Religione
Giubileo dei giovani: «La riscoperta della fede? È una via per restare umani»
A Tor Vergata, nel 2000, arrivarono 2 milioni di "sentinelle del mattino". In questi giorni sono attesi a Roma 500mila "apostoli di speranza", per il loro Giubileo. Intanto un'indagine svela il ritorno dei giovani alla spiritualità, anche nei Paesi più secolarizzati. «Per i ragazzi la fede è intima e spesso individuale: è una via per restare umani in un mondo che sentono sempre più disumano», dice lo psicologo Giulio Costa

Un giovane su due ha maturato un maggiore interesse per la spiritualità negli ultimi cinque anni, contro un 15% che segnala un calo. L’interesse dei giovani per la spiritualità è in costante aumento a livello globale: lo dice uno studio internazionale promosso dal gruppo di ricerca “Footprints. Young people: expectations, ideals, beliefs”, presentato lo scorso 24 luglio alla Pontificia università della Santa Croce, in preparazione al Giubileo dei Giovani in programma dal 28 luglio al 3 agosto a Roma.
L’incontro – un expert meeting dedicato alla religiosità giovanile e alle nuove prospettive di ricerca, dal titolo Sociological research on youth religiosity: methodologies, challenges, and new research perspectives – ha riunito studiosi di sociologia, educazione, comunicazione e big data per analizzare un fenomeno sempre più evidente, anche nei contesti più secolarizzati: una nuova generazione che non solo è in cerca di senso ma intraprende, sempre più spesso, percorsi spirituali e di fede.

L’indagine, condotta tra il 2023 e il 2024 su un campione di quasi 5mila giovani tra i 18 e i 29 anni in otto Paesi (Argentina, Brasile, Italia, Kenya, Messico, Filippine, Spagna e Regno Unito), evidenzia un trend chiaro. Un “risveglio” della fede che non sorprende Giulio Costa, psicologo e psicoterapeuta, da anni impegnato nel lavoro con adolescenti e giovani adulti. «È un fenomeno già percepibile da tempo», spiega, «il tema della spiritualità è molto presente tra i giovani, in particolare tra quelli della Generazione Z. Lo vediamo emergere anche quando non è direttamente legato alla religione in senso stretto». Un’osservazione confermata, anche, dai dati della ricerca, che mettono in luce un forte attaccamento alla fede, indipendentemente dalle diverse denominazioni presenti, con una particolare intensità in Brasile e Kenya.
Secondo Costa, tra i giovani sta emergendo una forma di spiritualità intima, profonda e spesso individuale che nella società occidentale affonda le sue radici in un bisogno crescente di connessione in un mondo percepito come incerto, instabile e alienante. Spiega, infatti: «Per molti ragazzi, oggi, la spiritualità è una via per restare umani in un mondo che sentono sempre più disumano, per non rischiare di trasformarsi in un avatar. Cercano relazioni autentiche, non performative né giudicanti e spazi in cui potersi esprimere senza filtri, ritrovando così un senso di verità e presenza».
Giovani e fede: i numeri che sorprendono
La ricerca Footprints mostra come nonostante la diminuzione, ormai da decenni, della partecipazione alla messa e dell’adesione dichiarata al cristianesimo in paesi come Italia, Spagna, Regno Unito, Argentina e, in misura minore, in Messico, si osserva un’inversione di questa tendenza. Lo studio Footprints evidenzia che quasi il 18% dei giovani fedeli in Spagna frequenta quotidianamente i servizi religiosi o la messa, mentre in Italia la percentuale è circa del 16%. Emerge, inoltre, un bisogno di preghiera e di fede persino tra i ragazzi intervistati che si dichiarano non credenti. Molti di loro ammettono di pregare occasionalmente, soprattutto nei momenti di difficoltà, per esprimere gratitudine o per affrontare le sfide quotidiane. Colpisce, inoltre, che il 42% degli intervistati che si dichiarano atei ammetta di credere nella vita dopo la morte, mentre il 37% affermi di chiedere ai credenti di pregare per loro.

Segni di una spiritualità silenziosa ma che persiste anche dove la fede sembra svanita. Del resto, come spiega Costa, «la preghiera ha, anche, un’origine laica. È una forma di self-talking, un dialogo profondo con se stessi o con qualcosa di altro. Dal punto di vista neuropsicologico, poi, attiva processi che inducono rilassamento e benessere psicofisico». Secondo lo psicologo «oggi i giovani sono in cerca di spazi di confronto su grandi temi esistenziali come la vita, la morte e il futuro. Mentre gli adulti spesso evitano questi argomenti per imbarazzo o paura, i ragazzi vogliono parlarne. Vogliono confrontarsi con il limite, con la morte, con ciò che viene dopo».
I giovani sono in cerca di spazi di confronto su grandi temi esistenziali come la vita, la morte e il futuro. Mentre gli adulti spesso evitano questi argomenti per imbarazzo o paura, i ragazzi vogliono parlarne
Giulio Costa, psicologo
Spazi di dialogo: la sfida per Chiesa e adulti
Questa nuova forma di spiritualità può allora essere letta anche come una risposta al disagio del nostro tempo. Ed è fondamentale domandarsi se gli adulti e le istituzioni sono pronte ad ascoltare queste istanze. «Il rischio», avverte Costa, «è che ambienti come oratori, catechesi o spazi religiosi vengano percepiti come luoghi incapaci di accogliere le vere domande dei giovani. E allora loro cercano altrove: sui social, su YouTube, persino nell’intelligenza artificiale. ChatGPT, ad esempio, è sempre lì, non giudica e risponde. E questo, per molti, è rassicurante».
Gli adulti non possono più offrire risposte preconfezionate ma devono piuttosto creare spazi dove le domande dei ragazzi possano esistere e trovare dignità. Spiega Costa: «La Chiesa diventa attrattiva per i giovani se sa essere un luogo in cui anche chi ha dubbi su Dio o sulla religione si sente accolto, non giudicato. Dove l’adulto non impone verità assolute, ma resta nella relazione». E aggiunge: «Prima ancora di rispondere ai giovani, dovremmo chiederci che idea abbiamo noi della spiritualità. Se un adulto ha fatto i conti con questi temi e li ha risolti in se stesso saprà accogliere le domande senza imbarazzo. Ma se le teme o le evita, il giovane cercherà altrove e spesso in luoghi non preparati ad accompagnarlo davvero».
La Chiesa diventa attrattiva per i giovani se sa essere un luogo in cui anche chi ha dubbi su Dio o sulla religione si sente accolto, non giudicato. Dove l’adulto non impone verità assolute, ma resta nella relazione
Giulio Costa
In fondo, conclude Costa, «la spiritualità è anche una forma di educazione sentimentale. Un terreno fragile e complesso, fatto di domande, incertezze e desiderio di verità. Un adolescente, per definizione, è scomodo. Ma è proprio in quella scomodità che possiamo imparare a crescere con lui».
Parole che richiamano quanto lo stesso Costa ha scritto nel numero di VITA Perché non vogliamo figli, dove sottolinea l’importanza di accogliere l’altro nella sua irriducibile alterità spiegando che: «Dobbiamo spostarci allora dalla genitorialità come dovere alla genitorialità come desiderio: il desiderio in quanto tale prevede un confronto con il rischio che il figlio possa non esserci, che possa essere diverso dalle nostre attese, persino che possa essere imperfetto».
Foto di Cecilia Fabiano/LaPresse. Giovani su via della Conciliazione verso la Basilica di San Pietro — Roma per il Giubileo dei Giovani
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