Non profit
Beni confiscati, un boom di assegnazioni
Antimafia/ Che fine hanno fatto le proprietà sottratte ai boss? Ben 1796 destinazioni negli ultimi tre anni. Con un trend più che raddoppiato...
di Redazione
Un nuovo corso nella gestione dei beni sottratti alla criminalità organizzata. Calano considerevolmente le confische ma allo stesso tempo crescono in modo esponenziale le destinazioni, che solo negli ultimi quattro anni raggiungono quasi il 70% del totale. Si inverte dunque la tendenza che fino al 2002 aveva portato esclusivamente all?accumulo di migliaia di beni trascurando la fase di riutilizzo sociale. Così, se tra il 2002 e il 2005 i decreti di confisca emessi dalla magistratura arrivano a malapena a 376 (meno della metà del biennio precedente), nello stesso periodo i procedimenti di destinazione toccano cifra 1760. Un dato enorme se confrontato con le 2962 assegnazioni dell?intero decennio di attività della legge 109.
Record di assegnazioni
«In questi anni l?Agenzia del Demanio si è saputa riorganizzare riuscendo ad applicare efficacemente le direttive della legge », spiega Gianluca Faraone, dell?ufficio di presidenza nazionale di Libera e presidente della cooperativa Placido Rizzotto che lavora con i beni confiscati in provincia di Palermo. «Inoltre, la creazione di reti tra le realtà sociali operanti sul territorio ha dato una definitiva smossa alle procedure di destinazione, tanto che nel periodo considerato sono stati assegnati un numero altissimo di beni confiscati uno o due anni prima».
A beneficiarne sono state proprio le Regioni per definizione più colpite dal fenomeno mafioso. Ovvero Sicilia, Campania, Calabria e Puglia, che anche grazie all?attività di veri e propri consorzi tra comuni, sono riuscite a destinare circa l?80% di tutti i beni confiscati dal 2000 in poi in Italia. Attualmente sono sette i consorzi attivi o in fase di costituzione sul territorio, quattro in Sicilia nelle province di Palermo, Agrigento, Catania e Trapani, due in Campania nella provincia di Napoli e Caserta e uno in Calabria tra alcuni comuni della piana di Gioia Tauro.
In tutto una cinquantina di comuni, che sottoscrivendo apposite Carte degli impegni con i Prefetti, Agenzia del Demanio, Libera e Italia Lavoro, hanno investito sul riutilizzo imprenditoriale dei beni mediante concessione gratuita alle cooperative, per lo più sociali, di nuova costituzione. Il primo esempio – e finora quello più rappresentativo – è stato Sviluppo e Legalità che raccoglie otto comuni della Provincia di Palermo che è riuscita a rimettere in circolo quasi 500 ettari di terreno confiscati dando lavoro a più di decine di giovani in quattro cooperative diverse.
Destinati al 100%
«Il modello consortile da due vantaggi», dice Lucio Guarino, direttore del consorzio e ex segretario generale di San Cipiriello, uno dei comuni consorziati. «Uno politico, come diffusione di una nuova cultura della legalità e come creazione di potere allargato da contrapporre a quello mafioso, e uno economico perché si ha una visione di insieme del patrimonio per la gestione imprenditoriale di beni che, presi territorialmente, erano talmente esigui per estensione e valore da rendere difficile un loro riutilizzo. Con il consorzio invece siamo riusciti a destinare il 100% dei beni confiscati negli otto comuni e nello stesso tempo a sperimentare con successo l?aspetto occupazionale della destinazione, che nel testo della legge 109 non è ancora specificato».
Risultati resi possibili grazie alla specializzazione dei ruoli tra i soggetti coinvolti. «Scelti i ragazzi attraverso bando pubblico, Libera si occupa formarli e Italia lavoro di finanziare lo start up dell?attività», continua. «Le amministrazioni, invece, si impegnano a finanziare la formazione, concedere i beni alle cooperative costituite e fare opera di controllo e monitoraggio delle attività proteggendole da eventuali ripercussioni malavitose. è un forte lavoro di rete che è stato possibile anche grazie all?appoggio finanziario di Banca Etica con cui abbiamo aperto un fondo di 100 mila euro, con la garanzia di investimenti di 400 mila euro per ogni progetto avviato».
A fare da volano è stato, comunque, il Programma Operativo Nazionale per lo sviluppo della legalità nel Mezzogiorno, che grazie all?azione delle associazioni, ha promosso economicamente, oltre all’attività dei consorzi, numerosi progetti per il riutilizzo dei beni proprio nell’ottica di stimolo delle dinamiche di rete.
Ma non sempre la formula del consorzio riesce a risolvere facilmente i problemi di gestione dei beni. Nella disponibilità del Demanio rimangono ancora più di 3.500 immobili, molti dei quali patrimonio delle 444 aziende italiane confiscate e per la maggior parte da liquidare o in fallimento. Vere e proprie scatole cinesi costituite da piccole società riconducibili a uno stesso proprietario. Centinaia di appartamenti, locali e fabbricati gravati da numerose ipoteche e procedimenti giudiziari che «rendono praticamente inutilizzabili i cespiti», come spiega Enzo Ciconte, consulente della Consulta Antimafia calabrese e autore del rapporto presentato al Cnel. «Questo è uno dei problemi più seri, perché riuscire a recuperare i rami di azienda o a rilanciare le società ancora attive sarebbe fondamentale per lo sviluppo dell?occupazione soprattutto nel Mezzogiorno. Per fare questo, però, bisogna avere a disposizione finanziamenti anche per aiutare i giovani a iniziare o continuare attività imprenditoriali che spesso hanno bisogno dell’apertura di ingenti mutui».
Il caso Milito di Porto Salvo
In realtà, ad oggi solo poche Regioni si sono interessate al problema. La Calabria, per esempio. Che nel 2005 ha stanziato per legge un milione di euro per la contrazione di mutui con particolari istituti di credito. Ma ancora manca quella visione di sistema che invece è il fondamento della nuova Agenzia Cooperare con Libera Terra. Un?iniziativa che, nata dalla collaborazione di più di 50 soggetti di sviluppo imprenditoriale, si occuperà della fase di start up della nuove cooperative e attività aziendali. «Stiamo sperimentando nel comune di Milito di Porto Salvo in Calabria il primo regolamento che servirà agli enti locali per avere criteri certi e trasparenti di destinazione», annuncia Mimmo Cilione, responsabile della Calabria per Libera. «Il testo parla di assegnazione solo in caso di progetto con forte ricaduta occupazionale in relazione gli obiettivi di sviluppo delle politiche locali. Così si potranno superare gli spiacevoli casi di assegnazione arbitraria da parte degli amministratori e in alcuni casi il ritorno dei beni agli stessi malavitosi».
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