In vacanza con
Sulla montagna che libera tutti le diversità camminano insieme
Due giovani ciechi, un ragazzo ipovedente e ipoacusico e quattro minori africani non accompagnati, uno dei quali con disabilità, hanno condiviso escursioni nella natura, esperienze sensoriali, laboratori e la partecipazione a festival culturali, con tante realtà del territorio. Ecco come è stato possibile

Un biliardino per rompere il ghiaccio; una cena al buio per iniziare a mettersi nei panni degli altri, le mani in pasta per assaporare l’essere comunità. Sono le istantanee di un camp estivo di cammino nella Marsica abruzzese, dove incedere a passo lento e costante significa anche saper cogliere il senso più vero del camminare insieme, che non è solo un gesto fisico ma è una metafora del modo migliore di procedere come collettività, fianco a fianco, senza lasciare indietro nessuno. Siamo a Cese dei Marsi, borgo sull’Appennino, in provincia dell’Aquila. Una località di 600 abitanti, dove il rispetto assoluto della natura, l’ospitalità e la condivisione autentica sono quotidianità. Qui, dal 7 all’11 agosto, sette ragazzi dai 16 ai 20 anni sono diventati compagni di viaggio, in cammino attraverso relazioni nuove e inattese, dove ciascuno ha messo a disposizione degli altri competenze e punti di forza, senza aver paura, al tempo stesso, di mostrare fragilità e difficoltà. Due giovani ciechi, un ragazzo ipovedente e ipoacusico e quattro minori africani non accompagnati, uno dei quali con disabilità, hanno condiviso escursioni nella natura, esperienze sensoriali, laboratori e la partecipazione a festival culturali, con tante realtà del territorio. Nel camp estivo “Montagna libera tutti” la diversità è stato elemento fondante della stessa convivenza.

L’esperienza nasce dall’intesa tra l’associazione NoisyVision e il tour operator sociale Appennini for All, due realtà che si muovono con l’obiettivo di educare al valore delle differenze attraverso il contatto con la natura e il cammino, per mettere in pratica un’inclusione reale. I ragazzi condividono un percorso, accogliendo le storie e il vissuto di tutti i compagni di viaggio; riconoscono e valorizzano le differenze, viste non come ostacoli ma come ricchezze e potenzialità per arricchire il cammino comunitario, l’ascolto, l’empatia e il rispetto reciproco. Ed è proprio in questa prospettiva che uno dei ragazzi del campo, Moustapha, per tutti “Mousty” ha voluto comprendere meglio cosa provano i suoi compagni di cammino non vedenti quando esplorano la natura e ha percorso due ore in una faggeta con gli occhi bendati.

Mousty è uno dei quattro minori non accompagnati; è di Livorno e frequenta la scuola alberghiera. Di origine senegalese, è arrivato in Italia 8 anni fa. Oggi, con un accento toscano pronunciato, ci racconta che si è sentito utile, ma subito dice di aver ricevuto più di quanto ha dato: «Gli altri ragazzi mi hanno trasmesso tutto: calore, accoglienza e amicizia. Io, certo, sono un grande osservatore, mi sono messo a disposizione per accompagnare chi non vede; loro hanno diviso con me la merenda, visto che mangio sempre». Mousty, a dire il vero, ha fatto qualcosa di più: con grande sensibilità, ha saputo anticipare le necessità dei compagni. «Scovava funghi e poi ci accompagnava a scoprirli; del resto, senza di lui per noi sarebbero stati introvabili» scherza Gabriele, non vedente di 20 anni in arrivo da Novara, dove studia pianoforte al primo anno di Conservatorio. Con lui c’è anche Stefano, ipovedente di 17 anni, al quarto anno di liceo linguistico a Firenze. Le risate tra di loro sono il segno della migliore intesa, nata già nel primo giorno di campo.
Se Mousty ha guidato con i suoi occhi, Gabriele è stato un compagno di cammino capace di alleviare la fatica con le parole: «Se mi sento sicuro, posso concentrarmi meglio su ciò che percepisco intorno a me, sul silenzio, i rumori, le sensazioni del terreno e descriverle». Stefano non si è perso un attimo di quel cammino: «Non è stata la prima volta per me: camminare in posti bellissimi significa cercare di vedere il più possibile, sino a quando potrò farlo. Gli altri ragazzi hanno aiutano noi “ciecati” con grande spontaneità e questo è davvero molto bello». Con loro c’erano anche Matteo, studente universitario di 20enne, di Milano, ipovedente e ipoacusico, Ousmane e Mamoudou originari della Costa D’Avorio e Sekou, 15 anni, arrivato in Italia due anni fa dalla Nuova Guinea. I ragazzi stranieri sono seguiti dall’associazione Villa Amantea di Milano e dall’associazione Amici della Zizzi di Livorno. Ad accompagnarli tutti sul territorio Luca Gianotti, fondatore e coordinatore della Compagnia dei Cammini. Il camp ha avuto il sostegno della Fondazione Carispaq e del Comune di Ortona.

Dario Sorgato, fondatore nel 2016 di NoisyVision, viaggiatore e scrittore, con sindrome di Usher (malattia degenerativa di vista e udito), è abituato all’alchimia che si genera durante un cammino inclusivo, ma ogni volta i legami sono nuovi, nuove le persone che si incontrano e potenti le relazioni che nascono. «L’obiettivo per NoisyVision è sempre promuovere accessibilità, inclusione e consapevolezza sulle disabilità sensoriali, organizzando cammini dove le persone cieche, ipovedenti, ipoacusiche e normodotate sono fianco a fianco, in un rapporto alla pari, ma ogni cammino è una storia a sé, proprio come questo». Il camp è stato condiviso con Appennini for All, tour operator nato per rendere la montagna accessibile a tutti, proponendo turismo ambientale per persone con disabilità, in cui il territorio e le persone che lo abitano sono parte attiva.
«Anche nel tempo libero, permane spesso una netta distinzione tra le proposte per un pubblico indifferenziato e quelle specifiche per chi ha una disabilità, di fatto, con poche possibilità di incontro reale tra persone normodotate e persone con disabilità» continua Sorgato. – «In questa occasione ragazzi che vivono in contesti sociali differenti e devono affrontare ostacoli diversi, dalla disabilità sensoriale alla diversità culturale e a un vissuto di migrazione, hanno condiviso le proprie risorse, al servizio degli altri e il senso di comunità che un borgo sa trasmettere». Il teatro di questa coesione sono state proprio le piccole comunità locali. «La nostra realtà capace promuove esperienze di inclusione e cittadinanza attiva in contesti montani, spesso dimenticati – sottolinea Mirko Cipollone, fondatore e direttore generale di Appennini for All. -Coinvolgere adolescenti non è facile, tanto meno motivarli a partecipare a progetti sociali, ma questa esperienza può diventare un modello per coinvolgere altri giovani e diffondere una nuova cultura dell’inclusione».
Perché, anche preparare insieme, in una caldissima giornata d’agosto, un piatto di fettuccine fresche, partecipare a una sagra, pur stanchi dopo una giornata di cammino o ascoltare, e ballare, musica mai ascoltata prima al Festival Montagne Funky permette a ogni identità di trovare spazio per esprimersi. «Forse è il caso di dire che con questo progetto uno più uno fa tre» conclude Sorgato.
Credit foto: NoisyVision
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