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Editoriale

Come sperare ancora?

Aspettando il Natale guardiamo all’abbraccio delle due mamme, abbracci di chi vuol bene e desidera pace per poter vivere con i propri figli e costruire un futuro con loro. Uniamoci in quell’abbraccio a due bimbi che incarnano la possibilità di un nuovo inizio di una nuova costruzione per ravvivare le ragioni della speranza. E partiamo sempre dal bene

di Riccardo Bonacina

Il Natale in un abbraccio

Quest’anno, un anno in cui le ragioni della speranza sono state duramente messe alla prova, abbiamo scelto una frase di Hannah Arendt (tratta da Vita Activa) e l’immagine di due mamme che abbracciano i loro figli spaventati, in Ucraina e in Palestina, come nostro augurio. Scrive la Arendt: “Il miracolo che salva il mondo, il dominio delle faccende umane dalla sua normale, naturale rovina è in definitiva il fatto della natalità in cui è ontologicamente radicata la facoltà dell’azione e della possibilità di un nuovo inizio. È questa fede e speranza nel mondo, che trova forse la sua gloriosa e stringata espressione nelle poche parole con cui il Vangelo annunciò la lieta novella dell’avvento: un bambino è nato per noi”.

Scriveva Dino Buzzati, usando un bellissimo verbo manzoniano, che il Natale «precipita su di noi ogni 364 giorni passando intatto tra i cataclismi dei secoli e ogni indifferenza». Sara così anche quest’anno. 

Aspettando il Natale guardiamo all’abbraccio delle due mamme, abbracci di chi vuol bene e desidera pace per poter vivere con i propri figli e costruire un futuro con loro. Uniamoci in quell’abbraccio a due bimbi che incarnano la possibilità di un nuovo inizio di una nuova costruzione per ravvivare le ragioni della speranza.

Partire dal bene

“Se odio e rancore occupano tutto lo spazio del cuore significa dar la vita al male, a morte e distruzione. Noi spesso attendiamo grandi eventi che cambino il corso delle cose, ma che in realtà non ci saranno. Ma finché ci saranno persone che sono disposte a dare la vita per l’altro o a gesti di tenerezza, in questo mare di durezza anche emozionale, o disposti a fare anche qualcosa di bellodi costruttivo, significa che odio e rancore non hanno occupato tutto il nostro spazio esistenziale. Bisogna lavorare molto su questo”. Sono le parole del cardinal Pierbattista Pizzaballa, Patriarca dei Latini di Gerusalemme in una bella intervista ad Avvenire.

Partiamo dalle cose belle, dai gesti costruttivi, dalla tenerezza. È questo l’invito del cardinale per non soccombere all’odio e al rancore, parole che arrivano da un luogo dove si piange e si soffre la fame e il dolore dei troppi morti e feriti. Ma, aggiungerei, è un invito per tutti noi per non arrendersi all’indifferenza e alla nostra assuefazione. Un invito che in questi mesi difficili abbiamo sentito rilanciare da tanti amici in Ucraina, in Palestina e da noi. Partiamo dal bene che si fa e succede, dai segni di umanità.

Anche Papa Francesco nella lettera apostolica Misericordia et Misera rilancia questo invito: “Ho potuto toccare con mano quanto bene è presente nel mondo. Spesso non è conosciuto perché si realizza quotidianamente in maniera discreta e silenziosa. Anche se non fanno notizia, esistono tuttavia tanti segni concreti di bontà e di tenerezza rivolti ai più piccoli e indifesi, ai più soli e abbandonati. Esistono davvero dei protagonisti della carità che non fanno mancare la solidarietà ai più poveri e infelici. Ringraziamo il Signore per questi doni preziosi che invitano a scoprire la gioia del farsi prossimo davanti alla debolezza dell’umanità ferita.  Dio continua a far germogliare semi di bene, esperienze di bene, anche nei frangenti più drammatici”. 

Noi di VITA, queste esperienze continueremo a raccontarvele (leggete la serie di racconti #NataleÈ), lo faremo come da 30 anni in qua anche nel 2024, cercando di farlo sempre meglio. La speranza è fatta di cose che hanno bisogno di qualcuno che le faccia accadere, di chi le fa accadere vogliamo raccontarvi, loro vogliamo farvi conoscere.

Non è tutto bene ciò che luccica

Avevo scritto a Chiara Ferragni quest’estate a proposito del Pandoro Pink Christmas della Balocco di cui l’influencer aveva scritto su Instagram di essere «davvero fiera di rendere il Natale un po’ più rosa e dolce con questo pandoro». Secondo l’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, le società Fenice e TBS Crew che gestiscono i marchi e i diritti di Ferragni, insieme a Balocco, avrebbero pubblicizzato il pandoro ‘Pink Christmas’ (due volte e mezzo il prezzo del pandoro non griffato) lasciando intendere ai consumatori che una parte dell’acquisto sarebbe stata devoluta all’ospedale torinese per sostenere la ricerca sull’osteosarcoma e sul sarcoma di Ewing e comprare un nuovo macchinario. In realtà, la donazione al Regina Margherita era già stata fatta da Balocco precedentemente, a maggio 2022 (50mila euro): ben prima del periodo natalizio. Le società di Ferragni dunque – sebbene abbiano incassato grazie all’iniziativa oltre 1 milione di euro – non avrebbero contribuito

Giocare con la solidarietà, usarla per puro business è cosa davvero vergognosa, usare la salute e la malattia dei piccoli è una mostruosità. Decideranno le procure se si tratta di pubblicità ingannevole o di vera truffa. Di certo, cara Ferragni, non si tratta di un “errore di comunicazione” come hai detto. Perché come ha dimostrato Selvaggia Lucarelli, il tuo è un vero schema di business, usare la solidarietà per incassare. Prima dei pandori natalizi, erano arrivate le uova di Pasqua con Dolci Preziosi che, nel 2021-2022, hanno fruttato all’influencer 1,2 milioni di euro, mentre all’associazione benefica sono andati solo 36mila euro.

Insomma, cari lettori, non è tutto bene ciò che luccica di solidarietà.

Le aziende non si prestino più e le associazioni pure!

Buon Natale e buon Anno

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