Welfare
Caro cibo: adesso gli italiani preferiscono le patatine fritte alla pasta al pomodoro
Risultato: aumentano i problemi alimentari. Lo sostiene il Wall Street Journal, numeri alla mano. Vita.it pubblica la traduzione del servizio. Intanto prosegue il vertice Fao
di Redazione
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Coldiretti allarme giustificato dal calo dei consumi nei prodotti della dieta mediterranea
L?allarme lanciato dal Wall Street Journal è giustificato dal fatto che a fronte di una sostanziale stagnazione dei consumi alimentari familiari si registra un vero crollo per il pane (- 5,5 per cento), la pasta (- 2,5 per cento) e le verdure (- 5,5 per cento). E? quanto afferma la Coldiretti nel commentare l?articolo del Wall Street Journal Europe che in prima pagina titola ?Arrivederci penne ? L?aumento dei prezzi ha effetto sulla dieta degli italiani? nel quale, nel giorno di apertura del Vertice della Fao, si sottolinea che ?l?aumento dei costi di pasta, pane, frutta e verdura stanno rendendo difficile a milioni di famiglie italiane a basso reddito la dieta mediterranea in un paese orgoglioso della propria cucina squisita e salutare?.
Secondo il prestigioso quotidiano gli italiani piu? poveri – rileva la Coldiretti – stanno cominciando a mangiare sempre piu? come gli americani con prodotti trasformati a buon mercato e ricchi di grassi, zucchero e sale. La pasta al pomodoro sta perdendo terreno rispetto alle patatine fritte e il livello ridotto di obesità tra gli italiani sta crescendo tra i giovani.
Vita sedentaria, madri lavoratrici, famiglie divise e la spinta dalla cultura americana del fast food secondo il quotidiano hanno contribuito – riferisce la Coldiretti – al cambiamento della dieta che ora è influenzata dalla spirale dell?aumento prezzi che rischia di favorire un ulteriore aumento dei casi di obesità.
In Italia – sottolinea la Coldiretti – sono 7,5 milioni gli italiani che vivono in situazione di povertà relativa sui quali pesano maggiormente gli effetti del caro prezzi. L’aumento ? precisa la Coldiretti – incide sopratutto sugli anziani e sulle famiglie numerose con le coppie con tre o piu’ figli e le persone con piu’ di 64 anni da sole o in coppia che destinano ben il 21,9 per cento della spesa complessiva agli alimentari.
Si tratta di segmenti della popolazione – precisa la Coldiretti – particolarmente sensibili agli effetti dell’inflazione dalla quale ci si attende nel 2008 un forte aumento dei 467 euro al mese che mediamente ogni famiglia italiana destina alla spesa alimentare. Le principali voci di spesa alimentare – rileva la Coldiretti – sono nell’ordine la carne per 106 euro, la frutta e gli ortaggi per 84 euro, il pane e la pasta per 79 euro e il latte, le uova e i formaggi per 64 euro.
Pane, pasta, frutta, verdura, extravergine e il tradizionale bicchiere di vino consumati a tavola in pasti regolari hanno consentito agli italiani – sottolinea la Coldiretti – di conquistare fino ad ora il record della longevità con una vita media di 78,6 anni per gli uomini e di 84,1 anni per le donne, nettamente superiore alla media europea.
Ma il crollo del 20 per cento nei consumi familiari di frutta e verdura avvenuto negli ultimi cinque anni, con una tendenza all’abbandono dei principi della dieta mediterranea, soprattutto nei giovani, stanno mettendo a rischio la salute. I ragazzi di questa generazione per la prima volta nella storia, secondo l’allarme lanciato dal Congresso Internazionale sull’Obesità di Sidney in Australia, potrebbero essere i primi ad avere una vita piu’ breve dei propri genitori proprio per colpa delle malattie causate dall’obesità e dal soprappeso che interessano in Italia – continua la Coldiretti – un terzo dei bambini.
Per favorire la ripresa dei consumi al giusto prezzo, nel documento predisposto dalla Coldiretti per la prossima legislatura è stato fissato l’obiettivo di realizzare almeno un farmers market (mercato esclusivo degli agricoltori) per ogni comune italiano per la vendita diretta e senza intermediazioni dei prodotti. Contro il caro alimenti e per favorire il consumo di prodotti locali tipici della tradizione alimentare nazionale nel 2008 – conclude la Coldiretti – è entrato infatti in vigore il Decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.301 del 29 dicembre 2007, fortemente sostenuto dalla mobilitazione della Coldiretti, che dà la possibilità di avviare mercati gestiti dagli agricoltori in tutti i Comuni, localizzati anche in zone centrali e con frequenza giornaliera, settimanale o mensile a seconda delle esigenze.
Dal Wall Street Journal Europe
Traduzione a cura di Riccardo Bianchi
Oggi a Roma le Nazioni Unite ospitano un summit globale per discutere della crisi dei prezzi alimentari che ha scatenato rivolte nei paesi poveri e rovesciato il governo di Haiti. Ma la terra dei saltimbocca alla romana ha problemi con i suoi stessi alimenti.
E questi stanno colpendo Ernesta Santirocco, la quale protesta che la sua pensione di 678 dollari (440 euro) non basta più per coprire i prezzi crescenti della pasta. Lasciando uno dei discount tedeschi Lidl, drogherie riempite con cibi poco costosi e trattati, nota, non molto fieramente, che la sua borsa della spesa contiene “schifezze”.
