Lavoro sociale

Come rendere sostenibile il welfare? Passiamo dal dialogo alla collaborazione tra istituzioni e cooperazione sociale

A Roma è stata dedicata una giornata all’apporto fondamentale e al valore dell’attività di welfare solidale che svolge la cooperazione sociale in Italia e nelle comunità locali. Filippo Giordano (Lumsa): «Le risorse che permettono di alimentare il sistema di welfare sono quelle economiche, ma è importante anche la creazione di un contesto normativo tale che i cittadini, le associazioni, le cooperative, le imprese abbiano la possibilità di contribuire a dare risposte congrue ai bisogni»

di Ilaria Dioguardi

Il welfare si fonda sul riconoscimento del valore del lavoro sociale, che ogni giorno tiene insieme le nostre comunità. Intorno a quest’affermazione hanno ragionato cooperative, istituzioni e università durante la giornata “Per un welfare sostenibile – Il valore che tiene insieme le comunità”, che si è svolta all’Università Lumsa, organizzata da Agci Imprese Sociali Lazio – Associazione generale cooperative italiane, Confcooperative – Federsolidarietà Lazio, Legacoopsociali Lazio. «Il titolo dell’incontro è, da un lato, un’aspirazione, dall’altro evidenzia la consapevolezza che ci sono degli elementi di criticità», ha detto Filippo Giordano, direttore del dipartimento di Giurisprudenza, Economia, Politica e Lingue moderne dell’Università Lumsa, che ha ospitato il convegno. «La sostenibilità è la capacità di un sistema di svolgere la sua funzione e di farlo in modo duraturo, in una prospettiva di medio e lungo termine».

Dare risposte alla vulnerabilità

«L’elemento centrale è la capacità di dare risposte alla vulnerabilità: permanente (gli anziani), transitoria che rischia di cronicizzare (tossicodipendenti, detenuti), e fattori che rischiano, se non li sosteniamo, di diventare produttori di vulnerabilità cronica (povertà educativa, forme di disagio psichico). La risposta non può essere solo “serviziocentrica”. Bisogna sempre valutare l’impatto, che significa capire come ogni contributo lavora all’interno di un sistema», ha proseguito Giordano. «Misurare l’impatto significa cambiare prospettiva e uscire da una logica prestazionale in cui siamo ingabbiati».

Quali sono le risorse che permettono di alimentare il sistema di welfare? «Le risorse economiche, ma è importante anche la creazione di un contesto normativo tale che i cittadini, le associazioni, le cooperative, le imprese abbiano la possibilità di contribuire a dare risposte congrue alle necessità. Bisogna passare dal dialogo alla collaborazione, avere una visione di sistema condivisa, condividere e condividersi una responsabilità. La collaborazione richiede orizzontalità e riconoscimento reciproco».

Lazio: la povertà relativa colpisce il 5,5% delle famiglie

Nel Lazio «la povertà relativa colpisce il 5,5% delle famiglie, meno della media nazionale (12,2%). Ma persistono sacche di povertà cronica o intermittente, che interessano circa il 28% dei nuclei più fragili, più della media nazionale (24,4%)», ha detto Luciano Pantarotto, presidente Confcooperative Federsolidarietà Lazio. «La povertà alimentare minorile italiana è allarmante: il 4,5% dei bambini e ragazzi non consuma almeno un pasto proteico al giorno».

Secondo dati Istat 2024, «la popolazione over 65 è in continua crescita, rappresenta oggi il 24,3% dei residenti (oltre 14 milioni in Italia), metà dei quali ha 75 anni. Il 2025 è l’anno della corsa contro il tempo della “messa a terra” del Pnrr poiché gli enti territoriali hanno incamerato notevoli risorse a loro destinate attraverso i bandi emanati dalle amministrazioni locali» ha continuato.

