di Lucia Ritrovato
«Mi piacciono gli aerei, ma non tutti. Mi piacciono quelli di carta, perché quelli li sanno fare pure gli imbecilli». È Ascanio Celestini con la sua ironia graffiante ad aprire il primo docu-film sulla vertenza degli ex lavoratori Alitalia dal titolo Tutti giù per Aria che sarà presentato il 1 giugno prossimo in anteprima al teatro Ghione di Roma, interamente autoprodotto dagli stessi lavoratori grazie all’appoggio dell’associazione Cogito.
La fine della compagnia di bandiera
A cinque mesi dal fatidico accordo che ha visto la Cai (Compagnia Aerea Italiana) impossessarsi di Alitalia, sono i dipendenti, quelli che nessuno ha mai interpellato nel periodo infuocato della trattativa politica, ad esporsi. In un’ora e cinque minuti consegnano all’Italia un pezzo di storia, legata ad una grande azienda nata 60 anni fa «e morta in soli 4 giorni, dal 28 al 31 agosto 2008» con la nascita della Cai, come racconta il protagonista del film. È un normalissimo assistente di volo, interpretato dall’attore Fernando Cormick, a ripercorrere le tappe fondamentali della vicenda della compagnia di bandiera italiana. Di lui si assapora solo la tristezza che si porta dentro, il racconto viene affidato ad una voce off, quella del noto doppiatore Roberto Pedicini (interprete di Jack Folla).
Il punto di vista dei lavoratori
Niente fiction, nulla di costruito. Le scene che si susseguono sono un documento “imprevisto” che i lavoratori hanno girato in quei lunghi mesi, dal 26 agosto 2008 fino a marzo scorso, con telefonini, macchine digitali, telecamere, mettendo insieme quasi 80 ore di girato. Al regista Francesco Cordio, aiutato dal giornalista Matteo Mesina, il compito di “tagliare e cucire” per favorire la narrazione. «L’obiettivo iniziale» – spiega Cordio – «era quello di mettere insieme un lavoro per i cassaintegrati. Poi, man mano che ci lavoravamo abbiamo capito che questo film sarebbe servito soprattutto a quelli che sono rimasti dentro e che stanno subendo contratti da fame, che non rispettano nessuna norma».
Scene che parlano da sole
Non c’è polemica politica ad accompagnare i 75 minuti “dell’Alicidio” italiano. «Le scene reali si commentano da sole» – racconta Francesco Stacciali, responsabile di cabina per 21 anni ed ora in cassaintegrazione e autore, assieme ad altri 5 colleghi – «non abbiamo avuto la necessità di forzare o strumentalizzare. Noi vogliamo parlare della nostra vita ora. Cioè sorpassare la fase della vertenza e dire quello che nessuno più è disposto a raccontare: la nostra quotidianità da cassaintegrati. Per ri-attirare le attenzioni dei mezzi di comunicazione mi sembra che sia necessario solo bloccare le autostrade o l’aereoporto, se no non fai più notizia».
Eppure si parla di 7000 cassaintegrati per sette anni e 2800 disoccupati; insomma di uno dei più grandi processi collettivi di assunzione e licenziamento della storia italiana avvenuti in soli 15 giorni, dal 16 dicembre 2008, quattro giorni dopo che la Cai si è impossessata di Alitalia, al 12 gennaio 2009, data che segna il passaggio definitivo delle consegne.
Una crisi lunga dieci anni
La voce narrante del docu-film accompagna lo spettatore attraverso i momenti salienti della vicenda. Dall’inizio della crisi. «In realtà» – precisa il protagonista all’inizio – «cominciata dieci anni fa, alla vigilia dell’apertura dell’aeroporto di Malpensa, quando l’Alitalia aveva 400 miliardi di attivo e una forte alleanza con la Klm». Poi cosa avviene? «Un’iniqua manovra dell’Unione Europea alleata con i principali vettori concorrenti e la collaborazione del mondo politico italiano» e l’aborto del progetto Malpensa come aeroporto di scalo internazionale. Di lì la discesa della compagnia, il surplus di spese, il debito insostenibile, la vendita non conclusa dal governo Prodi con la compagnia Air France, la nascita, sotto l’egida di Berlusconi della Cai, il ruolo “improbabile” dei sindacati, la mano pubblica costretta a metterci del suo.
Momenti clou
Tra le scene più toccanti di Tutti giù per aria, l’annuncio da parte di un dirigente Cai, ripreso a margine di una riunione dello scorso ottobre, dove afferma la necessita da parte della neonata Compagnia di avere «il miglior materiale umano a minor costo». «Un’affermazione» – racconta l’ideatore del documentario Alessandro Tartaglia Polcini – «che ci ha fatto rabbrividire. Siamo stati considerati ‘materiale’, non persone». E poi l’abbandono, davanti la sede Alitalia delle divise da parte dei cassaintegrati. Il protagonista perde, man mano che la narrazione va avanti, un pezzo della sua divisa. Via il cappello, via la giaccia, via la camicia fino a rimanere in canottiera davanti al molo di Fiumicino. A fare da cornice una azzeccata colonna sonora scritta dal romano Luca Bussolotti e i contributi di Dario Fo e Marco Travaglio.
Crediti
Il docu-film, oltre al regista, ha cinque autori: Alessandro Tartaglia Polcini, assistente di volo cassaintegrato, Matteo Messina, giornalista free lance, Guido Gazzoli, capocabina Alitalia per 28 anni in cassaintegrazione e Francesco Stacciali, responsabile di cabina Aliatalia per 21 anni anche lui in cassaintegrazione.
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