Non profit

come e perché il 5 per millemi ha cambiato la vita

diario di un consulente Tre anni di una misura fiscale giusta ma... pazza

di Redazione

Cosa mi sorprende e cosa mi inquieta nella vexata quaestio del 5 per mille? Personalmente mi sorprende che di tutti i pasticci combinati da un legislatore distratto, aggravati da un’amministrazione severa solo con gli altri, di tutto ciò se ne sappia poco o nulla, che la questione non sia saltata agli onori della cronaca, con le virtuose eccezioni (ma qui sono in conflitto di interessi) di Vita e del Sole 24 Ore.
Abbiamo davvero finito di coltivare l’indignazione? Cito De Gregori: «E poi ti dicono: tutti sono uguali, tutti rubano alla stessa maniera» (La storia). Ne siamo veramente convinti? È sempre e tutto da buttare, siamo anche noi del partito «chissà dove vanno a finire quei soldi»?
C’è da chiedersi perché non sappiamo distinguere, ragionare con un po’ di buon senso, senza cadere nel populismo; perché non sappiamo coltivare la curiosità, il sapere, senza cadere nella morbosità o nel sospetto aprioristico.
Ecco, ciò che mi inquieta del 5 per mille è la conferma di come sembrano destinate ad andare le cose in Italia.
5 per mille: una buona idea (non ottima né salvifica, ma buona, anche se con aspetti inquietanti) viene rovinata da una legge scritta per tre volte male (coazione a ripetere) e per tre volte applicata peggio, con risvolti paradossali e imbarazzanti.
Tutti i cittadini sono convinti che a breve dalla loro firma del 5 per mille quella parte di imposte entrino nelle casse delle onlus. Nessuno sa che per la prima edizione i soldi verranno erogati (senza interessi) a due anni dalla dichiarazione. Pochi sanno che di tutte le organizzazioni, un quinto nel primo anno e forse un terzo nel secondo sono state escluse dai beneficiari perché hanno assolto in modo incompleto gli obblighi relativi a una seconda, inutile e illegittima dichiarazione richiesta da un decreto pensato male e attuato peggio.
Nessuno sa che a oggi poche risposte, dall’Agenzia delle Entrate, e nessuna dal ministero dell’Economia, sono state date alle organizzazioni escluse che hanno confidato nello strumento di autotutela proposto da Vita quasi due mesi fa. Nessuno sa che queste risposte erano dovute, ma che funzionari in odore di spoil system, senza coraggio e con poco senso civico non hanno sentito neppure il dovere di motivare le ragioni di un rifiuto alla reintroduzione delle organizzazioni nelle liste. Si devono essere chiesti: «Perché mai a questa associazione, che aiuta i bambini autistici, devo rispondere in merito alle ragioni di natura meramente formale sulla base delle quali io ho deciso di escluderla?».
Suggerisco una risposta: rispondete perché dovete ben motivare la ragione per la quale questa associazione non può offrire ai suoi assistiti quel pomeriggio in più di logopedia che si era immaginata di dare con i soldi del 5 per mille. E se non vi basta, perché vi sembrano argomenti dal retrogusto deamicisiano, andate a rileggervi l’istanza di autotutela e provate a rispondere punto su punto alle argomentazioni. Il decreto non poteva chiedere la seconda iscrizione, in quanto le amministrazioni pubbliche devono verificare d’ufficio le qualifiche soggettive, ove queste siano reperibili presso le amministrazioni stesse o altre sorelle. È il principio di una legge (241/91) ribadito in un’altra (212/00): serve qualcosa scrivere un diritto/dovere non in una ma ben in due leggi? Attenzione, non stiamo parlando di diritti da perseguire tipo «l’uguaglianza tra gli uomini», ma di concrete e precise prescrizioni dettate al funzionario pubblico al fine di rendere meno gravoso il rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione.
Caro lettore, ti chiederai perché un consulente come il sottoscritto abbia preso tanto a cuore la questione del 5 per mille “negato”. A parte il fatto che la responsabilità sociale non è un’idea astratta da tirare fuori solo in occasione di un bilancio di missione, ho avuto la fortuna di incontrare proprio quei genitori dei bambini autistici ai quali è stato negato il 5 per mille. E certi argomenti ti toccano oltre i tuoi bisogni; questo, almeno, è ciò che mi ha insegnato il non profit.

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