Comitato editoriale

Vestiti (di) bene: le chicche vintage di Arché

Da ottobre la gestione del charity shop di Arché è passata alla cooperativa Vintage Solidale, della stessa Arché. Una formula che continua a piacere, per il suo essere cheap and chic

di Sara De Carli

Sembrava il set di un film: una macchina che si ferma, l’autista che scarica scatole e scatole di abiti firmati, riposti con la velina nelle maniche per non sgualcirli. Da quelle scatole uscirono cappelli in organza, una pelliccia, abiti da gran sera, borsette e bigiotteria. È uno dei ricordi più vividi nella memoria di Adele Leoncini, insegnante elementare in pensione, una delle 32 volontarie di Vintage Solidale di Arché. Non è però un caso unico, perché in via Ressi, a Milano, capitano continuamente occasioni d’oro: l’ultima è un abito lungo in pizzo rosso, con stola coordinata, perfetto per la prima della Scala. Ma c’è anche una giacca di velluto fiorato, e sono passati da qui persino sette abiti da sposa nuovi, inviati da un atelier che chiudeva. Pezzi chic a prezzi cheap, come insegnarono i charity shop inglesi a cui il negozio si ispirò nel 2006, quando nacque, con l’obiettivo di sostenere le mamme e i bambini accolti in Casa Arché.

Da ottobre la gestione è passata alla nuova cooperativa Vintage Solidale: una ristrutturazione che accompagna il recente passaggio di Arché a fondazione e che è stata necessaria «per continuare ad essere presenti in negozio come Arché e per fare inserimenti lavorativi, a cui teniamo molto», spiega Micaela Barluzzi, la referente. La forza di Vintage Solidale – che va benissimo, a differenza dei progenitori inglesi – sta nel suo dare risposte a due domande molto diverse: «c’è chi è attratto dal pezzo vintage o dal capo particolare e chi invece ha bisogno di vestirsi con abiti usati ma in ordine, e viene qui per il prezzo basso. In entrambi i casi, la costanza premia», spiega Micaela. Clienti e volontarie così diventano quasi amiche e fanno a gara per inventarsi nuovi modi per far conoscere il negozio: «organizziamo merende, siamo state in un temporary shop, ormai è un classico l’iniziativa “A cena con la sporta”, organizzata con i Lion’s, in cui ogni partecipante porta con sé un capo da regalarci», racconta Adele. Perché più abiti donati significa più occasione per vestirsi (di) bene.