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Anteprima: Intervista a Lula con VITA
Dalla riforma agraria alle politiche d'inclusione, dai rapporti con l'Italia all'importanza delle ong. In quest'intervista a 360 gradi, il presidente del gigante sudamericano si confida con Vita
di Redazione
Anno domini 1987, 27 agosto, Collegio del Mondo Unito di Duino Aurisina, provincia di Trieste. Condivido la stanza con Luiz Antonio Magalhaes, pari età brasiliano. Entro in camera e vedo appesi alla parete della stanza due enormi poster. Uno con una faccia nota, Ayrton Senna da Silva, l’altro assolutamente anonimo e raffigurante Luiz Inácio Lula da Silva. Inizia lì il mio incontro con Lula, grazie alla parlantina di Magalhaes, che dell’uomo di Caetés mi spiega vita, morte e miracoli. Poi l’incontro caotico con Lula, nell’ottobre 2002, al comitato elettorale paulista.
A seguire la prima biografia italiana dell’ex metallurgico diventato per caso sindacalista (Lula, il presidente dei poveri, Baldini, Castoldi & Dalai, 2003) e l’amicizia con Stefania Falasca, giornalista del mensile internazionale 30Giorni. Grazie a lei nasce quest’intervista che abbiamo realizzato insieme e di cui Vita pubblica un’anteprima rispetto al mensile diretto da Giulio Andreotti (nella foto la copertina, ndr). Da sottolineare che il presidente brasiliano non rilascerà nessuna dichiarazione ad alcun mass media straniero prima delle elezioni presidenziali che, il prossimo primo ottobre, lo vedono favoritissimo. Un elemento che dà un valore aggiunto ulteriore a questo ?faccia a faccia? con uno dei personaggi politici più conosciuti e più rivoluzionari del mondo contemporaneo. Ma, soprattutto, tra i più pragmatici e umani.
Brasilia, base aerea militare. L’appuntamento è per le 15.30, ma è la terza località differente che mi comunica Iván Marsiglia, trentenne di origine italiana preposto a organizzare l’intervista. Sino alle 12.00 la meta era Planalto. alle 13.30 il palazzo presidenziale era stato sostituito dall’Alvorada, dove Lula stava ricevendo una delegazione Fiat. Alle 15 l’ultimo cambiamento. E bisogna sbrigarsi perché subito dopo presidente e consiglio dei Ministri al gran completo voleranno a Minas Gerais, stato strategicamente fondamentale per le elezioni del primo ottobre. Del resto la campagna elettorale è entrata nel rush finale e anche un ritardo di cinque minuti potrebbe far sfumare tutto.
La Fiat targata Senado Federal sgomma a folle velocità e l’autista della senatrice Fátima Cleide fa un’inversione a ?U?: in meno di un quarto d’ora passiamo dalla Praça dos Três Poderes, pieno centro di Brasilia, alla periferia sud, dove ci aspetta Iván. Lula deve ancora arrivare, ma ci sono già alcuni ministri. Per abbassare la tensione avvicino prima il ministro degli Esteri Celso Amorim, poi Dilma Roussef, ex guerrigliera, oggi ministro e – per i bene informati – candidata nel 2010 a succedere a Lula, infine Luiz Dulci, ghostwriter presidenziale, capo della segreteria e interessato a rafforzare i rapporti tra il suo centrosinistra e quello italiano. «Nell’ottica sarebbe interessante la nascita di un Partito democratico, non crede?», mi fa lui, lisciandosi i baffi. Ma la domanda rimane senza risposta perché, proprio in quell’istante, entra nella base aerea militare Lula assieme alla moglie Marisa, dietro il fotografo Domingos Tadeu e l’immancabile cameriere che, vassoio in mano, chiede se gradiamo un cafezinho. «No, obrigado, meglio iniziare subito l’intervista».
Domanda: Presidente, lei è stato il primo operaio a essere eletto presidente del Brasile, rappresentando una grande speranza per il suo paese. Qual è il suo bilancio di questi anni alla guida del ?gigante? dell’America latina?
Luiz Inácio Lula da Silva: Sono felice per il risultato di questi tre anni e mezzo di lavoro. Ma felice non significa che io sia soddisfatto: sono consapevole della dimensione del debito storico che il Brasile ha con il suo popolo e di quanto ci sia ancora da fare in questo paese…
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