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Betancourt, la sua storia

La liberazione della Betancourt. Ritratto di una donna che non ha mai avuto paura di lottare per le sue idee e per la pace in Colombia

di Redazione

di Paolo Manzo

Ingrid Betancourt è libera e ha potuto finalmente riabbracciare Melanie e Lorenzo, i suoi due figli, dopo sei anni, quattro mesi e nove giorni. 55.656 ore senza vedere il suo sposo, Juan Carlos Lecompte, che l’ha sempre de?nita “una donna tutta d’un pezzo. È la stessa con la guerriglia o quando si riunisce con un presidente. Non cambia tono, né atteggiamento, né linguaggio”.

Ingrid Betancourt è stata liberata ieri a 400 chilometri da Bogotà da un’operazione dell’esercito colombiano e le sue prime parole sono state di ringraziamento verso tutti coloro che si sono mobilitati per lei, in America Latina e nel mondo intero.

Ingrid Betancourt era nelle mani delle Farc, las Fuerzas Armadas Rivolucionarias de Colombia, dal 23 febbraio 2002: 2.319 giorni, tre milioni e 339mila minuti. Un’in?nità, un triste record di durata nella sequela interminabile di sequestri di persona che – da oltre cinquant’anni, da quando nel 1948 fu ucciso Jorge Eliécer Gaitán – ?agellano la Colombia.

Ma chi è questa donna coraggiosa che oggi, finalmente, può tornare a respirare aria di libertà dopo un buco nero che l’aveva cancellata per oltre sei anni? Ingrid Betancourt nasce a Bogotá, il giorno di Natale del 1961, ?glia dell’ex ministro Gabriel Betancourt e dell’ex senatrice Yolanda Pulecio. Durante l’infanzia inizia una precoce formazione politica, ascoltando gli amici dei genitori discutere sul futuro del suo paese. Non si tratta di amici qualsiasi perché, nel ristretto circolo familiare dei Betancourt, ci sono presidenti ed ex presidenti colombiani, come Carlos Lleras Restrepo, Misael Pastrana Borrero e Virgilio Barco, ma anche ministri, artisti e poeti, come Pablo Neruda, Gabriel García Márquez e Fernando Botero. “È stato quest’ambiente a infondere dentro di me l’amore per la Colombia. Mi nascondevo in casa per ascoltarli ?no a notte fonda”, racconterà lei, anni dopo.
C’è una cosa che colpisce particolarmente in questa 47enne che sembrava destinata a una vita nell’alta borghesia e, invece, ha scelto la lotta senza compromessi per difendere i diritti del suo popolo: Ingrid è una donna che, in un paese tradizionalmente maschilista come la Colombia, riesce a salire alla ribalta dello scenario politico. Decisivi sono gli studi a Parigi, dove il padre Gabriel è ambasciatore presso l’Unesco, e che le trasmettono quella passione per i diritti, fondamentale per portare avanti le battaglie che la rendono celebre.

Internazionalmente riconosciuta perché incapace di “tenere la bocca chiusa”, rientra in Colombia alla ?ne degli anni Ottanta perché colpita dall’assassinio del candidato presidenziale Luis-Carlos Galan, considerato l’uomo del rinnovamento colombiano. La Betancourt denuncia da subito le collusioni tra politica, narcotraffico e corruzione. Anche per questo, probabilmente, avevano rapito lei. A 33 anni è già deputata e, quattro anni dopo, senatrice con il partito ambientalista da lei fondato, Verde Oxigeno, dopo aver abbandonato il Partito liberale: senza strutture ottiene 158.184 preferenze, il maggior numero mai raggiunto da un candidato.
La sua carriera politica è rapidissima, grazie al suo impegno paci?sta e alle battaglie contro la corruzione, ?no alla pubblicazione, nel 1996, del libro Si sabia (Se avessi saputo, ndr) sul ?nanziamento della campagna del presidente Ernesto Samper da parte del cartello di Cali. Nello stesso anno realizza uno sciopero della fame per protestare contro il controllo politico su una commissione d’inchiesta su un traffico d’armi. Si fa altri nemici. Fino a quando si presenta alle elezioni presidenziali del 26 maggio 2002, da cui uscirà trionfatore l’attuale presidente colombiano, Álvaro Uribe Vélez.
La Betancourt viene rapita tre mesi prima della data del voto, ma c’è un aspetto inquietante, ricordato dal marito di Ingrid, Lecompte, nel libro Buscando a Ingrid (Cercando Ingrid, ndr), che getta ombre pesanti su chi oggi, comunque, è stato l’artefice principale della sua liberazione, ossia l’attuale presidente colombiano. Durante la campagna elettorale del 2002, i due candidati, Betancourt e Uribe, s’incontrano nello studio della Radio Olímpica di Barranquilla, nel nord della Colombia. Dopo qualche minuto, la Betancourt chiede: “C’è un’accusa che da sempre pende su di lei come una spada di Damocle e c’è una domanda che molti vorrebbero farle, ma non hanno il coraggio: quali sono i suoi legami con i paramilitari?”. Ingrid ricorda a Uribe che “quando era governatore di Antioquia aveva creato i gruppi Convivir, organizzazioni di autodifesa contadina che poi si trasformarono in gruppi paramilitari, direttamente legati al narcotraffico e responsabili di molti massacri perpetrati contro la popolazione civile in quel dipartimento”.
Uribe perde il controllo, diventa paonazzo e inizia a urlare: “Lei non è nessuno per chiedere conto al sottoscritto”. In quel momento i corrispondenti del quotidiano britannico The Guardian (che accompagnano la Betancourt nella sua campagna elettorale) cercano di fotografare Uribe che, con gli occhi fuori dalle orbite, comincia a tirare pugni verso di loro. Dopo la pubblicazione del libro, Lecompte deve lasciare la Colombia per le minacce ricevute. Il sequestro della Betancourt avviene poche settimane dopo quello scontro verbale d’inaudita violenza.

Nei suoi sei anni di prigionia, Ingrid perde il padre, riceve la cittadinanza onoraria dal comune di Roma e di Bogotà, mobilita manifestazioni di piazza a Parigi, viene celebrata in mezzo mondo come la paladina dei diritti umani e della lotta alla corruzione.
Nessuno in Colombia e nel mondo l’ha dimenticata, nonostante i 2.319 giorni d’oscurità che l’hanno avvolta quel 23 febbraio 2002. 2.319 giorni d’oscurità da cui, ieri, è finalmente uscita, con un sorriso dolce stampato sul viso scavato, a causa della prigionia. Bentornata alla vita Ingrid!

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