Comitato editoriale Don Bosco 2000
Migranti, la Consulta conferma: i Cpr violano la libertà personale, ora un cambio di passo
Anche a seguito del pronunciamento della Corte costituzionale, l’associazione salesiana chiede con forza che il legislatore intervenga rapidamente per colmare il vuoto normativo segnalato dal massimo organo della giustizia italiana, per superare definitivamente logiche punitive e disumanizzanti
di Redazione

Non ci sono più scuse. La sentenza n.96/2025 della Corte costituzionale ha sollevato forti criticità sulla normativa che regola il funzionamento dei Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr), definendola inadeguata e non rispettosa della libertà personale. L’associazione Don Bosco 2000 accoglie con attenzione e soddisfazione questo pronunciamento della Consulta, in particolare nel passaggio in cui ha sottolineato che l’attuale disciplina è «del tutto inidonea» a garantire il rispetto dei diritti fondamentali delle persone trattenute nei Cpr, configurando un vero e proprio «assoggettamento fisico all’altrui potere», senza una cornice normativa sufficientemente chiara e garantista. Una condizione che, di fatto, trasforma questi centri in luoghi di sospensione dei diritti.
Parole chiare
Le parole dell’arcivescovo Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes, sono chiare: «È emersa la disumanità dei Cpr in Italia e di quello in Albania, che contrasta con diversi articoli della Costituzione. È l’ennesima sconfessione di una politica che non rispetta la dignità della persona migrante». L’associazione Don Bosco 2000, da anni impegnata nell’accoglienza e nell’integrazione di migranti in Italia e in Africa, già nei mesi scorsi, attraverso la voce del presidente, Agostino Sella, ha più volte denunciato le criticità legate ai Cpr, evidenziando come questi centri rappresentino un fallimento della politica migratoria, incapace di coniugare sicurezza e rispetto dei diritti umani.
Cambio di passo
L’associazione chiede dunque con forza che il legislatore intervenga rapidamente per colmare il vuoto normativo segnalato dalla Corte: «È necessario un cambio di passo deciso e non più rinviabile, che superi definitivamente logiche punitive e disumanizzanti. Il nostro impegno continuerà ad essere quello di costruire percorsi di accoglienza, legalità e inclusione».
Foto in apertura, di Claudio Furlan, Lapresse
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