L’agguato. Silvio Berlusconi è stato aggredito alla fine di un comizio a Milano, in piazza Duomo. L’attentatore si chiama Massimo Tartaglia, ha quarant’anni ed è da tempo in cura per problemi mentali. L’uomo ha scagliato un souvenir che riproduce il Duomo verso la testa del presidente del Consiglio, da una distanza ravvicinata. Lo ha colpito sul naso e sulla bocca, rompendo il setto nasale, due denti e tagliando labbra e volto. Non ha esagerato il ministro dell’Interno, Maroni quando ha detto che sarebbe potuto morire. Solo 4-5 centimetri più in alto c’era la tempia del premier, un punto molto più vulnerabile. L’agguato è andato a buon fine proprio mentre Berlusconi salutava la folla, prima di salire in macchina. Tartaglia non è stato visto da nessuno anche perché si è seminascosto dietro a un’asta porta microfono e alla telecamera de La7. Per di più la telecamera a lui vicina teneva il faro acceso, per le riprese. «È come tirare un colpo di pistola con alle spalle il sole», ha spiegato una guardia del corpo. Quindi l’aggressore, sebbene piscolabile e isolato, è stato abilissimo a colpire nel momento giusto.
C’è un complotto dietro? Difficile crederlo se non si vuole essere paranoici. Certo c’è in rete chi lo sostiene, pensando che Berlusconi si sia colpito da solo per mettere in crisi l’opposizione; e c’è chi lo pensa all’interno del PdL, dove si teme che lo psicolabile sia il terminale di un’organizzazione. Va registrato però come un fatto degli ultimi mesi, e i fatti sono quello che sono anche quando mettono in crisi le nostre convinzioni, la presenza anomala degli apparati di sicurezza negli ultimi clamorosi casi della vita pubblica italiana. A vario titolo. Proviamo a fare i complottisti e mettiamoli in fila. Sarebbero esistiti senza servizi segreti, e le loro informazioni, i casi Noemi, D’Addario, Boffo, Marrazzo, fino alla morte di Brenda?
E tuttavia l’aggressione a Berlusconi arriva come conseguenza di un clima di scontro e violenza che è andato peggiorando. Molti sono stati i facili profeti di un’esplosione di acrimonia, che ha generato già preoccupazioni in chiunque pensi con la sua testa. Cosa non facile, ammettiamolo, in tempi di guerra. Il più testardo di tutti ad avvertire dei rischi incombenti è stato Giampaolo Pansa, che da qualche anno riflette su un’Italia incapace di convivere con se stessa. Forse è meglio ricordare i suoi articoli, visto che è uno che non ha mai votato né lodato Berlusconi. Basterà per far ragionare la destra e la sinistra, i fan, i faziosi, i commissari e gli agenti di qua e di là? Forse la follia oggi è davvero sperare che esista uno spirito italiano su cui far leva.
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