Non profit

Abbiamo un’altrabidea di sicurezza. E labmettiamo in pratica

l'esperienza I dieci anni del consorzio Farsi prossimo

di Redazione

«Avvicinare e intessere relazioni con gli “ultimi”, creando legalità e percorsi di inclusione, sconfiggendo la paura». Il presidente Massimo Minelli spiega la filosofia di un impegno che
oggi vale 24 milioni di fatturato e lavoro per 800 persone. Ma soprattutto 25mila utenti
I mprenditori del non profit. È il termine più adatto per descrivere una delle esperienze di impresa sociale più riuscite d’Italia: quella del consorzio Farsi prossimo, rete di 13 cooperative sociali lombarde che, nel solo 2007, ha fatturato 24 milioni e dato lavoro a quasi 800 persone. Ma soprattutto ha generato un capitale umano immenso, offrendo i propri servizi a ben 24.970 utenti disagiati, dai rifugiati alle comunità rom, dai minori difficili agli ex detenuti, dalle ragazze madri e dalle donne vittime di violenze a persone disabili e anziani.
«L’obiettivo del nostro lavoro è il benessere degli “ultimi degli ultimi”», spiega Massimo Minelli , presidente del consorzio dal 2004, «ma non a parole, piuttosto tramite una pedagogia dei fatti, dove le nostre opere sono il modo più utile per far capire quanto prima di ogni cosa venga la centralità della persona, chiunque essa sia». Un biglietto da visita di successo, supportato dai risultati e capace di creare negli ambienti attorno alle cooperative del consorzio una rete solidale senza precedenti. «È un’unione di senso, nata nel segno di esperienze pregresse della Caritas ambrosiana e ispirata da una lettera pastorale del cardinale Martini», continua Minelli. «Era il 1998: dalla coop Farsi prossimo, che ancora oggi è più che attiva con 150 lavoratori e 3 milioni di fatturato, è gemmato il consorzio omonimo, che negli anni si è allargato sul territorio, ha diversificato i servizi con i nuovi inserimenti e oggi è presente nelle province di Milano, Monza, Lecco e Varese».
L’attuale presidente è entrato nel consorzio l’anno dopo la fondazione, ha vissuto quindi quasi tutta la sua storia. Il cui decennale è stato celebrato nel primo fine settimana di ottobre 2008 con l’open day Braccia aperte alla cooperativa , in occasione del quale le varie cooperative hanno spalancato ai visitatori le porte dei loro centri: «Ne è uscito un weekend indimenticabile, da replicare al più presto, senza aspettare altri dieci anni. È arrivato un gran numero di persone, spinte anche dalla curiosità», spiega Minelli, «ci siamo accorti che è un ottimo modo di fare sensibilizzazione, perché se le persone vedono con i propri occhi il disagio, guardano in volto chi soffre o chi è “diverso” ma comunque ben inserito in un ambiente regolamentato, arrivano a conoscerlo e ad averne meno paura». Un esempio significativo? «L’incontro con i 300 rom del campo di Rho, gestito dalla coop Intrecci, un momento con quelli che oggi possono essere considerati gli ultimi più ultimi, avvicinandoli e intessendo relazioni con loro, creando, nella legalità, percorsi di inclusione», prosegue il presidente del Consorzio, «siamo noi stessi che facciamo sicurezza, con il nostro impegno ad accettare l’altro, naturalmente se l’altro rispetta noi e la legge: questo è il senso del “farsi prossimo”». E i frutti non si fanno attendere: «La gente, alla fine, si convince: sempre a Rho, al corso di taglio e cucito, partecipano sia donne rom che italiane».

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