Volontariato

Afghanistan, difficile il rimpatrio dei profughi

In alcune zone del Paese non il grado di insicurezza è altissimo. L'alalrme lanciato dall' Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati Ruud Lubbers

di Redazione

L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Ruud
Lubbers, ha oggi espresso serie preoccupazioni per il deteriorarsi della
situazione in alcune parti dell’Afghanistan, che ostacola le operazioni di
rimpatrio dei rifugiati e degli sfollati.

“Lo scorso anno L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati
(UNHCR), in collaborazione con i suoi partner, ha assistito il rimpatrio di
oltre 2 milioni di persone, ma la sostenibilità di questi e dei futuri
rimpatri è minacciata dall’insicurezza che prevale in varie parti
dell’Afghanistan”, dice Lubbers.

“E’ assolutamente necessario che le autorità afghane e la comunità
internazionale adottino dei provvedimenti in grado di garantire la sicurezza
nel paese, in modo particolare nelle aree rurali”.

Lubbers ha ricordato ai governi donatori, specialmente quelli europei, che
la stabilità dell’Afghanistan incide direttamente sul numero di afghani che
chiedono asilo nei paesi fuori della regione. Nel 2002, ad esempio, il
numero dei richiedenti asilo afghani in Europa è diminuito del 50 per cento.

“Questa tendenza positiva potrebbe facilmente invertirsi se gli oltre 3
milioni di rifugiati afghani che si trovano ancora in Iran e in Pakistan
perderanno la speranza di poter fare ritorno a casa”, afferma Lubbers. “E’
nell’interesse di tutti promuovere e rafforzare la sicurezza in
Afghanistan”.

L’UNHCR esorta ad intraprendere azioni concrete per migliorare la sicurezza nel sud dell’Afghanistan. La mancanza di sicurezza potrebbe innescare un circolo vizioso caratterizzato da un ridotto accesso umanitario, minore aiuto allo sviluppo, inferiore numero di rimpatri e maggiore instabilità – tutto questo in un’area che già patisce gli effetti di anni di siccità.

Dopo la recente uccisione di Ricardo Mungia, un operatore del Comitato
Internazionale della Croce Rossa (CICR), oltre 10 organizzazioni non
governative internazionali hanno ritirato, almeno temporaneamente, il
proprio personale dalla regione di Kandahar. Inoltre dall’inizio della
guerra in Iraq, il 20 marzo, l’ufficio dell’UNHCR a Spin Boldak è stato
chiuso e anche le operazioni a Chaman, posto di frontiera con il Pakistan,
sono state ridotte o interrotte.

Ampie aree dell’Afghanistan sud-orientale – tra cui le intere province di
Uruzgan e Zabul – rimangono inaccessibili allo staff delle agenzie
umanitarie a causa dei molti pericoli. In altre aree è possibile accedere
solo con una scorta armata. Questi problemi di sicurezza hanno costretto a rinviare l’allestimento di un nuovo centro di identificazione a Khost, nel
quale esaminare le richieste di assistenza di rimpatriati. A Narangar le
attività delle agenzie dell’ONU sono sospese dallo scorso mese di gennaio a causa dell’uccisione di due agenti che scortavano un team dell’UNHCR.

L’attività delle agenzie ONU è stata ridotta anche nel nord-ovest del paese, a seguito del riesplodere di scontri tra fazioni nei pressi di Maimana, ad ovest di Mazar-i-Sharif.

Gli sfollati nel sud dell’Afghanistan sarebbero circa 350mila, la maggior
parte dei quali alloggiati in 6 insediamenti nelle province di Kandahar e
Helmand. In queste località, continuano tuttora ad arrivare persone in fuga dalle province di Faryab, Jawzjan e Badghis, nel nord del paese, a causa di intimidazioni e insicurezza.

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