Minori & Famiglia

Bibbiano, il tempo della responsabilità

Niente ladri di bambini, niente elettroshock, nessun "sistema Bibbiano" per togliere i figli alle famiglie e darli in affido a pagamento agli amichetti delle assistenti sociali, come sei anni fa strillava in favore di telecamere Giorgia Meloni. E adesso?

di Sara De Carli

Io me la ricordo quella mattina di giugno di sei anni fa in cui scoppiò il caso Bibbiano. Ero a un convegno sull’affido. Uscimmo ed era scoppiato questo cataclisma. “Angeli e Demoni”, chiamarono l’inchiesta, ma lo storytelling tanto dei media quanto della politica decise all’istante che di due poli non sapeva che farsene: troppo difficile abitare la complessità delle cose, meglio tenere un polo solo. Scelsero il secondo.

Il 4 settembre eravamo già in edicola con un numero di VITA intitolato “Affidi, parlano i ragazzi. Stateli ad ascoltare”. Lo lavorammo a luglio, nel pieno dell’onda. Francamente in quei giorni nessuno sapeva con certezza cosa pensare e in redazione non avevamo esperti di cronaca giudiziaria, ma una cosa – una – ci era chiara: se anche a Bibbiano ci fossero stati dei singoli che avessero commessi errori e reati, l’affido nel suo complesso era e restava uno strumento di tutela prezioso per tanti bambini e bambine. Mentre quello che stavano mettendo in scena, questo ci era chiaro fin da subito, era il tentativo di infangare tutto un sistema, di screditare gli operatori, di ammantare i servizi sociali e i Tribunali per i minorenni di sospetto e addirittura di dipingere le famiglie affidatarie come ladri di bambini. 

L’apertura di quel numero la firmai io e iniziava così: «La parola, di questi tempi, è pressoché indicibile. Per questo la scriviamo subito: l’affido, la comunità, l’allontanamento dalla propria famiglia, l’adozione… sono un’opportunità. Lo dicono gli operatori, pur schiacciati dalle difficoltà quotidiane. Lo affermano i ragazzi, come Carlo, 23 anni, che poche ore prima che scoppiasse lo scandalo sui servizi sociali della Val d’Enza, insieme ai ragazzi del Care Leavers Network (una rete nazionale che accompagna e sostiene quanti a “18 anni e un giorno” si ritrovano fuori dai percorsi di accoglienza, perlopiù in solitudine) parlando ai giudici, agli assistenti sociali, agli educatori ha detto: “Se oggi possiamo vivere una vita bella, è grazie a voi. Prima di incontrarvi una vita così non ce la immaginavamo”. La loro voce, nella bagarre mediatica di questi mesi, è stata colpevolmente silenziata, ma “mai come in questo momento è importante che venga ascoltata”, sottolinea Federico Zullo, presidente di Agevolando, fra i promotori del network: “C’è una distorsione strumentale della realtà e una rabbia incomprensibile contro i servizi. I ragazzi invece possono restituire la verità di un sistema che ha le sue falle ma che nel complesso funziona e che sarebbe folle smantellare”».

Ieri è arrivata dal Tribunale di Reggio Emilia l’assoluzione per 11 dei 14 imputati, tra cui la psicoterapeuta Nadia Bolognini. I dettagli li ha dati subito Giampaolo Cerri, in questa news. Le tre condanne (minime) riguardano fatti non inerenti agli affidi e hanno pena sospesa. In sei anni abbiamo imparato che su Bibbiano e sulla sua vicenda processuale la collega da leggere è Simona Musco, sulle colonne di Il dubbio. La sintesi quindi la lascio a lei: «Niente ladri di bambini. Niente elettroshock. Nessun sistema, né “metodi”. Crolla clamorosamente il teorema di Bibbiano. Nessun minore è stato allontanato ingiustamente dai genitori e non è stato instillato nessun falso ricordo per convincere i bambini di aver subito abusi». La sentenza di primo grado è arrivata dopo l’assoluzione in via definitiva per lo psicoterapeuta Claudio Foti (la commentammo qui con Luigi Cancrini). 

Perché citare quel numero di VITA oggi? Per ricordare che noi l’abbiamo scelto presto, da che parte stare? Non tanto e non solo. Perché i punti di forza di quel numero, che ancora lo rendono attuale, furono due: dare voce ai ragazzi e dare voce alla complessità. In quel caso alcuni ragazzi fuori famiglia, grazie alla rete delle “5 buone ragioni” scrissero cinque lettere ad altrettante figure chiave del sistema – il giudice, l’assistente sociale, l’educatore della comunità… – elencando quelli che a loro giudizio erano i punti critici del sistema. “Stateli ad ascoltare”. Facemmo rispondere a quelle lettere. Gli operatori, i professionisti, si misero in discussione. Senza difese aprioristiche.  Stateli ad ascoltare. Pure oggi.

Oggi l’avvocato Luca Bauccio, difensore di Nadia Bolognini e già di Claudio Foti (sul caso ha scritto Il Lupo di Bibbiano), ha auspicato che con questa assoluzione «i tanti operatori che, nei servizi sociali e come psicoterapeuti, aiutano i soggetti deboli nella cura del trauma possano tornare a prestare la propria opera nel rispetto dell’opinione pubblica e nella serenità di non doversi trovare coinvolti in gogne giudiziarie prive di fondamento». Già, perché quello è successo. 

