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Africa è davvero boom?

Una grande ripresa. Per il quarto anno consecutivo, l’Africa subsahariana crescerà a tassi medi superiori al 5%. Secondo l’Fmi nel 2007 la crescita sarà del 6,1% (di Giovanni Carbone).

di Redazione

Africa never had it so good (non gli è mai andata così bene), direbbero gli anglosassoni. Per il quarto anno consecutivo, l?Africa subsahariana crescerà a tassi medi superiori al 5%. Il Fondo monetario internazionale prevede una chiusura del 2007 addirittura al 6,1%, in attesa di un possibile 6,8% nel 2008. Per queste economie fragili, che ci avevano abituati alla stagnazione o perfino all?impoverimento, bisogna andare indietro di quasi quarant?anni per ritrovare risultati complessivi di questo livello.Ma il dubbio c?è, ed è forte. Non si tratta per caso di numeri solamente passeggeri, legati al fenomenale andamento del prezzo del petrolio, che ha ?gonfiato? la crescita di tutti quei Paesi africani che lo producono ed esportano senza alcun mutamento nella loro economia reale? Questi Stati non si stanno arrampicando su una scala da cui precipiteranno rapidamente non appena il costo del barile di greggio tornerà a livelli più sostenibili? I più pessimisti tagliano corto, trasformando il dubbio in certezza e liquidando la crescita africana come esclusivamente legata al petrolio, inesorabilmente destinata a non durare. Ma hanno ragione? No.

Petrolio e vacche grasse
Intendiamoci, non solo non c?è sfera di cristallo che ci possa dire se e quanto questa fase positiva potrà durare, ma è anche fuori di dubbio che il petrolio abbia effettivamente un ruolo centrale nell?attuale ripresa africana. Con il fortissimo incremento delle entrate generate dalle esportazioni di greggio, i produttori storici dell?area subsahariana – su tutti Nigeria ed Angola – stanno certamente vivendo anni di vacche grasse, molto grasse. Non solo, ma accanto a loro la domanda internazionale ha portato all?emergere, in anni recenti, di nuovi produttori, dalla Guinea equatoriale al Sudan, dal Ciad alla Mauritania, con esplorazioni di successo e promesse di sfruttamento anche in nazioni come Uganda e Zambia.Per questi Paesi, la sfida del prossimo futuro sarà quella di inventarsi un modello di gestione virtuosa delle risorse minerarie, un modello che in Africa è storicamente mancato. Se ben gestite, le ricchezze generate dal petrolio possono infatti costituire un?utile base per finanziare la riduzione della povertà e la costruzione di tutte quelle infrastrutture – strade, reti elettriche, telecomunicazioni, ecc. – di cui un?economia ha bisogno per differenziarsi e svilupparsi. Il rischio, altrimenti, sarà quello di andare incontro agli effetti perversi che la crescita legata al petrolio ha già mostrato in passato: un?instabilità delle entrate statali che non permette di sostenere la spesa pubblica ampliata quando le cose vanno bene, l?alimentazione di una corruzione diffusa e di incessanti conflitti, la creazione di una dipendenza che deprime le produzioni di altro genere, industriali o agricole.

Non di solo oro nero
Ferma restando l?importanza e il potenziale del petrolio, dunque, la questione è un?altra: si tratta solo di petrolio oppure l?attuale crescita nasconde qualcos?altro? La risposta è che, sì, ridurre tutto al petrolio è una semplificazione fuorviante. Anzitutto, l?inversione di tendenza e l?avvio dell?attuale fase di crescita africana sono avvenute attorno alla metà degli anni 90, ben prima cioè del recente periodo di rialzo del prezzo del greggio. Alla fine del decennio passato, ad esempio, la ripresa ha attraversato e resistito ad alcuni anni in cui il prezzo del petrolio volgeva nettamente al ribasso, come avvenne tra il 1997 e il 1998.In secondo luogo, la crescita non è limitata a pochi Stati produttori di greggio, ma è piuttosto ben distribuita. Certo non mancano Paesi che stanno attraversando difficoltà più o meno grandi, come Burundi o Zimbabwe, ma nel 2006 sono cresciuti a tassi medi del 5% la metà dei Paesi subsahariani, e così pure, presi complessivamente, i 34 Paesi importatori di petrolio (i quali, anziché beneficiare del boom petrolifero, ne hanno pagato il salato prezzo). Tra questi ultimi c?è anche il Sudafrica, l?economia di gran lunga più avanzata e importante della regione.In terzo luogo, studi recenti effettuati da Banca mondiale e Fondo monetario internazionale sembrano mostrare un più ampio insieme di piccoli segnali positivi. Questi ultimi riguardano non solo l?andamento favorevole dei prezzi di altre materie prime esportate dai Paesi africani, ma anche la crescita dell?economia non legata al petrolio nei Paesi esportatori, la maggior efficacia delle politiche macroeconomiche, la fine di conflitti che avevano impedito lo sviluppo in diverse nazioni, un certo aumento degli investimenti esteri (anche in Stati sostanzialmente privi di petrolio, come Sudafrica, Uganda o Ghana) e situazioni in cui sta emergendo una graduale differenziazione dell?economia. Solo petrolio dunque? Il dubbio è legittimo, ma tutt?altro che ben fondato.

Giovanni Carbone

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