Primo maggio

Civicozero, dopo la comunità una porta di entrata nel mondo del lavoro per giovani italiani e stranieri

A Roma 278 giovani care leaver con il supporto dell'assessorato alle Politiche Sociali della Captale hanno incontrato 12 aziende nella sede del centro sociale Civicozero, promosso das Save the Children. Nader, 18 anni: «Un lavoro è importante per pagare l'affitto, comprare da mangiare, mandare i soldi alla famiglia. È andata molto bene, io penso che mi chiameranno»

di Chiara Ludovisi

Un lavoro vero, dignitoso e continuativo, per non passare dall’accoglienza alla devianza, dal supporto allo sfruttamento: per i giovani non accompagnati neomaggiorenni, il lavoro fa la differenza tra l’autonomia e la marginalità, tra abitare in una casa e vivere in strada.

Per questo, nei giorni in cui si celebra la Festa del Lavoro, raccontiamo due giornate e uno spazio: le une e l’altro condividono l’obiettivo di offrire opportunità e strumenti ai care leaver, ovvero i giovani che escono – neo maggiorenni o dopo un prosieguo amministrativo fino a 21 anni – da una struttura di accoglienza (una casa famiglia, nella maggior parte dei casi). Ragazzi e ragazze – soprattutto ragazzi – stranieri e italiani. Accomunati dal bisogno e dal desiderio di un lavoro e di una casa, pilastri per una vita autonoma e dignitosa.

Il Roma Job Day a Civicozero

Le due giornate sono quelle del 15 aprile e del 17 aprile: la seconda data si è dovuta aggiungere alla prima, per soddisfare il numero inaspettato di candidati che si sono presentati al Roma Job Day, promosso dall’assessorato alle Politiche Sociali e alla Salute di Roma Capitale, in collaborazione con il Tavolo Cittadino Permanente Care Leavers “Una Comunità in dialogo”.

Da una parte 12 aziende, che hanno risposto all’invito e sono venute a incontrare i giovani, a esaminare i loro cv e a dedicare tempo a un colloquio per un orientamento e un possibile inserimento lavorativo.
Dall’altra ben 278 giovani, che si sono iscritti all’evento e si sono presentati alla porta di Civicozero, il centro che ospitava l’iniziativa, armati di curriculum e soprattutto di grandi speranze. I colloqui si sono svolti nelle due giornate del 15 e del 17: tutti i candidati sono stati ascoltati e ora attendono di conoscere l’esito.

Evitare i paradossi dell’esclusione sociale

«Abbiamo fortemente voluto questa iniziativa», spiega l’assessora alle Politiche Sociali e alla Salute Barbara Funari «come sostegno concreto ai tanti care leavers, italiani e stranieri, che ogni giorno vivono sulla propria pelle il rischio dell’esclusione sociale. Chi si trova in questa condizione è spesso costretto a lasciare il sistema di protezione senza strumenti sufficienti per affrontare la vita adulta. E si ritrova intrappolato in un paradosso: nessuno offre loro un lavoro perché non hanno una casa, e nessuno affitta loro una casa perché non hanno un lavoro». 

«Con il Roma Job Day» conclude Funari «abbiamo provato a spezzare questo circolo vizioso che costringe tanti giovani alla precarietà, esponendoli al rischio di sfruttamento, lavoro nero o illegalità. Il nostro impegno è di continuare a stare al fianco e sostenere le tante ragazze e ragazzi che oggi sono qui con tanta voglia di lavorare».

Da Msna a neomaggiorenni: il lavoro conta

Quanto sia complesso e delicato il passaggio alla maggiore età per i ragazzi stranieri non accompagnati è stato tante volte evidenziato in diversi studi e anche su queste pagine. Sebbene la legge preveda la possibilità del prosieguo dell’accoglienza (il cosiddetto articolo 25) fino a 21 anni, molti sono i neomaggiorenni che devono lasciare il sistema di accoglienza appena compiuti i 18 anni. Le ragioni possono essere diverse: la mancanza di un progetto di semiautonomia nella struttura che li ha accolti, o l’impossibilità di ottenere il prosieguo amministrativo. 

Giovani all’interno del Civicozero di Roma

I numeri sono sempre più alti: se nel 2023, secondo il rapporto di Save the Children, sono stati 11.700 i neomaggiorenni usciti dal sistema di accoglienza, nel 2024 il numero è salito, anzi schizzato a 20.859, secondo il Rapporto sui Msna del ministero del Lavoro. Tanti e complessi i problemi che si trovano subito ad affrontare, ancora molto giovani e in molti casi arrivati da poco in Italia, quindi inesperti dal punto di vista linguistico, culturale, burocratico.