Oggi Barbara Rosina, presidente dell’Ordine Assistenti Sociali, «a chi ha cercato di delegittimare il nostro lavoro» ha ricordato che «le scorciatoie ideologiche e gli attacchi generalizzati non fanno bene a nessuno, soprattutto alle persone che si rivolgono ai servizi per essere aiutate». Già, perché quello è successo.

Oggi Anna Guerrieri, presidente del Coordinamento Care, ha detto che «la campagna mediatica e politica che ha accompagnato il “caso Bibbiano” ha generato un clima di sfiducia diffusa nei confronti di chi si occupa di affido. Si è insinuato il sospetto che ogni intervento di tutela celasse intenti illeciti, interessi occulti o, peggio, un sistematico disegno di sottrazione dei minori alle famiglie. Una narrazione tossica e infondata. Come Coordinamento di associazioni familiari adottive e affidatarie non possiamo che esprimere una profonda preoccupazione per i danni, concreti e duraturi, che questa vicenda ha inflitto al mondo dell’affido e dell’accoglienza». Già, perché quello è successo.

Le conseguenze della delegittimazione dei servizi di tutela per i minori hanno nomi e volti precisi, quelli che abbiamo letto purtroppo in tanti – troppi – casi di cronaca. Quelli in cui dopo aver coltivato il culto degli allontanamenti zero e di “i figli sono miei e nessuno ci metta becco” a posteriori ci siamo chiesti sbigottiti “ma dov’erano i servizi sociali?”.

La politica e i media, cavalcando “il caso Bibbiano”, hanno sovvertito la centralità della tutela del minore nel welfare del nostro Paese. Hanno ucciso un immaginario intero, portandoci a vedere i servizi sociali come un elemento “della sinistra” e non come pilastro del Paese. Nel frattempo si moltiplicano gli allarmi su quanto, ogni volta che c’è di mezzo un tema di giustizia minorile, prevalga ormai uno sguardo adultocentrico. I diritti dei bambini sono passati in secondo piano, ammantati di grande enfasi ma secondari rispetto ai diritti degli adulti. I dati della Terza Indagine nazionale sul maltrattamento dei bambini e degli adolescenti in Italia, da pochissimo realizzata da Terre des Hommes e Cismai per l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, raccontano che i casi di bambini e adolescenti maltrattati sono 13 su mille: +58% in cinque anni. L’87% dei casi in famiglia. Dalle scuole arriva il 14% delle segnalazioni, mentre solo una segnalazione su 100 arriva dai pediatri. No, le mura domestiche non proteggono tutti i bambini e le bambine. No, non segnaliamo abbastanza, all’insegna del “non sono fatti miei” e “i figli ognugno se li educa come meglio crede”. C’è un post perfetto di Monya Ferritti, a commento dell’uccisione della piccola Andromeda e della sua mamma Anastasia, ritrovate poche settimane fa a Villa Pamphili, che dice quanto tutti siamo coinvolti con i nostri bias cognitivi e culturali che agiscono in modo sistemico, leggetelo se potete.

Questo è il tempo della responsabilità. La mia timeline sui social in questo momento è piena di richieste di scuse da parte di chi ha sfruttato politicamente la vicenda: Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Luigi Di Maio… furono tutti dalla stessa parte. Io me la ricordo la “squadra speciale” del ministro Alfonso Bonafede, quella attraverso cui – parole del pentastellato allora ministro – «tutti gli operatori dovranno sentire il fiato sul collo da parte della magistratura». Me la ricordo l’ennesima commissione d’inchiesta sui presunti illeciti e lucri delle comunità per minori e (novità) delle famiglie affidatarie: le ispezioni finirono con la rilevazione di inadeguatezze funzionali relative ai dispositivi antincendio o carenze manutentive. «In un solo caso, si è reso necessario interessare l’Autorità giudiziaria in merito alla posizione di due operatori, risultati essere in possesso di titoli di studio e abilitazioni non adeguate all’esercizio delle specifiche mansioni professionali cui erano preposti», si legge nella relazione.

Hanno ragione a chiedere le scuse di politici e giornalisti, ma lascio a loro. Tanto immagino che non arriveranno mai. Spero, invece, anzi chiedo alla politica una diversa assunzione di responsabilità nei confronti dei minori, delle famiglie vulnerabili troppo spesso lasciate sole e delle famiglie accoglienti, altrettanto troppo spesso abbandonate con la loro buona volontà a combattere con la complessità delle situazioni a loro affidate e con i mulini a vento di un sistema comunque imperfetto.

A noi cosa resta? Come ci diceva Luigi Cancrini, «Bibbiano è stata una battuta d’arresto, ma il coraggio di chi è capace di confrontarsi con la sofferenza dei bambini e di ascoltarla prevarrà. Questa è la sfida che abbiamo davanti». Ricostruire la fiducia nel sistema dell’accoglienza e dell’affido è un compito che ci riguarda tutti.

In cover, il collage pubblicato dal Cnoas nel suo post a commento della notizia dell’assoluzione degli imputati.

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