Welfare

Accessibilità nei musei, la Corte dei Conti tira le orecchie al ministero della Cultura

La magistratura contabile mette sotto la lente il progetto finanziato con 300 milioni di euro del Pnrr gestito dal dicastero guidato da Dario Franceschini: sotto accusa il mancato rispetto delle tempistiche, ma anche la programmazione e i criteri di ripartizione dei fondi

di Francesco Dente

La Corte dei Conti (il documento in allegato) lancia l’allarme sull’abbattimento delle barriere architettoniche nei musei. Il progetto finanziato con 300 milioni di euro del Pnrr è stato avviato ma non è stata ancora completata l’individuazione dei siti in cui realizzare gli interventi. L’investimento, nello specifico, punta a rimuovere gli ostacoli fisici e cognitivi e a installare strumenti per l’utilizzo da parte di persone con ridotte capacità sensoriali di ben 617 luoghi della cultura, così ripartiti: 352 musei, monumenti, aree parchi archeologici, 129 archivi e 46 biblioteche, 90 siti culturali non statali e con una percentuale del 37% degli interventi complessivi da realizzarsi al Sud. In secondo luogo, mira a favorire la formazione del personale amministrativo e degli operatori culturali con lo scopo di promuovere la cultura dell’accessibilità. Termine ultimo per la realizzazione: giugno 2026. Ma incalzano già le prime scadenze. Entro marzo scorso incombeva l’approvazione del Piano degli interventi, entro giugno (sempre 2022), l’adozione del decreto di ammissione al finanziamento, per procedere poi a partire dal 2023 alla realizzazione progressiva delle opere. In particolare, il primo obiettivo intermedio è la realizzazione di 150 interventi entro il secondo trimestre 2023.

Peccato, lamenta la magistratura contabile al termine di una complessa analisi sul cronoprogramma, che la Direzione generale ad hoc del Ministero della Cultura abbia adottato una «diversa tempistica» che rischia di causare ritardi nell’ammissione ai finanziamenti. Secondo il Ministero, questo il punto centrale, il Pnrr non avrebbe previsto l’adozione di uno strumento propedeutico con funzioni programmatorie degli interventi ma «esclusivamente un documento di indirizzo». Tesi respinta dai giudici, secondo i quali la replica del Ministero «non sembra condurre ad un completo superamento delle criticità evidenziate».

Non si tratta infatti dell’unica tirata d’orecchie. La Corte dei Conti ha acceso un faro anche sui soggetti attuatori destinatari dei fondi. Non sarebbero stati rispettati i criteri di ripartizione fissati. Una «palese incongruenza» che deriverebbe dall’attribuzione di somme di quasi pari entità a categorie di destinatari (pubblici e privati) di differente consistenza numerica. Il Ministero guidato da Dario Franceschini (foto) si è giustificato facendo riferimento a «successivi accordi tra il Ministero e gli enti territoriali con i quali, in recepimento delle istanze di questi ultimi, si è stabilita una diversa ripartizione delle cifre». Il punto, scrivono i giudici contabili, è che questa decisione non è stata accompagnata «da una conseguente rimodulazione dei target numerici che sono rimasti inalterati, non essendo consentiti in tale ambito scostamenti rispetto a quanto stabilito in sede europea».

Il terzo appunto riguarda invece la valutazione delle proposte da ammettere a finanziamento. I criteri suscitano perplessità perché «prevedono un criterio preminente che ammette a finanziamento, pur nel rispetto dell’ordine di graduatoria, le prime proposte utili ad assicurare il raggiungimento del target nazionale». Last but not least, la Corte ha ravvisato dubbi sull’attuazione del piano di formazione del personale amministrativo e degli operatori culturali e sulla realizzazione del Progetto “A.D. Arte”, una piattaforma finalizzata a favorire la fruizione dei beni culturali da parte di persone con esigenze specifiche.

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