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Economia & Impresa sociale 

Bilancio sociale versione low cost

Il modello promosso dagli industriali di Bologna

di Christian Benna

La Csr riparte dai piccoli. Dai giovani e dal territorio. Dopo la grande crisi, che ha visto affogare uno dopo l’altro, il settore immobiliare, il bancario e oggi pure gli Stati sovrani con relative valute, la responsabilità d’impresa prova a uscire dal tunnel grazie alle Pmi. E lo fa da iniziative di “periferia”, come quella degli industriali under 40 di Bologna, che testardamente hanno inserito nelle linee guida dell’associazione per il prossimo triennio la Csr come leva di sviluppo. Compito non facile, inedito di questi tempi e pure coraggioso. L’incarico controcorrente spetta ad Andrea Paladini, neopresidente dei giovani industriali bolognesi, un imprenditore che ancora crede nell’equazione “etica e profitto”. Un bilancio sociale è una bella cosa. Aiuta a mettere nero su chiaro i rapporti di un’impresa con i propri stakeholder, l’impatto ambientale, politiche aziendali di genere e così via. Ma costa. E pure tanto, tra 10 e 20mila euro, decisamente troppo per le casse di una piccola impresa che fatica di suo a tirare avanti.
Allora i giovani industriali bolognesi si sono inventati un bilancio sociale a portata di tutti, per tutta la filiera produttiva del territorio. Un’operazione trasparenza che per ora gira in via in sperimentale tra la contabilità di sette imprese, di diversi settori merceologici. Si parla di autocertificazione, di bilancio sociale quasi come momento di autoconoscenza in cui l’imprenditore scopre vizi e virtù della sua azienda. «Bisogna ripartire da un capitalismo di persone», afferma Paladini, classe 1972, marketing manager in Emmecipi studio, azienda di lingerie e beachwear fondata dal padre Gianantonio. «Abbiamo tarato un sistema di rendicontazione sociale che le imprese possono compilare da sole e incominciare così un primo cammino low cost nella Csr, che sarà poi affiancato da società di consulenza esterna». Il progetto intende prendere le distanze dall’uso e dall’abuso dei bilanci sociali come strumenti di marketing aziendali, di greenwashing, per porsi invece il traguardo di diventare una leva di crescita economica e sociale. Come? «Innanzitutto in una logica di filiera, di consapevolezza dei propri stakeholder, fornitori e non solo. E anche nell’ottica di migliorare l’accesso al credito. In un periodo in cui ottenere finanziamenti è sempre più difficile, la Csr può essere un elemento in più per valutare la solidità e la maturità di un’impresa».
Il modello lanciato dai giovani industriali di Bologna ha ancora strada da fare. Intanto viaggia spedito verso Bergamo, dove l’associazione degli imprenditori under 40 vuole replicare il progetto per le Pmi locali. E chissà se un giorno se ne accorgeranno anche nei palazzi romani, per offrire un strumento a basso costo a tutte le Pmi…


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