Non profit

Cassese: «Ma nessunoarresterà mai Bashir»

Corte penale Parla il grande giurista che indagò in Darfur per conto dell'Onu

di Redazione

Licenziate quel procuratore. Si capisce che vorrebbe quasi dirlo, Antonio Cassese, se non ci fosse in gioco molto di più. Il 15 luglio Luis Moreno-Ocampo, procuratore della Corte penale internazionale, ha chiesto il mandato d’arresto per il presidente del Sudan, Omar al-Bashir. Dieci i capi di accusa contestati per il conflitto in corso dal febbraio 2003 nella regione del Darfur. «Chiariamo. Mi sembra molto giusto incriminare al-Bashir, perché ha ordinato e pianificato crimini gravissimi», spiega il giurista che nel 2004 era stato nominato da Kofi Annan presidente della Commissione internazionale di inchiesta dell’Onu sui crimini nel Darfur. «La cosa strana è che si sia seguita una procedura che non potrà portare Bashir all’arresto effettivo».
Vita: Eppure questa richiesta d’arresto è un esito anche del suo lavoro. Fu lei, nel 2005, a presentare all’Onu gli esiti dell’indagine sui crimini commessi in Darfur?
Antonio Cassese: È vero. Noi abbiamo chiesto al Consiglio di sicurezza dell’Onu di deferire il caso al Tribunale penale internazionale e devo dire che, malgrado le esitazioni di Cina, Russia e Usa, c’è stata questa decisione, grazie anche alla posizione presa da Condoleeza Rice che ha fatto da mediatrice, parlando a lungo con i ministri degli Esteri francese e inglese, tanto che alla fine gli Usa non hanno posto il veto. Noi speravamo che la Cpi incriminasse subito i maggiori dirigenti del governo sudanese, invece il mandato d’arresto è stato spiccato solo per due personaggi minori e poi le cose si sono arenate, a causa del procuratore. Ad andare avanti è stato l’Alto commissario per i diritti umani, Louise Arbour, che già nel 2004-2005 ci aveva agevolato nell’inchiesta, e poi ha continuato a fare dei rapporti regolari sulle violazioni commesse nel Darfur, inviando fino a cento esperti di diritti umani in uno stesso periodo che hanno aggiornato il nostro rapporto.
Vita: Ora cosa sta succedendo?
Cassese: Il procuratore della Corte penale ha preferito rendere subito pubblica questa sua richiesta di arresto, prima ancora che venga accettata – se verrà accettata – dai giudici della Cpi, prima quindi che venga emesso il mandato di cattura. E questo suscita delle perplessità.
Vita: Quali?
Cassese: È chiaro che l’arresto non ci sarà mai.
Vita: Non può esserci un altro effetto, sul piano politico?
Cassese: Perché un mandato di cattura abbia un significato extragiudiziario – cioè riesca a delegittimare un leader politico e militare – bisogna che le prove siano molte e convincenti. Spero sia così. Il procuratore non è mai stato in Darfur. È andato in Sudan e ha raccolto testimonianze a Karthoum, ma non ha mai intervistato le vittime sul posto. Se malgrado ciò le prove saranno soddisfacenti, il mandato non arriverà comunque al suo effetto naturale, l’arresto di al-Bashir, ma almeno potrà delegittimarlo.
Vita: Il vostro rapporto non parlava di genocidio. Come mai la richiesta di arresto contiene quest’accusa?
Cassese: C’è chi ritiene ci sia una volontà da parte del governo di Karthoum di annientare tre etnie del Darfur, secondo noi l’obiettivo del governo sudanese era combattere i gruppi ribelli della zona.
Vita: Un eventuale fallimento non rischia di screditare la Cpi?
Cassese: Certo lascia perplessi che in cinque anni e mezzo di attività la Corte non abbia celebrato neanche un processo. Il primo processo che stava per svolgersi contro il congolese Lubanga è stato fermato dalla camera di prima istanza, che ha ritenuto che le prove raccolte dal procuratore fossero state raccolte così male da non consentire un processo equo nel pieno rispetto dei diritti della difesa. Non dico che la Corte penale sia stata screditata da quest’ultima mossa del procuratore. Certo, se dopo Lubanga ci fosse un caso dove a un gesto plateale non corrispondono effetti, non sarebbe utile al buon nome della Corte, che invece potrebbe avere un ruolo importante nella comunità internazionale.
Vita: Perché allora questa azione eclatante proprio ora?
Cassese: Perché il 17 luglio si celebra il decimo anniversario dell’istituzione della Corte penale internazionale e quindi bisognava far qualcosa, far capire che la Cpi non è un fallimento.

Vuoi accedere all'archivio di VITA?

Con un abbonamento annuale potrai sfogliare più di 50 numeri del nostro magazine, da gennaio 2020 ad oggi: ogni numero una storia sempre attuale. Oltre a tutti i contenuti extra come le newsletter tematiche, i podcast, le infografiche e gli approfondimenti.