Famiglia
Bambini e adolescenti maltrattati, sono 13 su mille: +58% in cinque anni
I dati della III Indagine nazionale di Terre des Hommes e Cismai per l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza. Quasi 114mila casi in Italia, l’87% in famiglia. Dalle scuole arriva il 14% delle segnalazioni, mentre solo una su 100 arriva dai pediatri. Che fare? Le raccomandazioni degli esperti al Governo

Si chiama “Neglect”, vuol dire “trascuratezza”: ne sono vittime, in Italia, circa 42mila minori. In tutto, sono 113.892 quelli che subiscono una forma di maltrattamento: ben il 58% in più rispetto al 2018. Nell’87% dei casi, il maltrattamento avviene nell’ambito della ristretta cerchia familiare. Sono alcuni dei dati contenuti nella III Indagine nazionale sul maltrattamento di bambini e adolescenti in Italia, condotta Terre des Hommes e Cismai per l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza. Leggi qui il report completo.
I risultati dell’indagine sono stati presentati stamattina nella Sala polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei ministri dall’Autorità garante, Marina Terragni, dalla presidente della Fondazione Terre des Hommes Italia, Donatella Vergari, e dalla presidente Cismai, Marianna Giordano. Presente anche la ministra della Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità, Eugenia Roccella.
Dal punto di vista metodologico, questa terza indagine segna un salto di qualità rispetto alle precedenti, sia in termini di ampiezza del campione che in termini di allineamento agli standard internazionali. Il numero dei comuni partecipanti è passato da 196 a 326, includendo 12 città metropolitane e raggiungendo un universo di 2,7 milioni di minorenni. Il disegno campionario è stato realizzato da Istat, che, adottando la metodologia del sovra campionamento ha individuato un numero ampio di comuni (450) con l’obiettivo di non prevedere sostituzioni.
Maltrattamenti, quanti e quali
Dei 374.310 minorenni che, nel nostro Paese, risultano in carico ai servizi sociali, il 30,4% è vittima di maltrattamento. Nel 2018, quando si era svolta la precedente indagine, la percentuale era del 19,3%. Un incremento considerevole e preoccupante: basti pensare che, sul totale della popolazione minorenne residente in Italia, le vittime di maltrattamento sono cresciute da 9 su mille a 13 su mille in soli cinque anni. I dati dell’indagine appena presentata si riferiscono infatti al 31 dicembre 2023.

Tante e diverse le forme che i maltrattamenti possono assumere: tra tutte, la più diffusa è la trascuratezza (37%), che può essere educativa (17%), emozionale (10%) o fisica (10%). Il 34% dei casi riguarda invece la violenza assistita (34%). Meno diffusi, ma non rari, i casi di violenza psicologica (12%) e maltrattamento fisico (11%), seguiti da quelli di patologia delle cure (4%) e abuso sessuale (2%). Viene però precisato che l’abuso sessuale, oltre a incontrare maggiori difficoltà nell’essere riconosciuto e intercettato, non necessariamente arriva all’attenzione dei servizi sociali, poiché può procedere direttamente per le vie giudiziarie, senza che venga attivato alcun percorso di sostegno e intervento.
Più piccoli, più invisibili?
Per quanto riguarda l’età delle vittime, il 50% ha tra gli 11 e i 17 anni, il 32% tra i 6 e i 10 e il 18% tra 0 e 5. Va precisato però che l’intercettazione delle situazioni a rischio avviene principalmente a partire dai 6 anni.
Si pone quindi la questione dell’effettiva capacità di intercettare il fenomeno precocemente e di attivare azioni efficaci di prevenzione primaria e secondaria da parte dei servizi su questa fascia d’età. Attualmente, infatti, la presa in carico avviene prevalentemente tra i 6 e i 17 anni, quando le situazioni di disagio risultano spesso già consolidate. Un elemento critico, ai fini di una precoce intercettazione del rischio, è rappresentato dalla bassa frequenza registrata nei servizi educativi per la prima infanzia (0-3 anni), a cui attualmente accede solo il 28% dei bambini e delle bambine, peraltro con forti disparità territoriali: in alcune regioni del Sud la copertura scende sotto il 15%.
Per quanto riguarda invece il genere, non risulta esserci una grande differenza nei dati: i minorenni di genere maschile in carico ai Servizi Sociali per maltrattamento (in tutto 57.963) rappresentano il 51% in carico per maltrattamento; mentre le femmine (55.929) rappresentano il 49%. Il maltrattamento colpisce quindi indistintamente maschi e femmine, con 13 vittime su mille in entrambe le popolazioni di riferimento. Si notano invece differenze di genere nelle forme di violenza: i maschi sono più frequentemente vittime di neglect educativo, (54%), violenza assistita (52%) e patologia delle cure (54%), mentre le femmine sono più esposte ad abuso sessuale (77%) e violenza psicologica (53%).
I luoghi dei maltrattamenti
L’indagine prende in considerazione 326 comuni italiani, selezionati da Istat, a fronte dei 196 considerati nell’edizione precedente, comprese 12 città metropolitane, coprendo così un bacino di 2.733.645 minorenni. Nell’87% dei casi, autori dei maltrattamenti sono parenti e familiari, senza grandi differenze territoriali. Significativa invece la differenza territoriale rispetto all’aumento dei casi: al Sud l’aumento è del 100% (10 minorenni ogni mille, rispetto ai 5 su mille del 2018), mentre al Centro-Nord l’incremento è del 45%.
