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Algeria: fondatore Gruppo salafita condanna allenanza con al Qaeda

Hassab Hattab chiede al presidente algerino Bouteflika di estendere la data limite dell'amnestia ai terroristi dis posti a rinunciare alle armi

di Redazione

Hassab Hattab, il fondatore del Gruppo salafita per la preghiera e il combattimento (Gspc), si e’ dissociato dal nuovo corso intrappreso dall’organizzazione dopo l’accordo stretto con al Qaeda. In una lettera inviata al giornale algerino Echorouk, definisce ”al Qaeda del Maghreb islamico”, la sigla che ha rivendicato gli attentati che la scorsa settimana ad Algeri hanno provocato la morte di 33 persone e il ferimento di 222, come un ”gruppuscolo che cerca di trasformare l’Algeria in un nuovo Iraq” e sollecita gli estremisti che vi hanno aderito ”ad abbandonare la lotta armata e ad aderire al processo di riconciliazione” nazionale. ”Sono intenzionato a colpire duramente coloro che si propongono di riportare l’Algeria al suo doloroso passato”, aggiunge Hattab, che dopo aver perso nel 2001 la leadership del gruppo che aveva fondato tre anni prima, lo scorso marzo e’ stato condannato a morte per terrorismo. Hattab sollecita quindi il Presidente Bouteflika a ”estendere la data limite” dell’amnistia, garantita a chi ha rinunciato al terrorismo entro l’agosto dello scorso anno.

Il nuovo consiglio del Gpsc, che dallo scorso anno si chiama al Qaeda del Maghreb islamico, e’ costituito da persone istruite sul piano ideologico, la maggior parte di loro formate in Afghanistan, da dove hanno riportato i nuovi metodi. La leadership che fu di Hassan Hattab e’ ora nelle mani di un ‘intellettuale pragmatico”, l’ingegnere specializzato in esplosivi Abu Mussab. Un reduce dall’Afghanistan, l’autore dell’accordo con al Qaeda. Al Zawahiri aveva provato a stringere l’alleanza con gli algerini gia’ negli anni novanta, ma senza riuscire a convincere Hattab, che si e’ dissociato dal nuovo corso insieme a Abassi Madani e Ali Belhadj, i due fondatori del Fis, il Fronte islamico armato che aveva lanciato la rivolta dopo la sospensione delle elezioni che stava vincendo, nel 1992.

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