Non profit
Confindustria, la csr predicata ai piccoli
industriali Parla il coordinatore per la responsabilità sociale
di Redazione
Altro che incentivi e aiuti di Stato. Per far decollare la responsabilità sociale in Italia, oltre alle logiche del mercato serve il contributo di tutti gli stakeholder. In primis l’aiuto del terzo settore. A dirlo è Confindustria, per voce di Giuseppe Schlitzer, il coordinatore della squadra per la promozione della Csr dell’associazione degli industriali italiani. Una “unità speciale” delle buone pratiche nata durante la presidenza di Luca Cordero di Montezemolo, all’interno della commissione Cultura con delega allora affidata a Maurizio Costa, ad di Mondadori.
Vita: Giuseppe Schlitzer, ora si parte con Emma Marcegaglia in cabina di pilotaggio. Cambierà qualcosa?
Giuseppe Schlitzer: Il tema si è ormai consolidato nell’agenda di Confindustria. Non prevedo grandi scossoni. Al limite un potenziamento della struttura. Cambia solo il rappresentante in commissione Cultura che oggi è Alessandro Laterza.
Vita: L’Italia ha un tessuto produttivo composto principalmente da piccole imprese che difficilmente riescono ad avvicinarsi alle best practice ormai affermate nella grande industria. Che azioni avete in testa?
Schlitzer: Infatti il nostro lavoro si concentrerà per i prossimi anni proprio sulle pmi, cercando di attivare partnership con il terzo settore. Questo è un punto fondamentale della nostra azione: vogliamo diventare ponte delle istanze del profit con quelle del non profit, utilizzando però un linguaggio comprensibile alla piccola impresa, che è fatto di parole come competitività e sviluppo. In questo campo il terzo settore può svolgere un ruolo da protagonista, come consulente nel redigere bilanci di sostenibilità e attività sociali, per le pmi che crescono.
Vita: Si attende una politica di incentivi premianti da parte del nuovo governo ?
Schlitzer: È il mercato che rende responsabili le imprese. Se inquini, punti solo al profitto a discapito del consumatore, non pensi al territorio, prima o poi perderai in competitività. Quindi gli aiuti non sono la vera benzina per il motore della Csr. Invece è il settore del credito che può far molto.
Vita: Le banche? Oggi sono più nel centro del mirino dei consumatori che promotori di istanze sociali per le imprese. Che possono fare in concreto?
Schlitzer: Il loro mestiere. Ossia premiare, con l’erogazione del credito a tassi vantaggiosi, chi presenta profili meno rischiosi. Un’azienda con buone prassi di Csr risponde a questi criteri. Nei parametri di finanziamento degli istituti mancano questi indicatori, ma nei prossimi anni dovranno essere presi seriamente in considerazione.
Vita: Rimane a intermittenza la comunicazione con il sindacato. Le confederazioni vedono nella Csr un ritorno del paternalismo…
Schlitzer: Il sindacato italiano sconta un ritardo nella comprensione del valore della Csr. Il perché è nella ragione stessa della responsabilità sociale d’impresa che riconosce una molteplicità di stakeholder, mentre in passato lo stakeholder era unico, rappresentato solo dal sindacato. Quindi c’è un timore – errato – di perdere posizione anziché vedere la Csr come un’opportunità di crescita di tutti. Nostra intenzione è ricucire il rapporto e sviluppare nuove dinamiche di confronto.
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