Non profit

Ascoli, così cresce un territorio

«Pensare, progettare, partire dalle proprie radici per rinnovarle, “fare sistema”, divenendo comunità nelle comunità, imparare a reinvestire con orgoglio collettivo il proprio patrimonio storico ed etico». Il direttore Strategia di Fondazione Carisap interviene sul tema del numero di dicembre di Vita magazine

di Marco Perosa

L’emergenza sanitaria del “covid” accompagnata alla crisi economica e sociale ha palesato una comunità che appare priva di certezze. Il territorio appare smarrito ed il presente vede coesistere mille esperienze diverse, nessuna dominante. Il clima è quasi di sospensione, di attesa e diventa necessario interrogarsi per individuare un’evidenza polarizzante. È la perfetta sintesi della società dell’“abbastanza” dove la realtà è molteplice e variegata, proprio perciò viva e non banale, del tutto priva di soggetti egemonici: ciò costituisce, proprio in questo particolare momento, un elemento di forza se si ha la capacità di superare la frammentazione e la fragilità sistemica per orientarsi in un percorso di sviluppo condiviso.

Nel territorio piceno non si è mai affermato il modello caratterizzato da un dominante nucleo (economico, sociale, istituzionale, politico) in grado d’imporre gerarchie, priorità, poteri delegati. Ciò che ha costituito in passato un fattore di fragilità oggi può favorire la generazione di un nuovo modello di policentrismo sistemico ad elevata integrazione tra le “parti”, con un forte coordinamento dei vari sottosistemi. Ma per perseguire questo modello è necessaria una forte integrazione di tutti gli attori in gioco; stiamo assistendo all’emergere di una leadership partecipata ed inclusiva, frutto del dialogo e dell’attuazione di un approccio collaborativo e sistemico, non casuale ed invece integrato/integratore: con enfasi sul coordinamento, sul dialogo ed il confronto, sull’attivazione di nessi tra le realtà più dinamiche e propositive. È il momento giusto per generare uno scatto imprevedibile – e non ovvio – a muoversi liberamente come un sistema aperto e coeso, dinamico, con azioni convergenti in una o in pochissime direzioni condivise. Federico Mento, codirettore di Ashoka, in un recente articolo evidenziava che "Nell’attraversamento tra la nuova e la vecchia realtà, dobbiamo, in primo luogo, interrogare le nostre certezze e farlo con estrema franchezza, utilizzando il più affilato rasoio di Occam. Senza un nuovo paradigma che metta al centro l’empatia, l’intraprendenza, la collaborazione, una diversa concezione di leadership, vi è il rischio di trascinare stancamente la vecchia normalità, rabberciandola nella speranza che possa nuovamente funzionare. Per farlo, è necessario ingaggiare tutti coloro che sono già al lavoro per il cambiamento, cittadini, scuole, organizzazioni, imprese, centri di ricerca, istituzioni pubbliche e media, affinché questi sforzi, spesso isolati, possano ritrovarsi e affermare una visione radicalmente diversa di società".

Il problema della comunità e della sua gente non è più difendere l’esistente; il vero problema è “pensare in grande” collettivo, predisporre e condividere un nuovo disegno complessivo sviluppo del territorio, inteso come strada da intraprendere, anche se ciò potrebbe determinare l’emergere di fattori oppositivi. Siamo ormai obbligati a ragionare ed agire in termini di ‘noi’, di comunità articolata ma liberamente orientantesi in una direzione sensata, comprensibile, attuabile, in grado di dare un senso all’operato di ciascuno e di molti. È arrivato il momento di generare una società che privilegia l’innovazione, sceglie la sicurezza ma non l’immobilismo, valorizza gli spiriti critici e creativi e non conformisti e soprattutto promuove le partnership per favorire una cultura del rischio e dell’intraprendere in un clima di fiducia e rispetto dell’altro.

Che fare? Bisogna e bisognerà pensare, progettare, partire dalle proprie radici per rinnovarle, “fare sistema”, divenendo comunità nelle comunità, imparare a reinvestire con orgoglio collettivo il proprio patrimonio storico ed etico, valorizzando i ‘germi di futuro’ ed i loro portatori, gli innovatori, con una particolare attenzione al sociale, proprio per valorizzare i legami di comunità e di prossimità che sono gli stessi legami che stanno permettendo di fronteggiare la crisi e che costituiscono un “unicum” ed un elemento di valore rispetto alle grandi città metropolitane.

E qual è la strada intrapresa? Il percorso primario si basa sulla valorizzazione delle partnership collaborative, sulla cogestione, o meglio “coproduzione” di prossimità, dove la fiducia è l’elemento basico per generare partecipazione e condivisione. Consapevoli che “chi sta fermo va indietro” e ciò vale sia per le imprese e sia per tutte le realtà territoriali, è necessario “anticipare il futuro” visto che tutti i localismi più dinamici ragionano in questo modo e si stanno muovendo per diventare più attrattivi, in modo da potersi agganciare nella maniera migliore alle nuove opportunità di sviluppo che stanno emergendo. Va sinteticamente ricercata una nuova modalità complessa di sviluppo che sia pienamente condivisa dalla realtà locale: la leadership va accompagnata con la costruzione di una coralità di intenti e di azioni, senza la quale risulta impossibile agire, visto il rischio di porre sempre l’attenzione su ciò che si perde piuttosto che su ciò che si guadagna. E se non si compie uno sforzo collettivo di “altruismo” sarà ben difficile raggiungere gli obiettivi più impegnativi che abbiamo davanti. Un territorio che vuol crescere e diventare luogo di nuovo sviluppo ha bisogno di misurare la forza della propria identità collettiva e del proprio orgoglio di area; come pure ha bisogno di individuare i luoghi e i modi in cui le energie locali possono essere riattivate. Questo è il percorso intrapreso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno che trova la sua massima espressione operativa nell’esperienza di Bottega Terzo Settore (foto) che sta agendo per fare “sistema” non soltanto all’interno delle Organizzazioni Non Profit ma soprattutto contaminandosi con il mondo delle imprese, con la Pubblica Amministrazione perché ognuno ha tanto da dare ed ognuno ha tanto da imparare. È un percorso che, pur muovendosi rispettoso dei modelli istituzionali cerca di far emergere e di dare la possibilità di ascolto e di intervento alle donne ed agli uomini di “buona volontà”. Significa sostanzialmente sovvertire i paradigmi dello sviluppo senza mai rinnegare la propria storia e la propria identità.


*Direttore Area Strategia, ricerca e pianificazione – Fondazione Carisap e Professore a contratto Università Politecnica delle Marche

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