Filantropia
Antonio Danieli: «Siamo Terzo settore ma basta subalternità»
Il neopresidente di Assifero racconta a VITA la sua visione: enti saldamente inseriti nella società civile italiana organizzata, soggetti attivi in un sistema che vede nel profit e nel pubblico gli altri attori. La collaborazione con l'altra famiglia filantropica, quella delle fondazioni di origine bancaria

Questa intervista compare, in forma più breve, nella sezione Communitas di Vita del mese di luglio-agosto che potete scaricare qui.
Antonio Danieli, ingegnere bolognese, 50 anni, vicepresidente e d.g. della Fondazione Marino Golinelli, è il terzo presidente dell’Associazione italiana fondazioni ed enti filantropici – Assifero. Arriva dopo Felice Scalvini, il piccolo padre di questo rassemblement di organizzazioni nate per donare, e Stefania Mancini. A Torino, quasi un mese fa, l’Assemblea nazionale dei 184 soci, fra fondazioni familiari, di comunità e di impresa, l’ha eletto praticamente all’unanimità. Un mondo che muove oltre 400 milioni ogni anno “verso” ma sempre più “con” la società civile organizzata.
Danieli, lei ha letto nell’auditorium della Cavallerizza ma poi ha puntualmente ribadito per lettera ai soci, un discorso che si riferisce spesso al Terzo settore e alla necessità che esca da una certa subalternità. Sottolineando come il movimento filantropico ne sia parte. Un concetto che potrebbe non essere scontato.
Si ricorda la matrice che ho mostrato al convegno di Fondazione Biagi a Modena, in occasione di quell’interessante seminario su alta formazione e Terzo settore?
Certo. VITA era mediapartner di quel convegno
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