Luca Zampini

L’uomo che si faceva sussurrare dagli alberi

di Simonetta Sandri

Il suo obiettivo è completamente dedicato alle piante da fusto, imponenti o piccole e fragili che siano, come in una magnifica ossessione. Violando regole fotografiche basilari, come quella del controluce, e stampando gli scatti in una carta di antica qualità. Incontro con un fotografo che è "de facto" un naturalista

Lo chiamano il fotografo degli alberi, ma potrebbe benissimo essere definito il fotografo delle emozioni, un visionario creativo cubo-impressionista che utilizza la macchina fotografica come un pennello. Empatico e coinvolgente. Originale e innovativo.

Lui è Luca Zampini, nato nel 1961 a Occhiobello, in provincia di Rovigo, ma ferrarese di adozione. Dalle sue foto di alberi crea raffinate stampe fine art, connubio perfetto tra arte e tecnologia, una tecnica che consente di trasformare le visioni di artista in realtà tangibili e durature che possono essere apprezzate per generazioni.

Luca Zampini, fotografo

Le sue opere della serie Alberi che sussurrano sono oggi presenti in collezioni private in Italia e all’estero. Tutte realizzate in edizione limitata, su carte Hahnemühle, di preziosa e antica qualità (nascono nel 1584), certificate da istituti indipendenti come altamente resistenti all’invecchiamento e vegane.

La fotografia artistica contemporanea è, per Luca, un mezzo per fissare le emozioni uniche e irripetibili dell’incontro con gli alberi. 

Figlio d’arte

Figlio d’arte – sua madre è la raffinata pittrice e incisore, Carolina Marisa Occari – in casa si respira bellezza fin da piccoli. Se si nasce nella bellezza, la si respira, la si tocca, non si può che crearne altra. Non serve Dostoevskij a ricordarlo.

«Passavo ore sull’albicocco del giardino di casa in via Francesco del Cossa», ci dice Luca, «immerso come ero nella lettura de Il libro della giungla, scendevo a fatica», sorride, sicuramente pensando alla tenerezza di quei momenti e alla madre che lo chiamava. Quell’arrampicarsi lo porterà sempre con sé.

«Amo gli alberi da sempre», continua, «mia madre amava la natura e disegnava anche gli alberi, in una maniera che sfiorava la perfezione. Basti ammirare la stampa de Il salice del 1987, che sto inserendo nel mio libro in preparazione», ci dice. 

Da quell’insegnamento parte tutto, prende forma il progetto di vita di Luca, Alberi che sussurrano nato circa 12 anni fa, ma esposto per la prima volta al pubblico solo alla fine del 2017, presso la Galleria del Carbone di Ferrara.

Dopo molti viaggi di lavoro e scatti durante le settimane di vacanza, Luca, che di notte dipinge copie di quadri celebri, dopo aver vinto vari premi per i suoi scatti che gli hanno valso l’onorificenza Artiste Fiap/ Fédération Internationale de l’Art Photographique nel 2014, Excellence Fiap nel 2016 e, nel 2025, Artista Fotografo Italiano da parte della Federazione Italiana Associazioni Fotografiche, rielabora la funzione della sua macchina fotografica. Non ci sono più tecnica ed estetica, emerge altro. 

Rolleiflex addio

Via la Rolleiflex del padre ingegnere e, con la piccola macchina regalatagli, nel 2000, dalla moglie Egle, sempre presente compagna di avventura, si va verso il cielo. È il tempo di ascoltare con gli occhi, di allontanarsi dai concorsi, di non pensare più alla foto ‘bella’ grazie alla tecnica perfetta, di mostrare quanto si è bravi nello scegliere le esposizioni, le luci o le ore, è tempo di far uscire quanto si ha dentro.

«Le foto che scatto oggi agli alberi sono scatti che a un fotografo non dicono nulla. Anzi, spesso, sovverto le regole o, addirittura, ne violo alcune basilari, come gli scatti in controluce

«Le foto che scatto oggi agli alberi sono scatti che a un fotografo non dicono nulla. Anzi, spesso, sovverto le regole o, addirittura, ne violo alcune basilari, come gli scatti in controluce». Non andrebbero mai fatti, nei canoni della fotografia, ma se si osserva lo scatto dell’albero monumentale la Sophora, Savorgnano, si comprende la potenza della luce e quanto l’emozione scavalchi la tecnica. La macchina fotografica è, qui, un pennello. 

Ha uno strano modo di assemblare gli scatti, presi liberamente e sovrapposti, che non fa subito capire a cosa si è di fronte: l’opera a volte pare un acquerello misto a carboncino, a volte un’incisione. Tutto sembra tridimensionale. Spazio che cerca e ottiene spazio. Aria.

