Cultura
cinque sagge ragioni per fare una moschea a Milano
La polemica che divide il capoluogo lombardo
di Paolo Branca
Quella musulmana è ormai una presenza stabile, fatta
di famiglie e di seconde generazioni. È ora di smettere di considerarli soltanto come forza lavoro All’inizio d’ottobre dello scorso anno ero stato invitato da Aldo Brandirali per un’audizione presso due commissioni comunali sul tema delle moschee a Milano. In quell’occasione avevo lamentato la lentezza con cui il tema è stato affrontato. Da parte delle istituzioni c’è un atteggiamento passivo che si limita a reagire di fronte alle questioni piuttosto che a gestirle in forma propositiva. In questo modo si induce negli interessati la sensazione che qualsiasi iniziativa possa essere messa in atto senza preoccuparsi che sia o meno ammissibile: intanto per molti anni nessuno interverrà seriamente, in attesa di qualche provvedimento di sanatoria e favorendo in definitiva un clima di polemica che col tempo si complica generando confusione e smarrimento. Condizioni ideali per alcuni scaltri che sanno approfittarne, ma che possono invece indurre molti altri – e forse i migliori – a tenersi lontano da ribalte mediatiche e situazioni conflittuali.
Tali caratteristiche favoriscono la frequentazione di questi spazi da parte delle componenti più precarie e marginalizzate della comunità islamica, facili prede di guide improvvisate, che non di rado utilizzano questi luoghi come valvola di sfogo rispetto a situazioni socio-politiche del tutto bloccate nei Paesi d’origine.
Non pretendo certo di aver prospettato soluzioni miracolistiche, ma constato che a un anno di distanza nulla è cambiato e forse si sono addirittura fatti passi indietro: farneticare di un’intesa con lo Stato o di un referendum tra i cittadini significa ignorare che la Costituzione riconosce la libertà di culto come diritto inalienabile e incondizionato. Dire che le sagge esortazioni del cardinale Tettamanzi non si rivolgevano al ministero degli Interni appare bizzarro, visto che esso ha istituito un apposito Comitato per l’islam italiano? Il sospetto è che qualcuno metta le mani avanti per evitare nuove diatribe all’interno di una classe politica litigiosa e indecisa a tutto.
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