Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Cooperazione & Relazioni internazionali

Bimbi da guerra usati per uccidere

A soli nove anni, Masseh sapeva già come terrorizzare i nemici. Con un gruppetto di piccoli guerriglieri andava in giro mozzando gambe e braccia. Così gli avevano insegnato. Ma ora la guerra è finita

di Giacomo Ratti

«Preferisci una camicia con le maniche lunghe o corte?». A Masseh brillavano gli occhi, quando fermava qualcuno per le strade di Makeni e gli rivolgeva questa domanda. Una domanda ben strana, dato che Masseh non è un sarto e soprattutto dato che ha solo nove anni. Eppure a chi lo incontrava cominciavano a tremare le gambe. Perché quel bimbetto esile e seminudo maneggiava un enorme machete rugginoso, e perché era spalleggiato da una decina di altri negretti armati fino ai denti. «Allora, maniche lunghe o maniche corte?». Non c?era scampo: in base alla risposta gli assatanati guerriglieri-bambini amputavano la loro vittima all?altezza del polso o all?altezza del gomito. Non c?era scampo. Perché se un bambino di sette, otto, nove anni è di solito innocuo per un adulto, se con un machete in mano può già diventare pericoloso, mettetelo assieme ad altri dieci o venti e non riuscirete più a tenergli testa. Neppure se foste Indiana Jones. Una guerra ben strana e tremenda, quella che negli ultimi dieci mesi ha insanguinato la Sierra Leone, e che solo adesso – con il ritorno del legittimo presidente Ahmed Tejan Kabbah dall?esilio – sembra lasciar intravvedere una fine. In Angola, in Cambogia, in Afghanistan si vedono circolare decine di persone senza gambe, vittime delle insidiose mine antiuomo disseminate nei campi. Qui invece, ovunque giri lo sguardo, scorgi uomini e donne senza mani o senza braccia, vittime di una mina ancor più pericolosa: l?odio disseminato nei cuori e nelle menti di giovanissimi guerriglieri addestrati a uccidere sin dall?età delle elementari e, a volte, persino da quella dell?asilo. In Sierra Leone negli ultimi anni almeno cinquemila bambini (su ottocentomila) sono stati obbligati a impugnare le armi. Rapiti dai ribelli del Fronte rivoluzionario unito (Ruf) cui serviva rafforzare il loro esercito per riuscire a prendere il potere e poi, dopo il golpe con cui il 25 maggio scorso il maggiore Johnny Paul Koroma aveva cacciato il presidente Kabbah, per conservarlo. Si è calcolato che almeno il 25 per cento dei miliziani del Ruf era formato da ragazzini. Oggi per il piccolo Masseh Moganki tutto questo sembra finito, ma solo in apparenza: come per un film horror visto alla sera prima di andare a letto, l?incubo non può cessare da un momento all?altro. Soprattutto se nell?ultimo anno hai fatto da capo a molti di quei bambini. Sì, perché Masseh, a nove anni, ormai non era più una recluta da addestrare ma un professionista della guerriglia, con cinque anni di esperienza dietro le spalle. Quando fu assoldato a forza, infatti, Masseh di anni ne aveva solo quattro. I rivoltosi del Ruf allora stavano alla macchia e avevano bisogno di un cuoco-lavandaio. Che intanto poteva guardare e imparare, dimenticare i suoi genitori e stringere legami indissolubili con la sua nuova ?famiglia?. A mano a mano che cresceva, Masseh cominciò a maneggiare armi sempre più pesanti, sempre più pericolose. Finché divenne abbastanza robusto da poter imbracciare un machete: fu allora che i suoi capi gli insegnarono come tagliare una gamba con tre o quattro colpi ben assestati: zac, zac e zac, e l?arto di un nemico cadeva come la zampa di un orsacchiotto di peluche maltrattato da un bambino. Solo che Masseh non aveva mai avuto orsacchiotti, così come non aveva mai giocato alla guerra: