prima ancora? Le firme “in più” valevano 4,3 milioni di euro. Un trend chiaro, che meritava di trovare risposta già nelle ultime due leggi di bilancio: nulla invece è stato fatto. Di questo passo, senza ombra di dubbio, l’anno prossimo l’extra-tetto sarà ancora più ampio. Siamo quindi a un bivio. O il Governo toglie il tetto, destinando integralmente l’importo indicato dai cittadini o – se le risorse restano quelle – dire chiaramente che il 5 per mille non è più tale, cambiandogli il nome: 4 per mille.


Più volte in passato il tetto è stato sforato (esattamente tredici volte) e più volte è servito fare pressing sul Governo e sul Parlamento perché lo alzassero. Il gap tra le scelte degli italiani e il tetto fissato dalla norma, infatti, negli anni fra il 2009 e il 2013 era divento così ampio che il Governo Renzi, quando stabilizzò il 5 per mille, lo aumentò in un sol colpo di 100 milioni, portandolo ad una capienza di 500 milioni di euro annui. Allora sembravano sufficienti, ma l’amore degli italiani per il 5 per mille li ha presto resi una cifra inadeguata. Se sommiamo tutto l’extra-tetto trattenuto dallo Stato, dal 2006 ad oggi, arriviamo a 562 milioni di euro, che equivalgono grossomodo ad un’intera annualità del 5 per mille. Secondo le stime di Assif (Associazione italiana fundraiser), ogni ente deve stimare che per via del tetto ha ricevuto il 15% in meno di ciò che gli italiani, negli anni, gli hanno destinato.
Nel 2024 l’importo effettivamente destinato dai contribuenti ammonta a 603.959.199,36 euro. Il delta tra l’importo erogabile e quello effettivamente destinato è dunque pari a 78.959.199,36 euro
Luca Ciriani, ministro per i Rapporti con il Parlamento
18 milioni di firme, è record
Gli italiani infatti il 5 per mille lo hanno subito compreso ed apprezzato, come dimostra la crescita del numero di firme: ben 18 milioni nel 2024, un numero mai visto prima. Nel 2023 il 5 per mille ha superato, per numero di firme, lo storico e notissimo 8 per mille: un sorpasso confermato anche nel 2024.

Perché tanti italiani ci mettono la firma? Sicuramente in parte conta il fatto che lo strumento a loro non costa nulla, visto che quella parte di Irpef dovrebbero comunque versarla allo Stato. Ma la ragione principale sta nel fatto che il 5 per mille permette di sostenere una miriade di realtà impegnate sul fronte del bene comune, fra cui ognuno può trovare la sua “causa del cuore”. Che si tratti di sostenere la ricerca per dare una cura ad una malattia che ci ha colpiti da vicino o di contribuire ad un programma di istruzione per le bambine che vivono dall’altra parte del mondo, che si voglia tutelare l’ambiente o difendere i diritti, con il 5 per mille ciascuno di noi ha la possibilità di fare la propria parte, per cambiare qualcosa: con il 5 per mille, il cambiamento è nelle tue mani, alla lettera.
È un grande meccanismo di democrazia partecipativa, che – a volerlo leggere – indica anche alla politica quali sono i temi che cittadini ritengono più rilevanti e meritevoli di attenzione e di risorse. Gli italiani hanno compreso, cioè, che con il 5 per mille ci guadagnano tutti: centinaia di migliaia di persone, che così avranno nuove opportunità; gli enti, che possono migliorare e programmare meglio i loro servizi; l’Italia, che cresce in coesione sociale e in partecipazione. Ci guadagna ogni cittadino che firma, perché esercita la libertà di scegliere dove vuole che vadano i suoi soldi, indicando allo Stato quali sono le priorità a cui dare risposta. Non è un caso che negli anni le firme generiche calino: sempre di più le persone scelgono esattamente dove vogliono che arrivino i loro soldi.
Nella dichiarazione dei redditi il contribuente firma per la destinazione del 5 per mille, c’è scritto così. Quindi da cittadino mi aspetto che lo Stato faccia ciò che dice, destinando tutto il 5 per mille e non meno
Renzo Arbore
Ecco perché lasciare il tetto al 5 per mille è un errore etico, politico ed economico: non solo lo Stato penalizza gli enti, togliendo loro le risorse che i contribuenti gli hanno assegnato, con il tetto lo Stato tradisce il patto che ha stretto con i cittadini. Lo dice pure Renzo Arbore, che con i suoi 36 anni ininterrotti al fianco della lega del Filo d’Oro è “il” testimonial d’Italia, intervistato sul magazine di luglio: «Nella dichiarazione dei redditi il contribuente firma per la destinazione del 5 per mille, nel riquadro c’è scritto così. Quindi da cittadino mi aspetto che lo Stato faccia ciò che dice, destinando tutto il 5 per mille e non meno».


Dovremo tagliare
Quando l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato gli esiti del 5 per mille 2024, anche quest’anno tutti gli “addetti ai lavori” hanno per prima cosa sommato la cifra che si trova all’ultima riga dell’elenco degli enti ammessi al beneficio con quella all’ultima riga dell’elenco dei non ammessi, che lo Stato accantona per eventuali ricorsi. Anche quest’anno faceva 525 milioni di euro spaccati, al centesimo: segno che ancora una volta il tetto era stato superato. Sul “se” dello sforamento non c’erano dubbi, i dubbi erano solo sul “quanto”. Quando è arrivata la risposta del ministro Ciriani, così, ogni ente ha potuto stimare quanto avrebbe ricevuto se le scelte degli italiani fossero state integralmente rispettate. Di seguito, la top10 dei primi dieci enti beneficiari del 5 per mille, con l’indicazione di quanto avrebbero ricevuto se il 5 per mille non avesse il tetto.

Quest’anno alcuni enti si sono trovati davanti ad un clamoroso paradosso: pur avendo ricevuto più firme, hanno avuto meno soldi. Eppure nelle dichiarazioni 2024 il reddito medio per contribuente ha visto un incremento del 5% rispetto al 2023. La spiegazione? Sempre quella, il tetto e il ricalcolo fatto dall’Agenzia delle Entrate per starci dentro.
Ma che cosa significa, ente per ente, non ricevere quella quota di risorse extra-tetto che pure i contribuenti gli hanno destinato? Cose diverse da ente a ente, ma molto concrete. Sul magazine lo abbiamo chiesto ai presidenti di una trentina di organizzazioni: una riduzione del 15% del 5 per mille corrisponde a mille giornate di accoglienza in meno per chi prova a rimettersi in carreggiata dopo aver vissuto in strada; 700 spese alimentari in meno per le famiglie più povere; tre operatori in meno per ogni sede, accanto alle persone con gravi disabilità; un intero progetto di ricerca scientifica in meno; la chiusura di 150 cliniche mobili in Africa; l’impossibilità di offrire sollievo a 90 famiglie con figli con disabilità; un oculista in meno in Uganda…
Maria Teresa Bellucci, viceministra del Lavoro e delle Politiche sociali con delega al Terzo settore, su VITA ha assicurato che il Governo guarda con la «massima attenzione» al 5 per mille e a tutto il Terzo settore. Ne siamo lieti. Come ha scritto il direttore Stefano Arduini quella di VITA insieme a 63 organizzazioni per la cancellazione del tetto del 5 per mille è «una mobilitazione condivisa e costruttiva». L’auspicio però è che questa «attenzione» si traduca al più presto in un intervento concreto per rimuovere il tetto.
La fonte dei dati è I Quaderni di Assif, Analisi dati 5 per mille – anno fiscale 2024, a cura di Nicola Bedogni.
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