Economia

Il ponte sullo Stretto? «Un fallimento annunciato»

Si torna a parlare di Ponte sullo Stretto di Messina, dopo che il Cipess ne ha approvato il progetto definitivo, annunciando l'imminente inizio dei lavori. Per Gaetano Giunta, presidente di Fondazione Messina: «Dagli aspetti economici a quelli tecnici, sono tanti gli aspetti che dicono che il Ponte non vedrà mai la luce. Saremo in piazza, ma questo è anche il momento dello studio delle carte e della competenza tecnica per capire come bloccarlo»

di Gilda Sciortino

nella foto Matteo Salvini con il plastico del Ponte sullo stretto Foto di © Stefano Carofei/Sintesi

Un’opera strategica per tutta l’Italia, un’infrastruttura chiave per lo sviluppo del Mezzogiorno, che renderà il Paese più connesso e coeso: così dice il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini nel dare la notizia dell’approvazione da parte del Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile – Cipess, del progetto definitivo del Ponte sullo Stretto. Il dibattito torna ad infiammarsi e fa balzare dalla sedia chi da sempre cerca di far comprendere che il Ponte non sarà la soluzione ai problemi del Mezzogiorno, come si vorrebber far credere.

Per Gaetano Giunta, presidente di Fondazione Messina, si tratta di un’opera che, «da qualunque punto di vista la si analizzi», risulta un fallimento. «Se dico che il Ponte è una sciocchezza», afferma Giunta, «non temo alcuna smentita. Dal punto di vista economico è un fallimento annunciato perché le ipotesi che stanno alla base del progetto sono inverosimili. Più in particolare, si prevede che il Pil di Sicilia e Calabria nei prossimi 15 anni cresceranno, nell’ipotesi pessimistica tra il 4 e il 5% e nell’ipotesi ottimistica del 10%. Siccome il progetto è vecchio di 15 anni, sappiamo benissimo che in questo arco di tempoi n realtà il nostro Paese è stato in recessione e il Pil di queste regioni è addirittura diminuito. Del resto, neanche in Cina si prospettano più percentuali di crescita di questo genere. L’idea che sta alla base è che, con questa crescita geometrica del Pil, aumenterà il fabbisogno di scambio di merci: la necessità del Ponte dal punto di vista economico starebbe in piedi così. Ecco perché dico che è una sciocchezza».

Gaetano Giunta

L’idea del Ponte, prosegue Giunta, «è sbagliata anche qualitativamente, perché, anche qualora ci fossero crescite importanti del Pil, non è vero che questo in maniera proporzionale svilupperebbe un aumento del fabbisogno di attraversamento di merci e persone dallo Stretto. Le merci e le persone attraversano sempre meno l’imbuto dello Stretto di Messina, in quanto il Paese ormai si è sviluppato in modo multinodale. Sempre di più, infatti, le navi da Palermo seguono le rotte tirreniche e da Catania quelle ionico-adriatiche, così come le persone che dalla Sicilia in modo esponenziale utilizzano ormai gli aerei».

L’impatto ambientale

Il secondo elemento da tenere in considerazione è l’indagine di impatto ambientale: quella fatta è assolutamente non adeguata. «Lo Stretto di Messina è una cuspide caotica, perché è un luogo molto particolare, ha un ecosistema potente, ma allo stesso tempo delicatissimo e centrale nella vita del Mediterraneo. Faccio solo un esempio. I nutrimenti da Napoli a Malta arrivano dallo Stretto per fenomeni legati alle dinamiche delle maree e delle correnti, avendo in quest’area modi ascensionali dagli abissi verso le superfici che poi, a causa delle differenze di temperature e di salinità dei mari, sviluppano importanti correnti orizzontali che spargono questi nutrienti in un pezzo rilevantissimo del Mediterraneo. Siamo davanti al principale snodo di migrazioni. Tutti fenomeni assolutamente sottovalutati. Va anche detto che l’impatto, da un punto di vista economico, per la nostra città, sarebbe certamente negativo: Messina verrebbe completamente scavalcata dal Ponte, quindi ben lontano da quella retorica che dice che il Ponte fa l’area metropolitana».

