Inquinamento

Plastica, il mondo cerca ancora una via d’uscita

Nulla di fatto: così si sono conclusi a Ginevra i negoziati Onu per un trattato globale sulla plastica. Eppure la maggioranza dei paesi del mondo voleva un accordo. Ma hanno prevalso Usa, Russia e i petrostati. Per il Wwf, il processo di approvazione per unanimità nei negoziati internazionali sull'ambiente non funziona, serve un approccio diverso. Secondo un recente studio di The Lancet, ogni anno le conseguenze sanitarie della plastica costano 1,5 trilioni di dollari

di Elisa Cozzarini

Il fallimento era nell’aria. E infatti si sono chiusi con un nulla di fatto, a Ginevra il 15 agosto, i negoziati Onu per un trattato mondiale vincolante sulla plastica. Al termine di un summit di undici giorni (il sesto in tre anni), non è stato possibile trovare un compromesso tra i paesi che puntavano a fissare un limite alla produzione, da un lato, e dall’altro gli Usa, la Russia e i petrostati come l’Arabia Saudita, che, invece, miravano solo a incentivare il riciclo e il recupero. E a far saltare l’accordo. Il conduttore dei negoziati, l’ambasciatore dell’Ecuador Luis Vayas Valdivieso, ha dichiarato che le trattative riprenderanno in data da definirsi. Ma ormai è difficile crederci: il Wwf invita, piuttosto, «gli Stati che hanno mostrato più ambizione a perseguire un approccio diverso».

La trappola dell’unanimità

Zaynab Sadan, nella delegazione del Wwf internazionale a Ginevra, ha commentato: «La stragrande maggioranza degli Stati del mondo ha espresso la volontà e l’allineamento per un trattato efficace per porre fine all’inquinamento da plastica. Questo dà speranza per il futuro. Tuttavia, una minoranza di paesi oppositori e un processo decisionale basato sul consenso unanime ci lasciano senza aver raggiunto il risultato ambito e dimostrano che quest’approccio non è funzionale nei negoziati internazionali sull’ambiente». La richiesta della ong ambientalista è che il lavoro fatto in questi anni da chi credeva nella possibilità di un cambio di rotta non vada sprecato: «Portare il trattato oltre il processo stabilito dalle Nazioni unite è la via da seguire per andare oltre i vincoli dettati da una minoranza con ambizioni basse, aprendo la strada a un trattato degno di questo nome».

Per Eva Alessi, responsabile sostenibilità del Wwf Italia, «era evidente che la maggioranza ambiziosa non era disposta a utilizzare appieno gli strumenti multilaterali a sua disposizione per garantire la serie di regole globali vincolanti richieste dal trattato. Cercare un consenso unanime non ci consegnerà il trattato che il mondo ha chiesto e i nostri leader hanno promesso». La chiave per superare lo stallo è una presa di posizione forte da parte degli Stati. «Noi saremo presenti in ogni fase del percorso per contribuire a garantire l’approvazione del trattato di cui le persone e la natura hanno bisogno», conclude Alessi.

I numeri della crisi

In occasione dell’avvio dei negoziati di Ginevra, la prestigiosa rivista scientifica medica The Lancet (ne dà notizia The Guardian) ha pubblicato uno studio con numeri allarmanti: la produzione della plastica è cresciuta più di duecento volte dal 1950 a oggi. Gli autori della ricerca prevedono che triplicherà, arrivando a oltre un miliardo di tonnellate in più all’anno entro il 2060. Si tratta di una vera e propria emergenza non solo ambientale ma anche sanitaria, visto che plastiche e microplastiche sono responsabili di malattie e morti, dall’infanzia all’età adulta. L’Onu sottolinea che oltre 16mila sostanze chimiche sono utilizzate in associazione alla plastica e molte sono tossiche per la natura e gli esseri umani. Alcune possono disperdersi nell’ambiente, inquinando aria, acqua e suoli. Ogni anno, secondo la stima di The Lancet, le conseguenze per la salute costano almeno 1,5 trilioni di dollari all’anno. Lo studio sottolinea che la plastica viene impiegata in diversi importanti settori, ma la crescita più rapida riguarda l’usa e getta, come bottigliette e contenitori per il fast food. Meno del 10% viene riciclata.

Lobbysti all’attacco

Secondo Break free from plastic, la coalizione internazionale di ong che si battono per porre fine all’inquinamento della plastica, a Ginevra i lobbysti dell’industria petrolchimica erano presenti in numero record. A Busan, in Corea del Sud, dove si erano tenuti i negoziati lo scorso novembre, erano 221. Questa volta sono saliti a 234, più dei 233 componenti della delegazione dell’Ue. Gli Usa di Donald Trump, usciti dall’accordo sul clima di Parigi e assenti alla Conferenza Onu sugli oceani che si è tenuta a giugno, questa volta non hanno fatto mancare la loro presenza. Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa The Associated Press, l’industria della plastica vale più di 500 miliardi di dollari all’anno e impiega un milione di addetti negli Usa.

Anche gli attivisti di Break free from plastic, come il Wwf, evidenziano che la maggioranza degli Stati, tra cui le piccole isole del Pacifico, l’Unione europea e moltissimi paesi latinoamericani e africani, sono concordi sulla necessità di affrontare la crisi, ridurre la produzione ed eliminare le sostanze chimiche tossiche, introducendo meccanismi economici premiali per chi si impegna in questo senso. La sfida è trovare una strada per portare avanti i negoziati, nonostante le lobby.

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La foto in apertura è di Naja Bertolt Jensen su Unsplash

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