lui la guerra cominciò subito a farla davvero. «Poco dopo averci catturati, ci insegnarono le tecniche della guerriglia», racconta oggi Masseh. «Imparammo anche come tagliare gole o cavare occhi, come torturare i nemici catturati. Non potevamo rifiutarci, altrimenti…», e Masseh fa scorrere un dito sul pomo d?Adamo, con un gesto che fa venire i brividi. Adesso, dopo che la settimana scorsa le truppe nigeriane hanno messo in fuga i ribelli del Ruf, consentendo il trionfale ritorno del legittimo presidente Kabbah, migliaia di bambini e ragazzini ex guerriglieri vagano senza meta fra le baracche di Makeni e la vicina boscaglia. Non hanno più la loro ?famiglia?, e nel frattempo hanno dimenticato i loro veri genitori. Com?era accaduto anche in passato, in occasione di tregue fra governativi e guerriglia, i ragazzi guerrieri diventano bambini di strada (solo nella capitale Freetown se ne contano tremila). Solamente la Chiesa cattolica e organismi internazionali come l?Unicef si occupano di questi bambini senza radici e senza futuro: migliaia di loro sono seguiti in un campo di recupero sponsorizzato dall?Unicef a Jui, trenta chilometri a est di Freetown. Il piccolo Masseh invece ha trovato rifugio nel centro pastorale della diocesi di Makeni, retta dal vescovo saveriano Giorgio Biguzzi, originario di Cesena. Qui un missionario italiano, padre Vittorio Bongiovanni, si è assunto l?arduo compito di dare un?identità a questi ragazzini-assassini espropriati della loro infanzia ma anche della loro umanità. Si tratta anche di sottrarre questi bambini alla vendetta dei familiari delle loro vittime. Masseh e i suoi 290 compagni infatti per mesi hanno spadroneggiato in città, incendiando le case e depredandole di tutto quanto trovavano. Pretendere che gli abitanti di Makeni perdonino e dimentichino, forse è cosa impossibile. Anche per chi, come i missionari cattolici, è sempre stato dalla parte delle vittime. «Non è che vogliamo dire alla gente che il male è bene, che questi bambini hanno fatto bene a uccidere e a storpiare», dice padre Bongiovanni. «Il male è male. Però questi sono solo bambini, bambini che hanno bisogno di essere accolti e abbracciati. Perché la salvezza è possibile per tutti. Questi bambini sono essi stessi delle vittime. Le prime vittime della guerra nella Sierra Leone». Minorenni impegnati in 32 conflitti. Così risulta dall?annuale rapporto di Rådda Barnen (sezione svedese di Save the Children) sui bimbi guerrieri. Addirittura, in 24 conflitti combattono bambini sotto ai 15 anni (cosa proibita dalla Convenzione di Ginevra), in alcuni casi addirittura di 7-8 anni. Secondo l?Onu, i piccoli combattenti sono più di 50 mila, tra cui anche ragazze, che se la passano peggio perché schiave dei maschi, che le violentano o le utilizzano in missioni suicide. La lista completa dei fronti comprende i seguenti 32 conflitti: Afghanistan, Albania, Algeria, Angola, Birmania, Burundi, Cambogia, Colombia, Congo Brazzaville, Congo Kinshasa, Etiopia, Filippine, Guatemala, Indonesia (Timor Est), India (Kashmir), Iraq (Kurdistan), Israele (Territori occupati), Libano, Liberia, Messico, Papua Nuova Guinea, Perù, Russia (Cecenia), Ruanda, Sierra Leone, Somalia, Sri Lanka, Sudafrica, Sudan, Tagikistan, Turchia (Kurdistan), Uganda. Ecco le situazioni più tragiche. Afghanistan Nel luglio scorso i talebani hanno arruolato migliaia di volontari provenienti dalle scuole islamiche afghane e pakistane. In gran parte minorenni subito andati al fronte con il Corano registrato su un walkman. E subito massacrati dalle esperte milizie del generale Massud. Algeria Il giornalista di Newsweek Mark Dennis s?