«Eppure, mai come ora, questa concentrazione di risorse, che per alcune regioni e comuni sono decuplicate rispetto al passato, non necessariamente sono allocate per garantire un consolidamento dei servizi. Secondo il ministero del Lavoro, nella fase antecedente al Pnrr l’allocazione dei fondi per i servizi sociali territoriali (quello che definiamo “welfare generativo”) si attestava allo 0,8%, a fronte di una media europea di oltre il 2,7%. Uno degli obiettivi del Pnrr era un percorso sincrono tra le riforme da attuare, affinché potessero essere liberate risorse per l’infrastrutturazione dei servizi», ha proseguito Pantarotto.

«Parte di esse sono state recuperate attraverso i Programmi operativi nazionali – Pon e i bandi destinati alle istituzioni locali. Si tratta ora di interloquire a tutti i livelli affinché possano essere monitorate destinazioni congrue delle risorse attraverso iniziative di tutela del lavoro sociale. La cooperazione, dal canto suo, ha provveduto anche in un momento difficile a rinnovare il Contratto collettivo nazionale di lavoro per tutelare i lavoratori e il lavoro sociale».

Il ruolo delle università

La consigliera regionale del Lazio Marta Bonafoni ha parlato di un terzo pilastro, oltre alle istituzioni e alla cooperazione, nell’ambito del welfare sostenibile. «L’alleanza con il mondo dell’accademia è fondamentale e forse ci pensiamo troppo poco. C’è una crisi della vocazione del lavoro sociale che è anche figlio del fatto che l’accademia non stia interpretando in maniera adeguata la sostenibilità. Le università e le istituzioni dovrebbero capire che, tra le righe, c’è quella sostenibilità che non abbiamo ancora saputo interpretare fino in fondo, che c’è bisogno di un grande patto di collaborazione».

Reti di relazioni intorno alle persone

«Con gli operatori del servizio sociale ci siamo trovati spesso a dire: “Ci sentiamo come delle macchinette del caffè”. Non è quello l’obiettivo di una società solidale», ha detto Daniela Moretti, Forum Terzo settore Lazio. «Ci siamo resi conto che la parte importante è il coordinamento delle azioni esterne, per costruire le reti di relazioni che ci sono intorno alle persone. Si è aperta una stagione diversa, c’è una “cassetta degli attrezzi” da cui partire. Abbiamo più di 700 assistenti sociali ora che hanno bisogno di essere format, nel comune di Roma».

Della necessità di integrazione ha parlato Anna Vettigli, responsabile Legacoopsociali Lazio. «Fino a quando i bilanci rimangono separati non c’è ottimizzazione. Sarebbe importante mettere in un unico salvadanaio i budget in un’ottica di integrazione sociosanitaria. E bisogna guardare gli interventi in una prospettiva a lungo termine».

Lavorare tra comuni

«Il welfare è la principale possibilità di chiave di lettura per costruire città sostenibili. Il lavoro quotidiano tra istituzioni non può prescindere dall’operare in una programmazione condivisa», ha affermato Barbara Funari, assessora alle Politiche sociali e salute di Roma Capitale. «Partiamo dall’idea che il lavoro tra comuni sia un’altra strada verso la sostenibilità, dalla visione ampia e complessa che lavorare su Roma significa lavorare per il Paese. Solo con politiche sociali condivise possiamo non perdere l’obiettivo della costruzione di un welfare sostenibile».

Integrare welfare prestazionale e comunitario

Della necessità di «integrare il welfare prestazionale con un welfare comunitario» ha parlato Lamberto Bertolè, assessore al Welfare e salute del comune di Milano, dove «in 20 anni, i nuclei familiari monocomponente sono passati dal 45% al 56% e il tasso di natalità ogni 100 residenti è sceso da 0,95% a 0,65%. A Milano il tema della non autosufficienza riguarda oltre 70mila persone. Sempre meno persone attive pagheranno i contributi. Gli enti locali hanno competenze che vanno molto al di là di quelle previste, rischiano di essere schiacciati su una logica riparativa. Vorrei che ci fosse un sistema di welfare che andasse oltre il comune, che si allargasse all’area metropolitana».

Foto di apertura: cooperativa sociale Uomo di Caserta e, nell’articolo, foto e video dell’autrice

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