Verso il referendum

Ascari (Legacoopsociali): «Importante andare a votare, ma poi si apra una discussione reale sul “buon lavoro»

Il presidente delle cooperative sociali di Legacoop però sostiene che «lo strumento referendario non è il più adeguato, data la delicatezza del tema» e che «non basta dire bianco e nero o è giusto o sbagliato. Queste sono semplificazioni che rischiano di non cogliere le esigenze dei lavoratori e delle imprese»

di Alessio Nisi

I temi del lavoro coinvolgono 4 dei 5 quesiti referendari su cui gli italiani sono chiamati a esprimersi l’8 e il 9 giugno sono così delicati che forse lo strumento referendario «non è il più adeguato». Non basta per Massimo Ascari, presidente di Legacoopsociali, «dire bianco e nero oppure è giusto o sbagliato». Sono semplificazioni queste che rischiano di non cogliere le esigenze dei lavoratori «in termini di stabilizzazione e garanzie» né quelle del mercato del lavoro. Una complessità che sottolinea Ascari, «richiederebbe una riflessione politica con le parti sociali  che invece è mancata».

Dopo aver ribadito poi il «valore dell’esercizio del voto come espressione democratica che deve dare l’opportunità ai cittadini di potersi sempre esprimere», e aver rimarcato che «ha lasciato un po’ di disappunto l’affermazione delle istituzioni di non esercitare questo diritto», Ascari spiega che Legacoopsociali è «per la libertà di scelta, invitando i soci delle cooperative ad andare a votare».

Presidente, come indicazione di voto per i 4 quesiti sul lavoro Legacoopsociali ha optato per la libertà di scelta. Che riflessioni avete fatto?

Il tema, data la complessità della normativa del lavoro, è l’abuso. II tempo determinato è una esigenza, così come è un’esigenza quella della stabilizzazione del lavoratore. Come in una buona ricetta servono le giuste dosi degli ingredienti: l’estrema rigidità da un lato e l’estrema flessibilità dall’altro, insieme all’abuso, producono disagio e la difficoltà di essere adeguati alle tipologie di attività che oggi le cooperative dei servizi devono sviluppare. 

Spieghiamo meglio

Soprattutto quando parliamo di co-progettazione (e di progetti che hanno un inizio e una fine), occorre un approccio strutturato teso a garantire le parti in causa. Da una parte l’attenzione alle persone e alla loro continuità professionale e dall’altro ad un’attività che ha un inizio e che ha una fine certa.

Ma su questi temi il referendum è lo strumento adatto?

Sono tematiche che da un lato puoi affrontare in sede di confronto con le organizzazioni sindacali dall’altro auspicavamo un dibattito un pochino più articolato per una proprio per cioè per ragionare sulle diverse istanze, che un referendum per sua natura non coglie. Confidiamo che dopo il 9 di giugno ci possa essere uno spazio dove riaprire uno spazio di discussione. Lo facciamo, partendo proprio dalle migliaia di lavoratori della cooperazione sociale e dall’esigenza di di continuare a lavorare sulla altre attività del settore, sulle regole, sul buon lavoro: tutti  aspetti che devono vederci in un costante sviluppo rispetto all’attività e alle condizioni di lavoro delle persone.

E sul quinto quesito, sulla cittadinanza?

Per la cittadinanza, per la sensibilità che il nostro settore dovrebbe rappresentare, mi sembra scontato indicare il “sì”.

Presidente, una previsione…

Raggiungere il quorum sarà molto faticoso. Purtroppo oggi manca nel quadro politico è lo spazio di confronto. Noi rappresentiamo un settore in cui il benessere della base sociale viene espresso nella misura in cui c’è un benessere della cooperativa e viceversa.  È un equilibrio che è quasi una simbiosi. Laddove una di queste parti vive nel malessere, questo stesso malessere viene spostato fisicamente anche nell’altra. Credo che il tentativo di tutti debba essere quello di trovare soluzioni che garantiscano da una parte tutto quello che si può per la preziosa base sociale che opera nelle nostre cooperative, dall’altra parte tutelino le imprese sane.

Foto Archivio VITA: Massimo Ascari, presidente di Legacoopsociali

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