«Borgosatollo è un comune/ i suoi capi sono eccellenti/ serve bene le persone/ sono come la famiglia e gli amici/ ricordano gli immigrati/ sono gentili con tutti». Una poesia sulla scrivania del sindaco scritta su un foglio a quadretti con la data appuntata in alto a sinistra: 15 agosto 2023. È un regalo da parte di due signori anziani, origini afghane e qui hanno trovato un approdo sicuro. Borgosatollo, 9.100 abitanti in provincia di Brescia, è uno dei circa 2mila comuni italiani coinvolti nella rete Sai – Sistema Accoglienza Integrazione (il Rapporto 2024 si legge qui).

Fare la differenza, anche soltanto per 15 persone
Oggi, a indossare la fascia tricolore è Elisa Chiaf, ma quella lettera consegnata al suo predecessore la ricorda bene. «All’epoca ero assessora ai Servizi alla persona», racconta, «un ruolo che mi ha permesso di seguire da vicino un progetto di accoglienza che si rinnova da sette anni». Al Sai non si aderisce da soli, ma in rete con altri comuni di territori confinanti o simili: «Nel nostro caso, l’organizzazione si è allargata e ha cambiato composizione, ma Borgosatollo ha sempre rinnovato la propria partecipazione». I percorsi durano un triennio e l’impegno per l’amministrazione comunale consiste nel fornire un certo numero di posti per l’accoglienza: «Non avendo immobili pubblici adatti allo scopo, ci siamo rivolti ai privati, chiedendo di mettere a disposizione appartamenti sfitti. Abbiamo diffuso la “chiamata” tramite la parrocchia, il giornale locale e le bacheche fisiche e virtuali. Finora ha risposto un unico proprietario con un alloggio con tre posti letto: questo dal 2018 a oggi ci ha permesso di fare la differenza per 15 persone».
Se capitasse a me di dover fuggire da un luogo di guerra o da un’emergenza climatica, vorrei che ci fosse un Borgosatollo solidale ad attendermi
Elisa Chiaf, sindaca di Borgosatollo
Numeri piccoli, piccolissimi, ma che in poco tempo hanno saputo cambiare lo sguardo di una comunità della bassa bresciana. «È accaduto con la coppia di anziani che tra fine 2022 e inizio 2023 è arrivata qui dall’Afghanistan», racconta Chiaf. «Lei era una professoressa in pensione, amava venire al parco a leggere poesie, lui era stato impegnato in un’organizzazione di volontariato. Sono arrivati in questa zona con tutte le difficoltà di integrazione che una migrazione in età avanzata può comportare. Erano troppo anziani per cercare un lavoro, un aspetto cruciale per inserirsi in una nuova realtà». L’integrazione è avvenuta lo stesso: «Hanno partecipato alle attività del nostro Centro anziani, cercavo di essere sempre presente per fare da ponte linguistico con l’inglese. Un giorno li abbiamo coinvolti in una gita: sul pullman prima di salire eravamo tutti titubanti, al ritorno la conoscenza si era già trasformata in relazione partecipe». Oggi non vivono più a Borgosatollo: concluso il progetto, si sono trasferiti. «Il legame affettivo però è rimasto. Siamo stati per loro una possibilità. E a noi non è costato nulla».

Costruire un sistema di micro reti di prossimità non è semplice, lo dimostra la difficoltà a reperire case. «Questa esperienza ha fatto maturare la comunità. Quando la giunta ha aderito all’iniziativa, in consiglio comunale c’è chi ha espresso contrarietà. Negli anni abbiamo dimostrato che l’immigrazione, se gestita, non toglie niente a nessuno, anzi regala un’occasione di scambio preziosa. Se capitasse a me di dover fuggire da un luogo di guerra o da un’emergenza climatica, vorrei che ci fosse un Borgosatollo solidale ad attendermi, dove negli avvisi parrocchiali c’è l’invito a mettere a disposizione eventuali spazi vuoti».
Una pace fatta di gesti concreti
Il Rapporto annuale dedicato al Sistema di accoglienza e integrazione relativo al 2024 conta 55mila persone accolte in tutta Italia, di cui il 17% sono minori stranieri non accompagnati. Il comune di Collebeato, all’imbocco della Val Trompia, dal 2014 contribuisce a far crescere quel numero: «Inizialmente ci siamo inseriti nel progetto guidato dalla Città di Brescia, poi nel 2016 abbiamo fatto richiesta di finanziamento al ministero e siamo diventati a nostra volta capofila», spiega il sindaco Angelo Mazzolini. «Nell’ultimo triennio, compaiono nella rete i comuni di Borgosatollo, Cologne e Manerbio: insieme riusciamo a garantire un’abitazione per 25 beneficiari, 18 soltanto nel nostro territorio, di cui sette in un grande appartamento di proprietà comunale e undici dislocati in tre alloggi privati. La nostra convenzione prevede la possibilità di accogliere uomini singoli o nuclei familiari, in questo momento ospitiamo persone dall’Ucraina e da varie aree dell’Africa: 18 è un numero importante per un comune da 4.500 abitanti».

