Idee Geopolitica

Trump e la “passione” per gli autocrati

Vladimir Putin e Benjamin Netanyahu, entrambi accusati di crimini di guerra, sono stati invitati e ricevuti calorosamente negli Stati Uniti da Donald Trump, srotolando per giunta il tappeto rosso con tanto dei massimi onori cerimoniali. Lo stesso Trump questa settimana ha manifestato il desiderio di incontrare di nuovo il dittatore della Corea del Nord Kim Jong Un con il quale, a suo dire, ha "un'ottima relazione". Prendiamo atto della debolezza strutturale dell'Ue: i suoi leader hanno optato per una politica di blandizie nauseabonde infarcita di auto-umiliazione

di Paolo Bergamaschi

Sono trascorsi quattro anni dall’ingloriosa fine della missione militare americana in Afghanistan. Era l’agosto del 2020 quando gli ultimi soldati statunitensi abbandonavano in modo caotico un paese fuori controllo dove le forze occidentali erano oramai più concentrate sulla propria sicurezza che non su quella del territorio che avrebbero dovuto presidiare.

Da allora sullo stato centroasiatico è calato il silenzio. L’attenzione dei media internazionali si è gradualmente affievolita così come l’interesse delle opinioni pubbliche del vecchio continente. Ha prevalso l’oscurantismo talebano nonostante le coraggiose segnalazioni delle indomite organizzazioni per i diritti umani che continuano ad operare sotto copertura nella regione. Le prime vittime del nuovo, nonché vecchio, corso sono state le donne, segregate in un regime di apartheid che nemmeno le menti più fertili di fantascienza dark avrebbero potuto immaginare ai giorni nostri. Per il caso delle donne afghane si è elaborato il concetto di “persecuzione di genere”, denunciato come crimine contro l’umanità. Lo scorso 8 luglio il Tribunale Penale Internazionale (Tpi) ha emesso un mandato di arresto nei confronti Haibatullah Akhundzada, il leader supremo dei Talebani,  constatando che vi sono ragionevoli motivi che abbia commesso “il crimine contro l’umanità di persecuzione per motivi di genere nei confronti di ragazze, donne e altre persone non conformi alla politica dei talebani in materia di genere, identità o espressione di genere; e per motivi politici contro persone percepite come ‘alleate delle ragazze e delle donne'”.

Che ad Akundzada del mandato del Tpi non importi nulla è quasi certo così come è quasi certo che il mandato verrà rispedito al mittente. Il leader talebano, d’altronde, si trova in buona compagnia visto che lo stesso trattamento è stato riservato anche a Vladimir Putin e Benjamin Netanyahu, entrambi per crimini di guerra. E dato che entrambi, nonostante le accuse infamanti, sono stati invitati e ricevuti calorosamente negli Stati Uniti da Donald Trump,  srotolando per giunta il tappeto rosso con tanto dei massimi onori cerimoniali, non è escluso che anche ad Akhundzada in un prossimo futuro non tocchi lo stesso privilegio.

Anche perché, nel frattempo, fra Usa e Tpi è guerra aperta dopo che il 20 agosto il Dipartimento di Stato americano ha imposto sanzioni ad altri quattro giudici del Tribunale Penale, responsabili di condurre indagini e perseguire cittadini americani e israeliani. I dittatori e gli autocrati si cercano, si annusano e si frequentano anche se, proprio perché sanno di che pasta sono fatti, alla fine non si fidano l’uno dell’altro. Poco prima di incontrare Putin in Alaska Trump ha avuto una lunga conversazione telefonica con Alexander Lukashenko chiamandolo “molto rispettato Presidente della Bielorussia” malgrado nessun paese in Europa riconosca le elezioni farlocche con le quali, in gennaio, l’autocrate di Minsk si è garantito il settimo mandato.

Lo stesso Trump questa settimana ha manifestato il desiderio di incontrare di nuovo il dittatore spietato della Corea del Nord Kim Jong Un con il quale, a suo dire, ha “un ottima relazione”. Vale la pena, a questo punto, chiamare le cose con il loro nome. Quello che si è consumato ad Anchorage il 15 di agosto è stato un vertice fra due energumeni allergici a qualsiasi forma di diritto internazionale che cercano di spartirsi il bottino di guerra o, meglio, delle due guerre in corso. Trump si è offerto a Putin di mediare per il conflitto ucraino dopo avere offerto nei mesi scorsi proprio a quest’ultimo il ruolo di mediatore per il conflitto con l’Iran. “A te l’Ucraina o il controllo di buona parte di questa, a me il controllo del Medio Oriente e, di conseguenza, a Israele il controllo dei territori occupati”, era l’agenda sul tavolo negoziale del summit a riprova del fatto che non è affatto casuale se in questi mesi Washington ha ridotto l’appoggio militare a Kiev mentre Mosca, di fronte all’attacco congiunto di Israele e Usa all’Iran, non è andata oltre alle parole di condanna. E l’Europa in tutto questo come si è mossa? Preso atto della debolezza strutturale dell’Ue in materia di relazioni internazionali che fa il paio con l’assenza di hard power per mantenere i legami di sicurezza transatlantici e garantirsi il sostegno dell’inquilino della Casa Bianca all’Ucraina cercando di fare leva sul suo smisurato ego borioso i leader europei hanno optato per una politica di blandizie nauseabonde infarcita di auto-umiliazione. Tutti gli autocrati sono vanitosi e sensibili alle lusinghe. Che questa tattica funzioni, però, è ancora tutto da dimostrare.     

AP Photo/Jae C. Hong/LaPresse              

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