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Approvare subito la legge per fermare gli schiavisti

«Senza una normativa efficace l’Italia è diventata il paradiso dei trafficanti di immigrati». Dal “padre” del testo governativo un appello al Palazzo: «Non approvarlo entro il 1997 è da irresponsabili

di Paolo Giovannelli

«Bisogna rompere il patto scellerato che unisce due interessi, quello del datore di lavoro che non paga i contributi e quello di chi, anche se sfruttato, vive comunque in condizioni migliori rispetto al suo Paese d?origine. Per questo sono necessari più controlli e sanzioni sulle imprese». Dieci giorni fa Guido Bolaffi, capo di gabinetto del ministero della Solidarietà sociale, impegnato come tecnico dal 1989 sul problema immigrazione, aveva scelto proprio il quotidiano degli imprenditori, Il Sole 24 ore, per chiedere a ciascuna parte sociale di assumersi le proprie responsabilità, anche di fronte al tema immigrazione. Ma oggi, con il drammatico intensificarsi di nuovi arrivi di clandestini in Puglia e in Sicilia, Bolaffi ha un richiamo da fare anche alla politica: «Mi auguro che venga accelerato l?iter della legge presentata a febbraio altrimenti il caos aumenterà, e gli interventi tampone e improvvisati rischieranno di alimentare focolai di razzismo. Insomma, o la legge sarà licenziata dalle Camere entro ottobre, oppure se ne riparlerà, purtroppo, nel 1998. E sarebbe un rinvio irresponsabile dopo una vera azione di guerra come quella fatta dalla criminalità organizzata, i nuovi mercanti di schiavi, sulle coste ioniche nei giorni scorsi. I trafficanti di uomini sanno che quando metti un piede in Italia è fatta, lo sanno e si comportano, scientificamente, di conseguenza». Scusi Bolaffi, che intende dire? «Lo sanno tutti, anche i criminali, che il fermo e il foglio di via previsti dall?attuale legislazione italiana sono una specie di salvacondotto, che la clandestinità in Italia è alla fine premiata. I vuoti legislativi e tre sanatorie in meno di 10 anni sono sinceramente troppe». Che fare allora? «Il disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri il 14 febbraio scorso, mi sembra contenga molti elementi di risposta. Per esempio, il fatto che non sia previsto il reato penale ma solo la sanzione amministrativa e l?espulsione per chi entra clandestinamente permette un controllo maggiore ai confini, sulle coste e sull?intero territorio nazionale». Lei sa che le associazioni di volontariato e gli enti non profit non sono d?accordo sulla cosiddetta ?chiamata nominativa? che regolerebbe gli ingressi con meccanismi legati al mercato del lavoro, tipo liste di collocamento. «Sono d?accordissimo con questa osservazione. I meccanismi che regolano gli ingressi non possono essere determinati solo dal mercato del lavoro. Bisogna separare i due problemi: da una parte quello degli ingressi su basi legali e programmate,e dall?altra quello del lavoro in nero, ma questo è un altro film». Basterà la legge per affrontare il problema su basi più razionali? «È un primo necessario passo. Ma poi occorrerà che questo Paese si doti di un assetto istituzionale adatto a gestire un fenomeno di lunga durata. Oggi la macchina amministrativa è ancora quella che gestiva l?emigrazione di milioni di italiani. Qualcosa bisognerà fare, almeno porsi il problema».


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