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Andreotti: «Difendete la vostra diversità»

«Attenti alle semplificazioni del bipolarismo: mette a rischio la molteplicità di tante esperienze in atto». Parla il senatore a vita. Che ricorda: «Così feci il volontario»

di Giuseppe Frangi

Ha attraversato gli stand di Civitas con la baldanza di un ragazzo. E da parte loro i ragazzini, che giravano tra gli stand appena aperti, lo guardavano con un misto di meraviglia e curiosità. Giulio Andreotti, alla vigilia della scommessa elettorale più arrischiata della sua vita, ha trascorso qualche ora alla festa dei volontari. A Vita ha raccontato perché. Vita: Che sensazione le lascia Civitas? Giulio Andreotti: Mi ha colpito l’articolazione dell’impegno su tutto l’arco della realtà. Come spesso accade, ci si accorge di conoscere poco. E questo è un peccato. Perché la conoscenza stimola rapporti maggiori, sia come partecipazione, sia come aiuto a rimuovere gli ostacoli. Vita: Lei ha mai fatto volontariato? Andreotti: Sì, da studente. Facevo parte delle Conferenze di San Vincenzo, lavoravamo nelle periferie di Roma. Anche se ci chiamavano signorini, ho imparato tantissimo: ho conosciuto il popolo genuino e ho capito cosa sia la solidarietà. Vita: Tante sue uscite recenti sono state molto polemiche contro gli apologeti del liberismo. Che pericolo vede? Andreotti: Se liberismo vuol dire alleggerire la presenza soffocante dello Stato, va bene. Ma la Costituzione ci ricorda che la libera iniziativa deve rispettare certe esigenze sociali e queste condizionano la sua libertà. Credo che pensare all’economia di mercato come soluzione di tutti i problemi sia una prospettiva miope. Vita: Lei è per il proporzionale. Il Terzo settore su questo invece è abbastanza diviso. Quali sono le ragioni per scegliere? Andreotti: Proporzionale vuol dire rispetto dell’articolazione e della molteplicità delle esperienze. Se tutto invece si riduce alla sfida di A contro B, il resto del reale soffre di questa presunta semplificazione. Con il bipolarismo si perdono per strada una serie di spunti possibili, che solo il rispetto delle diversità permette di riconoscere e realizzare. Vita: Il regime fiscale delle donazioni italiano è molto penalizzante per la crescita del non profit. Lei cosa propone? Andreotti: Sono favorevole a una detassazione, con le cautele che realtà come la nostra italiana comportano. E la cautela riguarda chi potrebbe approfittarne per fini che non c’entrano niente con la promozione sociale. Certo ci vuole un’incentivazione legislativa per avvicinarci agli standard di altri paesi. Ho in mente quanto è accaduto a mio figlio, che lavora negli Stati uniti. Il commercialista che gli preparava la dichiarazione dei redditi era stupito perché non detraeva nessuna donazione. Così lo ha sottoposto a una serie di domande. Quando ha saputo che era cattolico praticante , gli ha fatto dedurre 200 dollari di offerte domenicali in chiesa, senza bisogno di nessuna pezza d’appoggio. Non dico che l’Italia debba fare così, ma l’esempio è indicativo. Vita: C’è un fantasma in questa campagna elettorale: la politica estera.. Andreotti: E’ vero. Ed è un errore. Così accade che di fronte alla crisi in Medio Oriente, ci si chieda solo se essere pro palestinesi o pro israeliti. Invece il problema è che si trovi soluzione. E a questo fine gli Usa, a mio giudizio, sono necessari ma non sufficienti. Bisogna che entri in gioco l’Europa, perché la politica estera italiana oggi non può non pensarsi se non in raccordo con quella dell’Unione europea. Vita: A volte sembra che le emergenze internazionali interessino solo ai volontari delle Ong, che rischiano anche la pelle… Andreotti: In effetti ho in mente il caso del Mozambico, dove l’intervento della comunità di Sant’Egidio è stato importante per arrivare alla pace. Ma io dico che l’attenzione verso quei popoli ha solo motivi etico-morali. Conviene a tutti che certe turbolenze nel mondo povero vengano risolte. Bisogna capire che una buona politica estera aiuta anche la politica interna. Quando ho iniziato a fare politica mi hanno insegnato così. E non credo che oggi le cose siano cambiate.


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