Dieci anni sono un buon tempo per tracciare un bilancio. «Crediamo che anche una piccola comunità come la nostra possa giocare un ruolo importante nei percorsi di educazione alla pace, alla solidarietà e all’accoglienza. La potenza del Sai sta nell’accoglienza diffusa, in un’ospitalità dignitosa e strutturata che mira davvero alla riacquisizione dell’autonomia», spiega il sindaco. «Abbiamo all’attivo esperienze positive di persone che, una volta uscite dal progetto, sono ritornate per incontrarci e ritrovare il luogo in cui avevano sperimentato un primo percorso di integrazione. Spesso sono giovani adulti o famiglie che arrivano in Italia attraverso percorsi travagliati e di grande sofferenza, in cerca di migliori condizioni di vita. Uno o due di loro oggi vivono e lavorano a Collebeato».
Qual è il segreto per un’inclusione autentica e partecipata? «Qui ha influito il coinvolgimento dell’associazionismo locale. Volevamo che non fosse soltanto una scelta dettata dall’amministrazione ma che partisse da un’adesione convinta della comunità. Il contrasto all’odio e alla violenza passa anche dall’agire quotidiano. Un anno fa abbiamo intitolato una piazza alla pace come dichiarazione di intenti: pace non è soltanto assenza di guerra ma gesti concreti».
La forza della micro accoglienza
Associazioni, sindaci, proprietari di case temporaneamente sfitte. C’è ancora un tassello senza il quale la rete del Sai non potrebbe esistere. È l’apporto degli enti gestori, che cuciono percorsi di inserimento lavorativo e sociale destinati ai migranti. Non solo: valutano l’idoneità degli appartamenti e si occupano di tutte le pratiche contrattuali e della manutenzione ordinaria. Nel caso di Collebeato, l’associazione di riferimento è la Adl Zavidovići. Oggi società cooperativa sociale, ha una storia legata a filo doppio con la cittadinanza attiva: Adl sta per “Ambasciata della democrazia locale” a Zavidovići, nata dall’iniziativa spontanea di un gruppo di pacifisti riuniti nel Coordinamento bresciano iniziative di solidarietà che nel 1992, all’epoca della guerra in Bosnia Erzegovina, aveva incominciato a realizzare operazioni di soccorso e aiuto umanitario a favore della popolazione civile, e allo stesso tempo ad accogliere in Italia profughi e sfollati.
Crediamo che anche una piccola comunità come la nostra possa giocare un ruolo importante nei percorsi di educazione alla pace, alla solidarietà e all’accoglienza
Angelo Mazzolini, sindaco di Collebeato
«Nel 2009 siamo state una delle prime realtà in Italia a occuparci della gestione di progetti Sprar – Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (oggi Sai), oggi ne abbiamo in carico cinque», spiega Luca Martinengo, coordinatore del progetto che vede il comune di Collebeato nel ruolo di capofila. La definisce «una sinergia virtuosa. Sono tutti piccoli comuni ma caratterizzati da una forte volontà, condivisa non soltanto dagli amministratori ma dagli stessi cittadini, di partecipare al processo di integrazione. Un esempio? La presenza costante dei beneficiari del progetto coinvolti nel ruolo di volontari alla festa popolare che ogni estate si svolge proprio a Collebeato».

Le criticità non mancano, «stiamo parlando di servizi a bassa soglia, che si rivolgono a persone con bisogni complessi a cui rispondere con piani personalizzati per la costruzione di un’autonomia reale. La micro accoglienza però ha il pregio rispetto ai grandi centri di fornire spazi di vita non troppo comunitari o affollati: l’appartamento più grande qui ha sette posti. Dal punto di vista dell’operatore, offre opportunità di ascolto anche in contesti più informali, magari durante la visita periodica in alloggio».
Ci sono storie di ripartenza nel bagaglio accumulato lungo il percorso. «Penso a un giovane che, prima di ottenere il permesso di soggiorno per protezione speciale, ha ricevuto la disponibilità all’adozione da parte di una signora», aggiunge Martinengo, «o agli ex minori stranieri non accompagnati in prosieguo amministrativo (la possibilità per chi ha un permesso di soggiorno per minore età e sta per compiere 18 anni, di proseguire il proprio percorso di accoglienza e integrazione in Italia fino al compimento dei 21 anni, nda) che nel sistema Sai sono riusciti a formarsi, a trovare un lavoro e oggi hanno un futuro che li aspetta».
Le fotografie nel testo sono state fornite dagli intervistati. In apertura una delle attività promosse dall’associazione Adl Zavidovići, ente gestore del progetto Sai Collebeato
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