Un ponte che non avvicina Messina e Reggio Calabria, anzi le allontana

Sembra un paradosso, ma per Giunta è uno nodo non da poco. «Per andare da Messina a Reggio Calabria in questo momento si impiegano 15 minuti, quando ci sarà il Ponte ci vorrà circa un’ora. Questo perché i raccordi sono lontanissimi. Inoltre è fortemente sottovalutato l’impatto sanitario».

Giunta ha presieduto la commissione che ha curato per il Comune di Messina la valutazione dell’impatto ambientale e sociale del Ponte: «Il nostro fu l’unico parere negativo, coraggiosamente ma in modo vero. Allora riuscì a bloccare Silvio Berlusconi. Non so citare a memoria il numero esatto dei metri cubi di terra che attraverseranno la città, ma va detto che non è vero che i cantieri riguarderanno solo la punta estrema della Sicilia, cioè la zona di Capo Peloro. I cantieri del Ponte incideranno su tutta la città di Messina, da sud al nord, compresi i Peloritani e le aree limitrofe della città metropolitana. Senza contare il passaggio dei tir che, per una decina d’anni almeno, attraverseranno tutta Messina, non solo generando le conseguenze dell’inquinamento tipico dei mezzi pesanti, ma con in più tutte le polveri che verranno sollevate dagli scavi.

La fattibilità tecnica e le squadre acrobatiche che non si troveranno non solo a Messina ma neanche in Italia

Notevole anche l’incertezza sulla fattibilità tecnica del Ponte in un’area così geodinamica come lo Stretto di Messina. «I dubbi sulla fattibilità tecnica sono altissimi. Quando si è passati dal ferro e dal cemento ai nuovi materiali, questi hanno giustificato, per esempio, il salto di altezza dei grattacieli. Rispetto al Ponte sullo Stretto di Messina, c’è un salto di lunghezza che potrebbe essere giustificato solo da un salto paradigmatico in termini di ingegneristica, che però non c’è.  Inoltre, il Ponte, nella retorica dei progettisti, connetterebbe la Sicilia con l’Italia, sia dal punto di vista stradale sia dal punto di vista ferroviario, ma uno dei grandi problemi esistenti, quando si fanno i ponti a lunga campata, è che sono come una corda tesa, quindi bisogna stare attenti che le vibrazioni con cui li si solleva con l’attraversamento non vadano in risonanza con i loro moti propri. Il grande rischio è l’esplosione». Un ponte che sia insieme stradale e ferroviario è tecnicamente molto difficile da realizzare, «tant’è vero che l’attuale ponte più lungo esistente al mondo, in Giappone, era nato come un ponte stradale e ferroviario, ma poi hanno rinunciato a farlo col doppio attraversamento perché non si trovava una soluzione ingegneristica alle sollecitazioni e ai rischi tecnici di risonanza», ricorda Giunta.

Mentre i giornali presentano il progetto come una cosa che dovrebbe partire a breve, Giunta sottolinea che «il progetto di cui si parla non è esecutivo, siamo solo a un livello di progettazione intermedia. Il decreto prevede che le lavorazioni possano essere iniziate a segmenti, senza necessariamente che ci sia l’esecutivo di tutte le parti. Sulla carta quindi potrebbero cominciare a fare buchi e strade ovunque in città, senza che poi si possa andare sino in fondo. Consideriamo anche il fatto che un’opera di tale portata potrà essere gestita solo da aziende iper specializzate, che non coinvolgeranno in alcun modo la maestranza locale: servono squadre acrobatiche che lavorano l’acciaio, che non si troveranno non solo a Messina ma forse neanche in Italia».

Le associazioni in piazza contro il Ponte

Diverse associazioni hanno già invitato a scendere in piazza, per esempio ce n’è una in programma sabato 9 agosto in piazza Cairoli: «In piazza è importante esserci e ci saremo. Questa però è anche la fase in cui siamo chiamati a studiare bene le carte per capire come bloccare le procedure: è il momento della competenza tecnica», conclude Giunta.

Nella foto il ministro Matteo Salvini con il plastico del Ponte sullo Stretto. Foto di Stefano Carofei/Sintesi

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