Sono anche poco sani. I prezzi crescenti di pasta, pane, frutta e vegetali stanno rendendo la famosa dieta mediterranea italiana più dura da potersi permettere in un paese che si vanta per la sua cucina salutare. Gli italiani cenano sempre più spesso con alimenti di basso costo e molto trattati, pieni di grassi, zuccheri e sale. La consumazione di questi cibi può accelerare il trend verso livelli più alti di diabete e cardiopatie e, allo stesso tempo, aumentare ancora i già alti costi per una buona salute.
Alcuni, notando che negli Stati Uniti e in Europa i casi di obesità sono cresciuti tra le famiglie con bassi stipendi, si preoccupano che poche persone possono permettersi frutta e verdura, che aiutano ad avere una salute migliore. Tra i prezzi dei ben, questi alimenti freschi sono più suscettibili a crescere, così come l’energia, che rappresenta una più piccola percentuale dei costi dei cibi trattati.
“Il trend globale sta facendo crescere i prezzi della frutta e della verdura fresca rispetto ai cibi trattati”, afferma France Caillavet, nutrizionista all’Istituto Nazionale per la Ricerca Agricola di Parigi. Anche in Francia, ha detto, «molte famiglie povere oggi non si possono permettere una dieta sana».
In Italia i prezzi del cibo sono saliti del 5,7% in un anno, incluso il 7% dei prezzi della frutta e il salto del 20% della pasta ? all’incirca tanto ripido quanto il 26% dell’aumento del costo della benzina. Secondo uno studio della confederazione italiana dell’agricoltura, dal 2006 sei famiglie su dieci in Italia hanno dovuto ridimensionare i loro pasti in risposta alla crescita dei costi dei prodotti freschi.
La gente non muore di fame in Italia, né scatena rivolte. Ma, secondo i nutrizionisti, gli alti prezzi stanno lentamente accelerando una problematica tendenza in campo sanitario. Oltre il 12% degli italiani adulti era obeso nel 2005, in base alle ultime stime disponibili dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. È molto lontano rispetto al numero di obesi degli Stati Uniti, che supera il 30%, ma è più alto rispetto al circa 7% che si registrava in Italia dieci anni prima. E l’ultima stima dell’OMS precede la recente impennata dei prezzi alimentari.
Mentre la pasta al pomodoro perde terreno contro le patatine fritte, il basso livello dell’obesità che si registrava in Italia sta salendo tra i bambini. Circa l’1% dei preadolescenti è oggi in sovrappeso o obeso, e ciò li rende, secondo i ricercatori dell’Unità Internazionale per la Lotta all’Obesità, i più grassi d’Europa.
«Dieci anni fa l’obesità era rara; oggi sta aumentando in tutti i gruppi» dice Pietro Antonio Migliaccio, il più conosciuto tra i dietologi italiani, che appare spesso in TV invitando gli italiani a ritornare verso le ricette tradizionali. Dieci anni fa alla clinica del professor Migliaccio le bilance più pesanti per pesare i suoi pazienti arrivavano soltanto ai 100 chili. Oggi le bilance arrivano ai 250.
Negli ultimi anni lo stile di vita sedentario, le madri lavoratrici, il frantumarsi delle famiglie e il richiamo della cultura americana del fast-food hanno contribuito ad allargare il girovita nei negozi del Sud Europa. Oggi i crescenti prezzi del cibo stanno portando le persone a cambiare le proprie diete e, secondo il professor Migliaccio, si aggraverà il problema dell’aumento dell’obesità se i prezzi rimarranno alti. «La dieta mediterranea è ancora la miglior risposta contro l’aumento di peso, i disturbi cardiovascolari e l’invecchiamento»
Il messaggio rischia di rimanere inascoltato a causa dei costi alti, ma anche del cambio culturale. Al supermercato Pewex, nella periferia lavorativa di Roma, Emanuela Lo Giudice riempie il suo carrello con cose convenienti e bottiglie di Coca-Cola da un litro e mezzo. «Sto prendendo tutto ciò che è in offerta speciale», dice una donna, madre di quattro bambini. Frutta fresca e verdura non trovano più molto posto nelle cene che prepara, pesando troppo sul suo salario di meno di 1900 dollari (1200 euro) al mese. «È assurdo che costino così tanto»
Il commercio della coloratissima frutta e della verdura di Roma è in stallo e altri negozi specializzati in prodotti freschi, come pane e pesce, stanno diminuendo le vendite. «La gente non fa più la spesa pensando alla qualità» dice Carlo Pompei, che gestisce un negozio di frutta e verdura in un quartiere del centro storico.
Negozi come i Lidl hanno cibi relativamente freschi, ma danno molto spazio a bibite, patatine e altri alimenti ricchi di calorie ma con un basso livello nutrizionale.
La Chiesa Cattolica si sta muovendo per andare in soccorso dei romani e della dieta mediterranea. In Maggio, l’organizzazione di assistenza della Chiesa, la Caritas, ha aperto un supermercato “pilota” della carità. I clienti ricevono un numero di gettoni proporzionato al proprio reddito con cui possono pagare cibi e bevande. La Caritas normalmente serve i senzatetto di Roma, i malati mentali o gli alcolizzati senza soldi. Nella sua città la chiesa non ha più dovuto sfamare le famiglie con bassi redditi dai tempi della Grande Depressione.
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