Quello che è certo è che non sembra affatto una fotografia. 

Gli alberi sussurrano. Tempo, per farsi abbracciare…  

«Gli alberi mi piacciono tutti, ma solo per alcuni percepisco qualcosa di così forte da non resistere al loro richiamo. Sento la loro energia, provo emozioni indescrivibili. Sono rapito come per incanto, è una Magia», racconta e scrive sul suo blog, «a volte sono monumentali, a volte “trovatelli”. Con loro c’è empatia, spesso simbiosi. Il richiamo è reciproco, un incontro. Voglio trasmettere loro vicinanza, il desiderio di proteggerli che parte dall’abbraccio».

E poi c’è il dono più prezioso, quello che oggi è raro e il più difficile da fare: il tempo. All’albero ne viene regalato tanto, quello che serve per cercarlo, per osservarlo, per curarlo. E anche per dargli un nome. Studiato, pensato, elaborato con le emozioni e le sensazioni che esso ispira ad amici e conoscenti.  L’albero diventa anche rifugio per tanti vivaci animaletti (basti osservare la fotografia L’albero rifugio), immortalato non per la sua bellezza ma perché, come sempre, è lui a chiamare. Quei richiami vanno sentiti, non sono così tanti: novanta alberi in dodici anni, non mille…

L’albero rifugio

Ogni albero ha la sua personalità 

Quando Luca sente il richiamo di un albero, lo inonda di luce, per lui sinonimo di amore, gli si avvicina, lo abbraccia, gli gira intorno, inquadra la corteccia e le fronde in controluce e scatta a 360 gradi per rendere l’idea di proteggere e prolungare loro l’esistenza, anche se sa bene che sono gli alberi a proteggere noi e che sono loro a decidere come essere ripresi. Questi scatti, sovrapposti, affioreranno nelle parti più chiare dell’immagine finale.

«Sono selettivo», dice, «non riesco a fotografare alberi che sento soffrire: gli alberi di città, ad esempio, perché non sono liberi, oppure gli alberi dei boschi, perché non riesco a percepire la loro individualità. Nei boschi sono tanti. Sento l’energia che si disperde mentre io ho bisogno di sentire un’energia sola che mi chiama», racconta. Come una sorta di calamita. A volte però qualcosa cambia…

Quattro faggi attaccati, come quelli di Monte Cucco, immortalati sotto una pioggia battente, isolati in una radura, emanano, invece, un’energia unica che si concentra. Il grandangolo che Luca usa sempre – il teleobiettivo gli comunica distanza – ha reso l’idea dell’unione e della famiglia, temi a lui cari.

L’amore è luminoso, quindi non gli interessa affatto la corretta esposizione di bianco e nero. Anzi, i suoi scatti sono quasi bianchi, serve dare luce, girando intorno all’albero, avvolgendolo di positività, quasi armati di uno scudo protettivo. La luce. Il suo, più che un bianco e nero è un bianco e grigio. 

L’idea di rendere i suoi alberi in bianco e nero (grigio) parte da una dedica alla madre, pensando che tanti ancora oggi la ricordano per le sue incisioni. L’albero dei ricordi pare proprio la variante di una sua lontana incisione. 

L’albero dei ricordi

Senza foglie: tutti scoperti

Preferisce fotografare gli alberi senza foglie, in autunno e inverno, sono i più fragili e quelli che necessitano di maggiore attenzione e protezione. “Siamo entrambi scoperti”, dice.

Gli chiediamo se lui fosse un albero che albero sarebbe. «Forse, una vecchia quercia», risponde, «anche se non ho un albero preferito». Come potrebbe, d’altronde, un artista nato il 21 marzo, Giornata mondiale delle foreste e primo giorno di Primavera, e le cui priorità sono il pensiero e le emozioni.

Un albero è una storia da raccontare ma, soprattutto, un’esperienza da vivere. E da condividere. Questo il suo pubblico, in continuo aumento, lo sente e lo sa.

Le opere di Luca sono immagini oniriche che «invitano ad ‘ascoltare con gli occhi’ le vibrazioni di una creatura, per sentirci parte di uno stesso magnifico ciclo vitale. Perché, in natura, ognuno di noi è foglia, ramo, albero…», scrive.

Il suo atelier? L’aria aperta. Senza muri e soffitti. Che meraviglia! E quanta libertà!

Le immagini di questo articolo sono di Luca Zampini. In quella di apertura coglie anche la madre, la pittrice Carolina Marisa Occari, dinnanzi a un ciliegio a Stienta (Fe).

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