Mondo
Appello di Amnesty: stop alla repressione dei dissidenti
«La comunità internazionale agista per i prigionieri politici»
di Redazione
In vista delle prossime elezioni parlamentari del 2 marzo, Amnesty International torna ad accendere i riflettori sull’Iran, con appello (per firmare clicca qui). Ecco il testo che accompagna l’appello:
“Le centinaia di migliaia di manifestanti che sono scesi in strada nel 2011, prima in Tunisia, poi in Egitto e in tutta la regione del Medio Oriente e Africa del Nord, ricordavano le proteste di massa che seguirono le controverse elezioni presidenziali del 2009”, scrive Amnesty.
“A differenza di alcuni paesi della regione, dove le proteste hanno innescato un processo di transizione verso riforme politiche, quelle in Iran sono state brutalmente represse dalle autorità e, da allora, ci sono state violazioni dei diritti umani continue e diffuse.
La Guida suprema dell’Iran ha celebrato le rivolte in Tunisia ed Egitto perché riflettevano un “risveglio islamico” basato sulla rivoluzione iraniana del 1979, nonostante quella rivoluzione non abbia portato a miglioramenti rispetto alle violazioni dei diritti umani di lunga data, quali arresti arbitrari, torture e processi iniqui di dissidenti politici, oltre ad aver introdotto nel diritto ulteriori discriminazioni nei confronti delle donne, delle minoranze etniche e religiose e delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender. I leader iraniani hanno sostenuto anche i manifestanti del Bahrein, che sono scesi in piazza per i loro diritti, ma hanno detto poco sulla crisi dei diritti umani in Siria.
Nel 2009 le autorità avevano spietatamente represso i manifestanti iraniani che esprimevano lo stesso desiderio di tunisini, egiziani e bahreiniti per i diritti politici e la giustizia sociale. Nel febbraio 2011 hanno risposto alla semplice richiesta di manifestazioni di solidarietà mettendo agli arresti domiciliari i leader dell’opposizione Mehdi Karroubi e Mir Hossein Mousavi, bloccando i siti web dell’opposizione e arrestando preventivamente centinaia di attivisti politici.
Dal giro di vite del 2009, le autorità hanno costantemente aumentato la repressione nella legge e nella pratica e stretto la morsa sui mezzi di comunicazione. Hanno interrotto le proteste pubbliche ricorrendo ad articoli del codice penale iraniano che rendono le dimostrazioni, il dibattito pubblico e la formazione di gruppi e associazioni una minaccia per la “sicurezza nazionale”, punibile con lunghe pene detentive o, addirittura, la morte. Diversi avvocati sono stati incarcerati insieme ai loro clienti. I canali televisivi satellitari stranieri sono stati bloccati. I quotidiani sono stati vietati. I dissidenti e i critici che scrivono su giornali o siti web, o parlano con i media, rischiano di essere accusati di reati quali “diffusione di propaganda contro il sistema”, “offese a pubblici ufficiali”, “diffusione di bugie con l’intento di danneggiare la sicurezza dello stato” o, occasionalmente, dei “reati” di “corruzione sulla terra” o “inimicizia contro Dio”, che possono essere puniti con la pena di morte.
Nuove leggi e regolamenti che limitano la libertà di espressione, associazione e riunione sono state approvate o sono in discussione in parlamento. Gli organi di sicurezza iraniani, multipli e spesso paralleli, – tra cui una nuova forza di cyberpolizia – possono ora controllare gli attivisti mentre utilizzano i computer nella riservatezza delle loro case. Le autorità possono avere installato dispositivi di monitoraggio, blocco o filtraggio in ??grado di analizzare il traffico di internet e wireless. Hanno limitato la larghezza della banda e stanno sviluppando server statali, protocolli internet specifici (Ips), provider per il servizio di connettività internet (Isp) e motori di ricerca. Innumerevoli siti web, inclusi siti internazionali e social network nazionali sono bloccati; tra di essi, il sito www.amnesty.org di Amnesty International. Un relativamente nuovo e segreto “cyber esercito”, pare legato alle guardie rivoluzionarie, ha condotto attacchi contro siti web in patria e all’estero, compreso quello di Twitter.
Molte persone restano imprigionate dai disordini del 2009; ad esse si stanno unendo altri registi, blogger e persone che hanno contatti con l’esterno, nonché difensori dei diritti umani, avvocati, studenti, giornalisti, attivisti politici e membri di minoranze etniche e religiose iraniane che sono presi di mira da nuove ondate di arresti.
In occasione delle manifestazioni del 14 febbraio 2011 e mentre ha inizio la campagna per le elezioni parlamentari del marzo 2012, Amnesty International è molto preoccupata per una situazione già terribile che si sta deteriorando. Per evitare ulteriori violazioni dei diritti umani di massa è fondamentale che la comunità internazionale agisca per le migliaia di prigionieri di coscienza e prigionieri politici detenuti in Iran.
La comunità internazionale non deve permettere che le preoccupazioni sul programma nucleare iraniano e gli eventi nel resto della regione oscurino la situazione dei diritti umani in Iran né deve essere distratta da un significativo cambiamento politico nella regione. Senza controllo internazionale non vi è dubbio che la repressione è destinata a peggiorare in Iran, isolando ulteriormente il popolo iraniano dal mondo esterno. Le elezioni parlamentari sono previste per il 2 marzo 2012. Nuove ondate di arresti, torture e altre violazioni dei diritti umani sono già in atto.”
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.