La segnalazione (tardiva) e la presa in carico
Il 52% dei casi viene segnalato ai servizi sociali dall’Autorità giudiziaria: questo è segno evidente di un ritardo nell’attivazione del sistema di protezione. In particolare, le istituzioni educative – in primis la scuola – contribuiscono solo nel 14% dei casi alla segnalazione del problema. Ancor meno contribuiscono le famiglie (12%), mentre solo il 4% delle segnalazioni proviene dalle strutture sanitarie e appena l’1% da medici di base e pediatri, i quali invece potrebbero essere cruciali nell’individuazione precoce del maltrattamento.
La presa in carico da parte dei servizi sociali, una volta attivata, ha una durata per lo più superiore ai due anni (56%): segno questo della complessità dei casi. Al Sud e nelle Isole, i percorsi sono più brevi e in media durano meno di due anni.
Per quanto riguarda la tipologia dei servizi attivati, prevale la categoria “altro servizio” (29%), che comprende interventi diretti del servizio sociale professionale o interventi svolti in collaborazione con altri servizi sociosanitari. Questo dato segnala comunque una disomogeneità negli interventi e nei servizi attivati. L’assistenza domiciliare (18%), l’inserimento in comunità (13%) e l’assistenza economica (13%) rappresentano le forme più strutturate di sostegno. Marginale il ricorso all’affidamento familiare (8%), sebbene questo rappresenti il modello preferibile, in quanto centrato sulla continuità affettiva e sociale. Da notare che nel 12% dei casi non viene attivato alcun servizio specifico: questo dato comprende però anche situazioni in cui la valutazione sia ancora in corso.
Investire sull’intervento precoce
Assunta Morresi, vice capo di gabinetto del ministero della Famiglia, ha ricordato alcuni degli strumenti che la politica sta costruendo: «Il nuovo Piano nazionale infanzia adolescenza prevede molte azioni correlate ai maltrattamenti, a partire dalla costruzione di un sistema di monitoraggio attraverso i bilanci di salute pediatrici e la costruzione di un ecosistema dati su violenza assistita, agita e subita. E poi azioni per l’affido, per le condizioni di particolare fragilità in cui si richiede allontanamento temporaneo, con la finalità di tornare in famiglia, una volta corrette e riparate le fragilità. La famiglia va sostenuta, perché la questione si gioca lì fin dall’inizio: a questo scopo è pensato il Piano Famiglia, che ha lo scopo di ridare forza al nucleo familiare come agente educativo, anche con figure di sostegno alla genitorialità nei primi mille giorni».
La vera tragedia è che l’87% dei casi di maltrattamento avvengono nella stretta familiare ristretta. È urgente porre lo sguardo sulla famiglia. I nuclei familiari sono infragiliti da dinamiche complesse su cui dobbiamo porre l’attenzione. Le famiglie vanno supportate fin dalla gravidanza
Marina Terragni, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza
Investire sulla famiglia
Marina Terragni, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, ha così commentato l’indagine: «Questo tema ci è esploso tra le mani, tutti abbiamo preso consapevolezza del sisma che riguarda bambini e adolescenti. Questo tema è per sua natura bipartisan, per cui è impossibile consumare risse politiche. Dal mio punto di vista, oltre al fatto che i maltrattamenti sono in aumento, la vera tragedia è che, diversamente dalla logica dell’orco che sta per strada, l’87% dei casi di maltrattamento avvengono nella stretta familiare ristretta. È urgente porre lo sguardo sulla famiglia, che dagli anni Sessanta è stata oggetto di una critica serrata, anche legittima. I nuclei familiari sono infragiliti da dinamiche complesse su cui dobbiamo porre l’attenzione. Ieri ho avuto un lungo confronto con lo psichiatra Massimo Ammaniti, il quale mi ha confermato l’urgenza di sostenere le famiglie fin dalla gravidanza. Investire sui bambini significa avere un enorme risparmio di spesa sociale».
In questa video-intervista, le raccomandazioni dell’Autorità Garante:
Donatella Vergari, presidente di Terre des Hommes Italia: “Con questa Indagine consegniamo alle istituzioni uno strumento fondamentale affinché il nostro Paese possa costruire una risposta sempre più efficace e al passo con le avanguardie internazionali, contro la violenza a danno di bambini e bambine. A cominciare da azioni di rafforzamento del tessuto sanitario, educativo e sociale, per una più qualificata e pronta segnalazione delle vittime e per l’individuazione e accompagnamento delle fragilità genitoriali. Fattori imprescindibili di cui tenere conto in ottica di prevenzione del fenomeno.Questo strumento potrebbe essere più preciso e più continuativo qualora se ne facesse carico un’istituzione. Non lasciateci soli: noi e il Cismai ci siamo, la Garante ci sostiene, ma serve che qualche istituzione garantisca solidità e continuità all’indagine».
Ecco le raccomandazioni di Terre des Hommes, illustrate da Federica Giannotta, responsabile advocacy e programmi Italia:
Conoscere per agire
«In questi anni è maturata un’attenzione per dare risposta all’articolo 19 della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, che parla dell’essenzialità dei dati e su cui finora il nostro Paese è stato carente», ha commentato Marianna Giordano, presidente di Cismai.
«Trovo particolarmente importante che l’indagine abbia coinvolto tanti servizi sociali di tanti Comuni nella rilevazione: questo ha permesso di implementare un linguaggio comune rispetto ai maltrattamenti. Questa è una grande ricchezza che deve essere riconosciuta e valorizzata, perché so quanto sia faticoso per chi è in prima linea dedicare tempo alla raccolta dei dati. Se raffiniamo la conoscenza, dobbiamo però raffinare anche la cornice degli interventi: non possiamo assorbire il tema della violenza solo nella cornice degli interventi per infanzia e adolescenza. Serve un intervento istituzionale: la voce può essere più alta e forte grazie alla Garante, ma il Parlamento e il Governo devono garantire in tutto il Paese eguali diritti e opportunità ai bambini e alle bambine».
Foto di Carlo Lannutti/ Sintesi
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