Non profit

Compatibilità, nuova parola d’ordine

Delusione delle associazioni e replica della Roccella

di Redazione

Gli Stati generali della disabilità si sono chiusi con pochi risultati concreti.
Ma per il governo
la strada è ancora aperta: a patto che tutti prendano atto che bisogna fare
i conti con le risorse
e il federalismoPer averla attesa sei anni, la terza Conferenza nazionale sulla disabilità si è chiusa con un un bottino magrissimo: la nascita di un tavolo tra ministero e associazioni, che partirà già il 20 ottobre, la promessa di istituire entro fine anno dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità previsto dalla Convenzione Onu (con un terzo dei 40 posti previsti riservati alle associazioni) e l’ammissione che di fondi non ce ne sono.
Questa è la desolata sintesi di Giampiero Griffo, del direttivo European Disability Forum. Altri a Torino han visto «molta filosofia, ma abbiamo bisogno di interventi concreti» (Giovanni Pagano, presidente della Fand) e sottolineato che «senza fondi è tutto solo una favola, un sogno bello da sognare» (Tommaso Daniele, presidente dell’Italian Disability Forum). Tant’è che nel comunicato congiunto, Fand e Fish hanno ritenuto di dover mettere nero su bianco dieci punti concreti da cui il Tavolo dovrà partire: i tagli al Fondo per le politiche sociali (-70%) e al Fondo per la non autosufficienza (non rifinanziato), ma anche (prova che le associazioni sanno benissimo che le politiche per la disabilità non si fanno solo con le risorse) il blocco delle assunzioni di disabili nella pubblica amministrazione (effetto legge 102/09) e la paventata revisione della legge 68/99 nell’ottica di mettere le cooperative sociali (e non le imprese) al centro dell’inserimento lavorativo dei disabili.
Alla mestizia delle associazioni, il sottosegretario Eugenia Roccella risponde con una parola: compatibilità. Compatibilità con le risorse, con le prospettive demografiche, e soprattutto compatibilità con il federalismo: «È solo ponendosi questi problemi di compatibilità che si può disegnare un nuovo welfare», spiega all’indomani di Torino. «Mi auguro che il bello slogan “Nulla su di noi senza di noi” si espliciti anche nella partecipazione al progetto di disegnare un nuovo modello di welfare».
Due i passaggi che la Roccella si aspetta di vedere in atto nel neonato Tavolo. Primo, «che anche le associazioni superino la frammentazione per categoria di disabilità, come devono fare le politiche: dobbiamo evitare che si creino élite delle disabilità, con disabilità socialmente accettabili e altre a cui non si riconosce diritto di esistenza. Per questo è stato importante a Torino mettere insieme disabilità mentale, fisica, stati vegetativi». Secondo, «le associazioni rappresentano solo il 20% dei disabili. È un problema che devono porsi gli amministratori ma anche le associazioni: tante persone sono sole con le loro famiglie, il primo facilitatore non sono i servizi ma la famiglia».

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