è introdotto in incognito in un campo dell?Armata islamica di salvezza, dove ha visto ragazzi «dell?apparente età di 15 anni». «Due di loro dissero di essere degli assassini», racconta Mark Dennis. «Uno mi raccontò di aver ucciso sette uomini nei giorni delle elezioni. Non ne dubitavo: la sua religione gli vieta di mentire». Cambogia Dopo il colpo di stato di luglio, teenagers hanno partecipato agli scontri da ambo le parti. Tutti hanno già lunga esperienza di guerra. «Non ho paura», ha raccontato a un giornalista Sot Kream, un ragazzo che dimostrava meno dei 16 anni che diceva di avere. «Ho sempre fatto il soldato, non ricordo un?epoca in cui facessi altro. I miei genitori sono morti cinque anni fa. Sarei morto di fame se non avessi avuto l?esercito. È la mia famiglia». Colombia Secondo le ong, nella guerra civile l?esercito schiera 4.000 ragazzi, i guerriglieri del Farc e dell?Eln 2.000, i gruppi paramilitari di destra 1.000. Congo (ex Zaire) Nell?esercito di Kabila, presidente della Repubblica democratica del Congo (ex Zaire), militano 18 mila bambini. Lo ha denunciato l?Unicef che ha rivolto un appello per raccogliere i 3,6 milioni di dollari necessari al programma di smobilitazione per il 1998. I ragazzini erano stati reclutati nell?Est del Paese dove nell?ottobre ?96 partì l?offensiva che rovesciò Mobutu. Iraq Migliaia di bambini fra i 10 e i 15 anni hanno superato un corso di addestramento militare in cui hanno appreso come usare pistole, mitragliatori e granate. Il corso, chiamato ?I giovani di Saddam?, si è svolto in 14 campi. Il comandante di quello di Baghdad, il colonnello Riza Mezal Hamd, ha dichiarato a un giornale iracheno che «alcune famiglie avevano cercato di mandare anche i loro figli di età inferiore ai dieci anni, ma noi li abbiamo rifiutati perché troppo giovani». Liberia In un anno sono stati disarmati 4.000 bambini. Il britannico ?Save the Children Fund? ha avviato un programma di educazione di base, nell?attesa che siano rintracciati i genitori. Perù C?erano anche alcuni minorenni tra i terroristi dell?Mrta asserragliatisi nell?ambasciata giapponese di Lima, nell?aprile 1997. Un giornale peruviano ha raccontato che al blitz dei corpi speciali le due ragazze del commando urlarono: «Ci arrendiamo, ci arrendiamo!». Ma furono uccise subito. I due ribelli più giovani (di cui uno minorenne) furono girati con la faccia contro il muro e freddamente giustiziati. Ruanda Per tagliare le spese militari, l?estate scorsa il governo ha smobilitato 2.900 bambini. Milleduecento sono stati riuniti alle loro famiglie, mentre gli altri ricevono educazione dall?Unicef in vista del loro reintegro nella vita civile. Sudan In ottobre scorso il governo di Khartoum ha avviato una campagna per reclutare 4 milioni di ragazzi di 16 e 17 anni da utilizzare contro la guerriglia nel Sud. Il ministro della Difesa, Marouf, ha messo in guardia i genitori che volessero nasconderli: «Chi non assolverà al servizio militare non potrà andare all?Università né all?estero, né potrà svolgere attività commerciali». Ong hanno riferito che scolaresche, inviate al fronte con solo tre settimane di addestramento, sono state massacrate al completo. Uganda Da tre anni i guerriglieri del Lord Resistance Army (Lra) rapiscono i bambini per rifornirsi di ragazze da stuprare e di soldati da addestrare in Sudan. Sarebbero 10 mila i bambini rapiti e altrettanti quelli uccisi. Ragazze e ragazzi vengono anche venduti in cambio di armi. Il 1° marzo l?esercito ha ucciso per errore in un?imboscata 30 dei 60 bambini che erano stati rapiti a fine febbraio a Kitgum: i guerriglieri li avevano mandati a cercare acqua.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA