Cultura

Che errore il cartone sulla Shoah che angoscia i bambini proposto nelle scuole primarie

In occasione del giorno della memoria molte scuole primarie hanno deciso di proporre ai bambini, su suggerimento del Miur, il cartone “La storia di Andra e Tati” prodotto da Raiplay, che presenta in maniera cruda e dettagliata la deportazione delle sorelle Bucci ad Auschwitz. Molti genitori hanno riscontrato reazioni di angoscia nei loro figli. Davvero pensiamo di vaccinare le nuove generazioni dal male con il male stesso?

di Anna Granata

È da poco passata la giornata della memoria e in molte scuole sono state proposte iniziative per conoscere la drammatica pagina delle leggi razziali e della Shoah. Spiace osservare come una pedagogia da tempo attenta a osservare le possibilità di narrazione della Storia nelle diverse età, sia stata in un lampo surclassata da un cartone animato per nulla adatto ai bambini e tuttavia segnalato anche dal portale del Ministero dell’istruzione come strumento per parlare della Shoah alla primaria. Bambini – se serve ricordarlo – che vivono l’infanzia nel tempo della pandemia, le cui paure e angosce, disturbi del sonno e reazioni da stress sono riportate da svariate indagini.

Qualcuno dice: è solo un cartone animato

“La stella di Andra e Tati” racconta la storia vera di Alessandra e Tatiana Bucci, due sorelle di 4 e 6 anni deportate nel campo di concentramento di Auschwitz. Il cartone descrive l’angoscia della madre e della nonna delle due bambine, l’arrivo in casa delle SS e il viaggio in treno verso Auschwitz. “Fu l’ultima volta che vidi la nonna – dice la voce narrante di una delle due bambine -. Tanti anni dopo abbiamo saputo che era stata condotta direttamente alle camere a gas e ai forni crematori”. Ventotto minuti di pura angoscia, con scene di violenza inaudita, una madre priva di capelli che non vive più con le sue bambine e ogni tanto passa a trovarle: “ma era diventata brutta, non la riconoscevamo più”. Solo un insegnante molto distratto (o che forse non ha visto prima il cartone?) può pensare che il format del cartone animato possa addolcire il racconto e risultare adatto a bambini di sette o otto anni. Fin dalla prima schermata peraltro i piccoli spettatori vengono a sapere che si tratta di una storia vera.

Le reazioni angosciate dei bambini

Nei giorni successivi la proiezione, molti genitori hanno descritto le reazioni angosciate dei propri figli. Giulia, 8 anni, ha detto alla mamma che bisogna stare attenti “agli stranieri” (i tedeschi) perché sono molto cattivi. È evidente che non ha compreso nulla di quel macabro cartone, d’altra parte in terza primaria si studia la preistoria. Davide, 7 anni, raggiunge ogni notte i genitori nel lettone: la scena della mamma senza capelli che viene separata dalle figlie lo tormenta. Sofia, 9 anni, ha detto ai suoi genitori che preferisce morire che vivere in un mondo così. Non conosciamo le conseguenze di questo autentico disastro educativo che, nella migliore delle ipotesi, creerà rigetto nei bambini anche negli anni a venire, quando verrà il tempo di parlare di questi temi durante le ore di Storia e nelle giornate della memoria.

Testimoni e insegnanti come mediatori

Come professoressa di Pedagogia all’Università di Torino, mi occupo da anni di temi sensibili da trattare a scuola. Non credo che i bambini debbano essere protetti dalla conoscenza della Storia e delle sue pagine più drammatiche, così come dai fatti della contemporaneità. Sono però fortemente convinta che ci siano modalità e contenuti adatti a ciascuna età, e che anticipare tematiche di violenza inaudita sia profondamente sbagliato e controproducente. È la lezione più importante che ci hanno consegnato i testimoni della Shoah, selezionando contenuti e descrizioni in base alle svariate età dei loro interlocutori. Testimoni, ma anche insegnanti o ricercatori invitati a scuola per portare narrazioni delicate: lo fanno sempre interpellando quei volti e adattando la narrazione alle loro possibilità di comprensione.

Il vero vaccino contro il male

Il mio appello dunque va direttamente al Miur, ai dirigenti scolastici e agli insegnanti stessi. Davvero pensiamo di vaccinare le nuove generazioni dal male con il male stesso? Davvero crediamo che esponendoli al dramma della nostra Storia precocemente, eviteranno di ripeterla? Sono convinta del contrario. Dobbiamo raccontare (non solo il giorno della memoria ma tutto l’anno) atti di coraggio, intelligenza, umanità, messi in atto anche nei tempi più bui della nostra Storia recente. Le vicende eroiche dei Giusti, l’ingegno messo all’opera per salvare se stessi e gli altri. Per queste storie non c’è età. I bambini sono pronti fin da piccoli ad accoglierle. Sono convinta che l’unico vaccino per il male sia il bene.

*Professore associato di Pedagogia generale e sociale presso l’Università degli Studi di Torino

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