Questa storia merita d’essere raccontata. A Serravalle Scrivia, da 10 anni è sorto un outlet, un villaggio con tanto di piazze e negozi, dove i grandi marchi dell’abbigliamento rivendono i loro capi a prezzi d’occasione. Struttura visitata ogni anno da milioni di persone, che si accorgono d’essere in una delle più belle zone vitivinicole d’Italia dove si produce il Gavi. Ora, il fatto che qui arrivino molte persone, ha cominciato a essere visto come un’opportunità. Anzi, per favorire questo abbraccio con il territorio, la direzione dell’outlet ha inventato iniziative per far conoscere i vini, ma anche i cioccolati (Novi ne è la capitale), tanto che da cinque anni, a metà ottobre, si tiene un festival coi piccoli artigiani. Insomma, un incentivo a comunicare in positivo un territorio.
Tutto bene dunque? Macché! È bastato fare gli auguri pubblici alla direttrice per ricevere un rimbrotto da un vietnamita che pensa ancora che la guerra sia in corso. Il nemico è ovviamente la multinazionale che nel copione è sempre cattiva. Mi scrive: «Credevo foste tra coloro che difendono il lavoro onesto e semiartigianale dei piccoli produttori di qualità, di qualsiasi settore. Sono basito». Gli ho risposto: «Spiace, caro signore, quando il ragionamento è minato dal pregiudizio. Dovrebbe sapere che proprio perché valorizziamo i piccoli artigiani, siamo grati alla presenza di questa realtà che offre la possibilità che nuove persone vadano a conoscere cascine, cantine, ristoranti e persino paesi. Anzi, a Serravalle, dove ci sono persone e non robot, hanno a cuore proprio questo. Prima di sparare dovrebbe sapere se i diretti interessati, cioè coloro che vivono lì, pensano all’outlet come a un mostro o come a un’opportunità. Sennò facciamo come il ragazzo di buone intenzioni che vuole far attraversare la strada alla vecchietta, ma lei non vuole: stava bene sotto l’albero a godersi una giornata reale, diversa dalla traiettoria che pensava il ragazzo senza macchia».
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