Non profit
Caro non profitdevi impararela lingua del “vas”
Verso bertinoro Quest'anno a tema la qualità. Parla Zamagni
di Redazione
Qualità e valore nel terzo settore. Ovvero come il non profit, migliorando le sue prestazioni, possa accrescere l’efficacia del suo intervento a favore della società. È questo il tema dell’ottava edizione delle Giornate di Bertinoro per l’economia civile, un appuntamento fondamentale (prendete nota: il 10 e 11 ottobre) per comprendere le mosse prossime venture che il terzo settore potrebbe fare. Con un obiettivo molto chiaro, come spiega Stefano Zamagni, presidente della Commissione scientifica di Aiccon: «Al grande riconoscimento e apprezzamento del ruolo del terzo settore in Italia non corrisponde una misurazione del Vas, ovvero il valore aggiunto sociale che produce». E questo, aggiunge il professore, ha ricadute negative sulla sua capacità di contribuire all’evoluzione del nostro sistema di welfare: «Tale lacuna poteva essere accettata fino a quando le organizzazioni del terzo settore svolgevano prevalentemente una funzione di advocacy e counselling».
Vita: Invece oggi?
Stefano Zamagni: Non è più tollerabile. Basti pensare a quanti posti di lavoro creano le cooperative e le imprese sociali, le fondazioni o le associazioni di promozione sociale: sono entrate nella sfera economica, producono beni e servizi. E dunque avrebbero tutte le carte in tavola per dare un contributo significativo. Il paradosso è che mentre il profit già da alcuni anni ha avviato metodologie pratiche per valutare il Versi, cioè il valore economico della responsabilità sociale dell’impresa, le realtà non profit, che sono più importanti generatrici di Vas, non lo fanno.
Vita: È il tema di Bertinoro, appunto…
Zamagni: Nel penultimo numero di Communitas compare, tradotto, lo studio di Demos sui bilanci personalizzati; sappiamo che il ministro inglese del non profit ha annunciato che ad ottobre verrà costituito un dipartimento specifico che lavorerà in questa direzione. Il non profit italiano è pronto per diventare il “settore civile”, la “terza gamba” accanto a Stato e mercato, ma bisogna che si attrezzi adeguatamente. La gente oggi si chiede quale sia il suo valore aggiunto. Mettersi in grado di dare una risposta a questa domanda vuol dire diventare davvero il settore civile di una società a tre settori. Per raggiungere questo obiettivo, occorre stimolare un dibattito ed è questo lo scopo delle Giornate. La sfida è diffondere una coscienza all’interno del terzo settore e confrontarsi su come procedere. Se vogliamo che si affermi l’idea di un’autonomia e indipendenza del terzo settore, come tutti dichiarano, è inevitabile che si vada in questa direzione, altrimenti rimarrà una forma di parastato o un’espressione marginale della società.
Vita: Siamo in un momento in cui, più che di qualità, si parla di tagli?
Zamagni: La parola d’ordine – e lo vediamo in questi giorni – è tagliare, ma non si tratta dei rami secchi, bensì di quelli vitali, come la sanità e l’università. Dobbiamo attrezzarci di fronte alla prospettiva che nei prossimi anni una fetta rilevante dei servizi alla persona dovrà essere gestita dal terzo settore. Ma questo non potrà avvenire se non ci sarà una adeguata misurazione del valore che è in grado di produrre. Fin qui il non profit ha lavorato su commissione. Bastava seguire le regole del capitolato d’appalto. Nel momento in cui si va verso l’assunzione di responsabilità diretta, questo non basta.
Vita: Ma il mercato sociale premia la qualità?
Zamagni: Il problema è che non siamo in grado di mostrare quanto bene fa, e il mercato a quel punto tende a preferire i soggetti che fanno i prezzi più bassi ma questo è l’effetto e non la causa. La domanda c’è, solo che è potenziale, per farla diventare effettiva bisogna dimostrare il valore del terzo settore. Si guardi il biologico: si pensava che a causa dei prezzi più alti non avrebbe avuto successo. Invece è un mercato che è esploso perché si è dotato di specifici strumenti di certificazione.
Vita: Di quali strumenti dotarsi?
Zamagni: Le conoscenze tecniche le abbiamo, ma bisogna modificare le mappe cognitive dei dirigenti: la leadership attuale è agganciata alla logica del tertium. Invece ci sono esperienze in atto che dimostrano che ci si può muovere secondo le proprie specificità: Italia lavoro, ad esempio, ha prodotto un bilancio sociale con un algoritmo con cui procede alla misurazione del Vas. È stato diffuso anche in sede europea. La stessa cosa deve fare il terzo settore. Oggi non ha strumenti di misurazione adeguati solo perché nessuno ha cominciato, c’è stata una pigrizia allucinante. Non possiamo pensare che siano gli altri a fornirceli, lo devono fare i soggetti non profit. Proprio per questo hanno senso le Giornate di Bertinoro.
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