Non profit
A Rio, per un nuovo modello di crescita
Giuseppe Sammarco - Fondazione Eni Enrico Mattei
di Redazione
Sia il Summit della Terra a Rio nel 1992 che quello che si terrà il prossimo giugno, il cosiddetto Rio+20, pongono al centro della riflessione collettiva lo sviluppo sostenibile. Ma se guardiamo nel dettaglio i contenuti programmatici dei due summit, ci accorgiamo che molto è cambiato: se nel 92 la dimensione ambientale della sostenibilità era argomento centrale e totalizzante, nel 2012 si darà molto più peso alle dimensioni economica e sociale della crescita, guardando in particolare ai Paesi poveri e alle politiche che potrebbero affrancarli da questa condizione». Allarga l’orizzonte Giuseppe Sammarco, direttore esecutivo della Fondazione Eni Enrico Mattei, nel creare un ponte tra i due eventi.
Già nel 92 si teorizzavano infatti le tre dimensioni lungo cui misurare la sostenibilità, ma la dimensione economica e quella sociale suscitavano meno interesse. Da un lato perché la sostenibilità era un concetto da Paese occidentale, il cui problema era concentrato sull’asse ambientale. Dall’altro perché si riteneva che l’economia mondiale fosse predestinata a una crescita costante e, assieme al progresso sociale, avrebbe raggiunto spontaneamente anche i Paesi ancora esclusi da questi processi. Inoltre, tra le due Rio ci sono di mezzo vent’anni in cui la geografia politica ed economica del pianeta è mutata rapidamente. Nel 1992 sarebbe stato difficile immaginare l’ascesa vertiginosa del Brasile, dell’India, della Cina, della Russia, del Sud Africa e del Medio Oriente. Una crescita da preservare, in quanto oggi determinante per lo sviluppo economico mondiale.
La dimensione socio-economica
«Ma c’è anche un altro importante fattore», aggiunge Sammarco: «tra Rio e Rio+20 ci sono di mezzo i negoziati sul cambiamento climatico, ovvero le politiche di riduzione delle emissioni di gas serra. Negoziati difficili, che solo in parte hanno conseguito l’obiettivo originario, ma che hanno fatto emergere un problema ben conosciuto ma troppo spesso trascurato in passato: la difficoltà di far coesistere un processo di crescita diffuso dei Paesi poveri o emergenti con gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra. Il legame tecnico tra sviluppo economico e sociale, crescita dei consumi energetici ed aumento delle emissioni di gas serra è ancora lontano dall’essere sciolto. E andare a dire ai Paesi poveri o in piena fase di sviluppo che devono rinunciare alla crescita economica e rallentare il processo di inclusione di ampie fasce di popolazione per preservare il clima è difficile, in particolare se queste indicazioni provengono da un mondo occidentale già sazio. Anche per questo motivo, quindi, a Rio+20 si darà maggior spazio alla dimensione sociale ed economica dello sviluppo sostenibile: è necessario quadrare il cerchio, promuovere contemporaneamente crescita, accesso a fonti moderne e pulite di energia, rispetto dell’ambiente e tutela del clima. Questo è il green economic development, il nuovo modello di crescita di cui si discuterà».
Green, ma insieme
Considerata la crisi economica che sta vivendo l’Occidente e il rischio di recessione sempre dietro l’angolo, si potrebbe dire che la green economy non sia solo un progetto per i Paesi poveri. Anche i Paesi occidentali, che tanti impegni hanno preso in passato sul fronte ambientale e della protezione del clima, hanno ora necessità di conciliare questi obiettivi con quelli economici e sociali, in quanto la crisi sta ampliando la fascia di popolazione che si riavvicina ai livelli di povertà facendo riemergere aspri conflitti sociali. Inoltre, il mondo occidentale ha riscoperto amaramente che la sostenibilità non è solo un fatto ambientale, ma anche economico e sociale. Le stesse buone regole di pensare e agire in un’ottica di lungo periodo che si applicano al tema dei cambiamenti climatici dovrebbero essere rispolverate anche per l’economia, da più parti accusata di avere troppo interesse per il profitto di breve termine e per un utilizzo estremo di strumenti finanziari.
La difficile situazione economica e il debito accumulato da molti dei Paesi industrializzati si aggiunge quindi al debito di tipo ambientale “contratto” con la Terra. I problemi sono da affrontare in modo unitario e non in opposizione, proprio come suggerisce il concetto di green economic development. E questo dovrebbe essere il nuovo punto di partenza del prossimo summit. «Da questo punto di vista, il concetto di sviluppo sostenibile nella sua essenzialità e pragmaticità è sempre attuale, proprio perché punta l’attenzione non solo su quanto ma anche su come si cresce, ponendosi il problema se sia possibile uno sviluppo perpetuo senza vincoli e in assenza di rischi. Progettare il futuro della Terra è un compito arduo e i vincoli con cui ci si scontra molteplici», conclude Sammarco. Ma proprio per questo è opportuno che vi sia periodicamente un momento in cui i problemi sono riportati ad unità e affrontati in un contesto mondiale.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.