Casa e lavoro i primi nodi da sciogliere

I principali nodi da sciogliere sono quelli della casa e del lavoro: la prima spesso è inaccessibile, per i costi degli affitti sempre più alti e insostenibili e per la diffidenza dei proprietari verso i giovani senza garanzia. Il lavoro, poi, è molto difficile da trovare, quando mancano opportunità di incontro con le aziende e le competenze richieste sono spesso elevate. E così il rischio di finire in strada è alto. Quanto quello di divenire facile bersaglio delle reti della criminalità. 

Il recente rapporto “Nascosti in piena vista” ha messo in luce questa zona d’ombra, indicando proprio il lavoro e l’autonomia economica che ne deriva come elementi centrali per il successo del percorso di transizione dei neomaggiorenni fuori dai circuiti di accoglienza.

Altrettanto importante è avere uno spazio in cui coltivare relazioni sane, trascorrere del tempo di qualità, acquisire competenze formali e informali. Civicozero nasce ed esiste per essere quello spazio.

Civicozero

Una piccola strada, proprio all’inizio del quartiere di San Lorenzo. Qui, in via dei Bruzi 10, si aprono tutti i giorni le porte di Civicozero, uno spazio creato e allestito per i minori stranieri non accompagnati, ma diventato, col tempo, un centro ricreativo e sociale per tutti.

«Questa è casa loro», spiega la presidente, Laura Cucinelli.  «Ha aperto, nel 2009, come centro diurno a bassa soglia promosso da Save the Children, rivolto a minori in situazioni di vulnerabilità, rischio di devianza o sfruttamento: principalmente minori stranieri non accompagnati, ma non solo. Alcuni dei ragazzi che frequentano il centro vivono ancora in una struttura di accoglienza, altri ne sono usciti e sono inseriti in progetti di semiautonomia o vivono in strada. Per loro, questo è uno spazio in cui ritrovarsi, fare quello che amano fare, sentirsi a casa, appunto, e piano piano aprirsi, con i tempi e i modi che si addicono a ciascuno di loro». 

Le marionette di una giovane somala

«Per un breve periodo di tempo, ad esempio, è venuta una ragazza somala. Non parlava una parola d’italiano. Un giorno è entrata nell’aula che dedichiamo alla creatività e ha iniziato a realizzare statuine di cartapesta con i volantini pubblicitari: lo faceva nel suo Paese e ha ricominciato a farlo qui. Piano piano» racconta Cucinelli, «si sono avvicinati altri ragazzi ed è diventato un laboratorio silenzioso».

«Alla fine, quelle statuine sono diventate marionette con cui la ragazza ha raccontano il suo viaggio, attraverso la voce narrante della nonna. Poi la ragazza e sua sorella hanno lasciato l’Italia, ma le statuine sono ancora qui, a ricordarci che tanti e diversi possono e devono essere i modi per entrare in contatto con i giovani, ascoltare quello che vogliono dire e mettere a loro disposizione ciò di cui hanno bisogno: dalla cucina per prepararsi una pasta o un tè, alle docce, al biliardino, fino alla scuola d’italiano, il laboratorio di rap e l’assistenza psicologica e legale».

Ogni giorno, circa 60 ragazzi passano per Civicozero: chi tutti i giorni, chi saltuariamente, chi per un’ora, chi per tutto il pomeriggio. «Guardandosi intorno, non si riescono a distinguere operatori e ragazzi, tanto il clima è informale. Così è più facile cogliere gli sguardi, le preoccupazioni, i bisogni, a volte i traumi. E trovare un modo per accompagnarli».

I candidati incrociano le dita

I ragazzi potevano svolgere, durante il Job Day, uno o più colloqui, scelti a seconda delle competenze e delle attitudini di ciascuno.
Tra loro c’è Nader, che ha 18 anni e vive in un progetto di semiautonomia. «Questa opportunità è molto importante per aiutare i ragazzi che cercano lavoro. Un lavoro è importante per pagare l’affitto, comprare da mangiare, mandare i soldi alla famiglia. È andata molto bene, io penso che mi chiameranno!».

Sophia ha 19 anni ma non vuole vivere con la mamma e il papà – lei brasiliana, lui romano – perché «ci sono problemi», racconta. «Cerco un lavoro perché ho avuto brutte esperienze di sfruttamento, perché mi dicono che ho poca esperienza. Io vorrei un contratto regolare, ma part time per poter continuare anche a studiare. Ho fatto il liceo classico».

Mario è egiziano, ha appena compiuto 18 anni ed è venuto per cercare lavoro nel settore della barberia: «È la mia passione e ho già esperienza, ma nella vita si può sempre migliorare. Chissà, magari posso imparare a tagliare bene i capelli anche alle donne!».

Tutte le immagini e i video sono dell’autrice

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