Comitato editoriale

Testimonianze dai Villaggi Sos di Gaza e Israele

Le testimonianze dagli operatori del Villaggio Sos di Gaza e di quelli del Villaggo Sos di Neradim in Israele. Le coordinate del Villaggio Sos di Gaza sono state comunicate all'esercito israeliano in modo che non venga colpito dai bombardamenti

di Redazione

Dai Villaggi Sos di Gaza e di Israele giungono le drammatiche testimonianze degli operatori che stanno vivendo queste terribili settimane di conflitto.

Dal Villaggio Sos di Gaza Samy Ajjour racconta: «La gente e i bambini nella Striscia di Gaza stanno morendo. Se non per le bombe per la  frustrazione, la vita insalubre e la mancanza di medicine. Se io e la grande famiglia Sos riusciremo a sopravvivere a questa guerra.. saremo fortunati! Gaza sta subendo bombardamenti tutto il giorno. Non c’è mai tregua. Le Mamme Sos devono assicurarsi che tutte le finestre siano aperte, e controllare dove si trovino i bambini in ogni momento. Non si dorme la notte, abbiamo paura. I bambini sono preoccupati e piangono. Le nostre case del Villaggio tremano a causa dei bombardamenti, per questo teniamo le finestre aperte. Abbiamo paura vengano distrutte e che i vetri possano ferire i bambini». Dalle parole di Samy Ajjour si viene a sapere anche della situazione dell’ufficio Sos che è chiuso. «I nostri collaborati non riescono a venire al lavoro. È troppo pericoloso.  Le strade sono deserte. Sono tutti nascosti.  Abbiamo cancellato tutte le attività per bambini all’esterno. Mancano carburante ed elettricità. Una caffetteria vicino al nostro Villaggio Sos è stata bombardata. Le persone stavano guardando una partita di calcio. Nove palestinesi sono stati uccisi e 10 sono stati feriti. L’impianto delle acque reflue è stato distrutto. Ora le acque sporche vanno direttamente nel mare. Gli uffici governativi, le stazioni di polizia e le infrastrutture di base sono state tutte distrutte. Nulla è aperto. Nemmeno le banche. Non si può ritirare nulla dagli sportelli bancomat».
La testimonianza prosegue: «Sono migliaia le persone che hanno paura di morire, molte famiglie stanno scappando. Nessuno sa dove andare, nessuno riesce a fare due passi senza pensare di essere un obiettivo. I palestinesi considerano le loro case come trappole per topi, prigioni. Si uniscono in spazi stretti per sentire meno paura. Abbiamo il timore per i nostri bambini e le nostre famiglie. I bambini ci chiedono cosa stia capitando. Ci chiedono perché muoiono tutti. Ci chiedono cosa abbiamo fatto noi di così grave. Abbiamo dovuto dire loro la verità sul conflitto con Israele ma li rassicuriamo sul fatto che, per ora, il Villaggio Sos è il posto più sicuro. Il problema è che non abbiamo psicologi che riescano a venire qui. Anche alcuni educatori e gli assistenti sociali non raggiungono facilmente il Villaggio Sos. Vivono in zone pericolose. Uno di loro ha perso la sorella e 8 nipoti qualche sera fa. È terribile. Non so se riuscite a capire cosa stiamo vivendo. Ora siamo al buio.. in tutti i sensi».
Drammatica la testimonianza di un collaboratore: «Ho perso la mia casa, i miei ricordi, i miei parenti e i miei amici a Khozaa. Non so dove poter stare. Non ho alcuna informazione su cosa accadrà domani a me e alla mia famiglia. Sono riuscito a parlare con mia madre, l’unica persona nella mia famiglia che è sopravvissuta».

Sos Villaggi dei Bambini oltre a essere presente nei Territori Palestinesi dal 1968 (dove accoglie 173 bambini e sostiene più di 3000 persone), dal 1981 è presente anche in Israele (dove accoglie 132 bambini e sostiene più di 500 persone)

Dal Villaggio Sos in territorio israeliano arrivano i racconti di Matti Rose e Kim Banaji.  
«Missili hanno colpito le zone vicino al Villaggio Sos di Neradim, e due di loro hanno distrutto alcuni accampamenti beduini nelle vicinanze. Una vittima e alcuni feriti. I nostri Villaggi Sos sono sicuri per i bambini e i ragazzi. Sanno cosa fare quando sentono le sirene che preannunciano i bombardamenti. Le sirene funzionano bene: abbiamo 40 secondi per correre al riparo. Siamo in contatto con il Comando del Fronte dell'Esercito israeliano, che dà istruzioni di emergenza alla popolazione civile sotto attacco» racconta Kim.
Matti Rose aggiunge: «Il Villaggio Sos di Neradim si trova nella città di Arad. Abbiamo dovuto correre nel rifugio un paio di volte dall'inizio della guerra. Oggi per esempio, è accaduto. Si tratta di una situazione molto complicata da spiegare ai bambini piccoli. Noi diciamo ai nostri figli che purtroppo non tutte le persone sono buone, e che alcune persone stanno cercando di danneggiare Israele, perché non approvano l'esistenza di Israele. Diciamo anche che siamo protetti da un forte esercito e che non ci capiterà nulla. Non è la prima volta che siamo attaccati da Hamas ma i bambini sono sempre le vere vittime: piangono, non dormono, hanno paura di essere lasciati, non vogliono uscire. Tutti i nostri bambini vengono da diverse città del sud di Israele, quindi sono tutti preoccupati per le loro famiglie d’origine. Molte di loro non hanno condizioni abitative adeguate o un rifugio di sicurezza. Io e il mio staff stiamo cercando di alleviare le loro preoccupazioni e le tensioni dando un’immagine di normalità, quotidianità. È molto difficile ma è l’unica cosa che possiamo e dobbiamo fare. Abbiamo a che fare con molti casi di ansia e attacchi di panico. I bambini vogliono stare fisicamente vicino alle loro mamme Sos. Nei nostri Villaggi Sos ci sono bambini musulmani, cristiani. Per noi sono tutti uguali. Abbiamo cancellato tutte le attività estive dei bambini ovviamente e preghiamo per i nostri fratelli nel Villaggio Sos di Gaza».

Sos Villaggi dei Bambini in Israele – rende noto in un comunicato Sos Villaggio dei Bambini Italia – ha trasmesso le coordinate del Villaggio Sos di Gaza all’esercito israeliano per far sì che nessun bombardamento lo colpisca. «In ogni conflitto che distrugge la vita dei civili, i bambini sono i più vulnerabili e pagano il prezzo più alto. Soffrono terribili ferite e traumi psicologici, perdono i loro genitori o sono essi stessi uccisi» afferma Richard Pichler Ceo di Sos Villaggi dei Bambini. «La posta in gioco è sempre il benessere dei bambini in ciascuna area impegnata nel conflitto. Ricordiamo a tutte le parti gli obblighi che derivano dalla Carta internazionale dei diritti umani per proteggere i bambini, derubati della loro infanzia», rimarca Richard Pichler

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