Guerre

Armi esplosive utilizzate in 74 Paesi, nel 2024 crescono i morti tra i civili

I dati del report “Explosive Weapons Monitor 2024”, promosso dall'omonimo network internazionale, registrano un aumento dei decessi fra i civili causati da armi esplosive, in particolare lanciate da aerei. Crescono anche attacchi e danni a infrastrutture come ospedali e scuole

di Redazione

Sono in Palestina due terzi di tutte le morti di civili avvenute al mondo nel 2024 a causa di armi esplosive: numeri rimasti elevatissimi dopo quelli senza precedenti registrati nel 2023.

Nel 2024, in almeno 74 Paesi e territori si sono verificati danni a civili e infrastrutture civili derivanti dall’uso di armi esplosive (vedi la mappa sotto), danni che si sono verificati in incidenti che hanno causato la morte o il ferimento di civili o hanno compromesso l’accesso all’assistenza sanitaria, all’istruzione, agli aiuti umanitari o alla sicurezza alimentare. I civili di 11 Paesi e territori sono stati gravemente colpiti dall’uso di armi esplosive: Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Libano, Mali, Myanmar, Nigeria, Palestina, Sudan, Siria, Ucraina e Yemen. Le morti civili a livello globale, anche escludendo la Palestina, sono aumentate di oltre la metà nel 2024 rispetto al 2023, in particolare in Libano, Myanmar, Siria e Ucraina.

I dati sono quelli del nuovo report Explosive Weapons Monitor realizzato dall’International network on explosive weapons, una rete internazionale di quasi 50 ong (ne fa parte anche l’italiana Rete Pace Disarmo), che chiede un’azione immediata per prevenire le sofferenze umane dovute all’uso di armi esplosive nelle aree popolate, conduce ricerche e analisi sui danni e sulle pratiche dell’uso di armi esplosive nelle aree popolate e collabora con organizzazioni partner per raccogliere e pubblicare i dati riportati da fonti aperte.

Secondo il nuovo report, i continui e pesanti bombardamenti a Gaza, così come l’uso estensivo di armi esplosive in Libano, Myanmar, Sudan, Siria, Ucraina e altri Paesi, hanno causato decine di migliaia di morti tra i civili ed effetti a lungo termine, come la perdita di un accesso sicuro all’assistenza sanitaria, all’istruzione, agli aiuti e alla sicurezza alimentare.

«I civili pagano il prezzo più alto quando le armi esplosive vengono utilizzate in città popolate», dichiara Katherine Young, responsabile della ricerca e del monitoraggio per l’Explosive Weapons Monitor. «Vediamo un preoccupante schema di danni causati dall’uso di armi esplosive nei conflitti in corso che si estende ben oltre l’area dell’attacco».

Secondo i dati registrati sia dall’Armed Conflict Location & Event Data-Acled che dall’Action on Armed Violence-Aoav, la maggior parte delle morti civili nel 2024 è stata causata dall’uso di armi esplosive lanciate da aerei (rispettivamente il 78% e il 65%). Circa il 16% (Acled) e il 18% (Aoav) delle vittime civili nel 2024 sono state causate da armi esplosive lanciate da terra. Circa il 6% (Acled) e il 4% (Aoav) delle vittime civili nel 2024 sono stati il ​​risultato di armi esplosive piazzate direttamente, ovvero armi che vengono fisicamente posizionate nel luogo in cui detonano: tra queste rientrano mine antiuomo, mine anticarro, mine terrestri, IED non specifici (per esempio i cosiddetti “gilet suicidi”), autobombe e ordigni esplosivi sul ciglio della strada.

Il rapporto sottolinea, inoltre, che gli attacchi con armi esplosive alle infrastrutture civili e ai servizi essenziali sono aumentati notevolmente: nel 2024 l’uso di tali armi negli attacchi a strutture sanitarie è aumentato del 64% rispetto al 2023, con distruzioni di ospedali e ambulanze e uccisioni di operatori sanitari. Allo stesso modo, l’utilizzo di armi esplosive negli attacchi a strutture educative e di istruzione è più che raddoppiato e gli attacchi agli aiuti umanitari sono stati quasi cinque volte più frequenti. «Le armi esplosive non solo uccidono e feriscono i civili, ma causano anche danni a scuole, strutture sanitarie, linee elettriche, forniture idriche e altre infrastrutture essenziali che possono durare a lungo dopo la fine dei conflitti», commenta Francesco Vignarca, coordinatore campagne di Rete Pace Disarmo. «Questo infligge ulteriori sofferenze a lungo termine alle popolazioni la cui vita è stata resa insopportabile durante i bombardamenti».

Attacchi a educazione, sanità, cibo

In Ucraina, tre anni di conflitto hanno devastato il sistema sanitario. Gli attacchi alle infrastrutture elettriche ed energetiche del Paese e i ripetuti attacchi a molte strutture sanitarie hanno impedito l’accesso all’assistenza sanitaria e messo in pericolo operatori sanitari e pazienti. In Myanmar, lo sfollamento interno ha raggiunto livelli record, e i continui attacchi a scuole, università e altre infrastrutture educative hanno causato interruzioni dell’apprendimento dalla scuola materna all’istruzione superiore, con conseguenze a lungo termine sulle prospettive di lavoro, sui mezzi di sussistenza e sulla salute mentale. In Sudan, il numero di persone bisognose di assistenza umanitaria è salito a quasi 25 milioni alla fine del 2023, e le agenzie umanitarie hanno ridotto i programmi ed evacuato il personale a causa della maggiore insicurezza e del rischio di danni causati da armi esplosive. Le Nazioni Unite stimano che quasi 15,4 milioni di siriani siano a rischio di morte e lesioni a causa di residuati bellici esplosivi, man mano che i civili tornano nelle città, nei villaggi e nei terreni agricoli e che aumentano le morti di civili a causa di mine e altri ordigni inesplosi.

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A fronte dell’aumento del rischio per i civili a causa dell’urbanizzazione dei conflitti armati e delle conseguenze umanitarie derivanti dall’uso di armi esplosive nelle zone popolate, già nel 2022 la “Dichiarazione politica sul rafforzamento della protezione dei civili dalle conseguenze umanitarie derivanti dall’uso di armi esplosive nelle aree popolate” mise nero su bianco un impegno politico internazionale volto ad affrontare l’impatto umanitario derivante dall’uso di armi esplosive nelle zone popolate e rafforzare la protezione dei civili durante i conflitti, già approvata da 87 Paesi.

«Data l’entità dei danni ai civili nel 2024, è di fondamentale importanza che gli Stati riducano i danni ai civili e alle infrastrutture da cui dipendono», si legge in una nota diffusa dall’International Network on Explosive Weapons. «A tal fine, gli Stati dovrebbero approvare e attuare la Dichiarazione politica del 2022 sul rafforzamento della protezione dei civili dalle conseguenze umanitarie dell’uso di armi esplosive nelle aree popolate». Per Alma Taslidzan, responsabile per il disarmo e la protezione dei civili di Humanity & Inclusion, «firmando tale dichiarazione politica, gli Stati inviano un chiaro messaggio: i danni ai civili e la distruzione delle infrastrutture di cui hanno bisogno per sopravvivere non saranno tollerati».

Credit: foto dell’International network on explosive weapons

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