Noi fondatori ed educatori delle comunità terapeutiche italiane ci stiamo interrogando su quali coordinamenti attuare per essere più credibili e più preparati a capire i nuovi disagi e le nuove povertà.
Da qualche tempo siamo obiettivo di critiche gratuite e di interventi penalizzanti che falsamente travisano i nostri ruoli e i nostri impegni. Le linee politiche e culturali vincenti ci assimilano maliziosamente a personaggi autoreferenziali e poco ?progressisti?. La nostra lunga esperienza conferma che per i giovani con problemi di dipendenza non sia sufficiente solo un lavoro terapeutico e di tipo sanitario. Sottolineiamo invece l?urgenza di un iter approfondito di taglio educativo e rieducativo, difficilmente valorizzato dalle strutture pubbliche.
Per evitare solitudini e protagonismi inutili, ci siamo associati qualche settimana fa e, dopo un lungo confronto, sono emerse alcune priorità che vorremmo sottoporre alla presidenza della Cei.
La prima. Gli anni di avamposto e il logorio quotidiano cui siamo stati sottoposti, hanno svuotato le grandi motivazioni originali e ci hanno isolato da quella parte di mondo che fino a ieri riteneva la droga una urgenza primaria. Oggi, non vedendo più lungo le strade ciondolare i disperati, quella parte di mondo ha pensato che i problemi fossero diminuiti, se non scomparsi.
La seconda. Le nuove dipendenze trasversali hanno invaso anche l?adolescenza normale, la scuola e il lavoro. Ed è per questo che ci sentiamo obbligati a ripensare l?intero nostro intervento. Non riteniamo la nostra presenza sorpassata. Confermiamo che strutture di questo tipo sono oggi più necessarie di ieri, per recuperare l?Abele che è dentro ad ogni Caino.
La terza. Le ristrettezze economiche nelle quali ci ritroviamo, solo in parte possono essere addebitate ai servizi sanitari nazionali già in gravi difficoltà. È per questo che chiediamo alla presidenza un aiuto straordinario, una boccata d?ossigeno attraverso una ?una tantum? da prelevare sulla quota dell?8 per mille destinata alla Chiesa.
Molti di noi rischiano la chiusura. Un gesto della Chiesa italiana in questo senso, aiuterebbe noi a ritrovare vitalità, farebbe capire quanto alla Chiesa stia a cuore questa tipologia di popolazione e potremmo offrirlo come contropartita ad un governo che pare in tutt?altre faccende affaccendato e sensibile a percorsi terapeutici non condivisibili. Fiduciosi dell?ascolto, aspettiamo.
Con stima,
Antonio Mazzi – Federazione comunità educative
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