Non profit

CONSUMI. La rivincita del Made in Italy

Le famiglie italiane spendono 466 euro al mese per mangiare: pollo, frutta ortaggi sono gli alimenti che vanno di più. Purché in etichetta sia indicata la provenienza. E i prodotti italiani di qualità vanno a ruba. Parola di Coldiretti.

di Redazione

La spesa alimentare è la seconda voce in bilancio dopo l’abitazione e assorbe il 19% dei costi mensili totali sostenuti dalle famiglie, per un valore di 466 euro, destinati principalmente all’acquisto di carne (107 euro), di frutta e ortaggi (84 euro), di pane e pasta (79 euro) e di latte, uova e formaggi (62 euro), pesce (42 euro), zucchero, dolci e caffé (32 euro), bevande (42 euro) e oli e grassi (18 euro). Questo il paniere alimentare degli italiani, radiografato da un’analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat. Secondo l’indagine, l’aumento dei prezzi incide sopratutto sugli anziani e sulle famiglie numerose con tre o più figli che destinano all’acquisto di cibi e bevande il 21% in più della spesa complessiva.
«Se nel 2008 le quantità alimentari acquistate sono complessivamente stagnanti, alcune variazioni interessano la composizione della spesa», sottolinea Coldiretti, «con più pollo e meno bistecche». Secondo i dati Ismea Ac Nielsen relativi al primo semestre, infatti, si sono ridotti i consumi di pane (- 2,5%), carne bovina (- 3%), frutta (- 2,6 %) e ortaggi (- 0,8 %), mentre salgono quelli di pasta (+ 1,4 %), latte e derivati (+1,4 %) e fa segnare un vero boom la carne di pollo (+ 6,6 %).
«La crisi economica», sostiene la Coldiretti, «sta provocando una polarizzazione nei consumi alimentari e, se da un lato cresce il numero di quanti sono costretti a ricercare prodotti a più basso costo, dall’altro si assiste al consolidamento della domanda di qualità tradizionalmente ricercata da fasce a più alto reddito».
Gli effetti della crisi finanziaria, dunque, si avvertono anche sui prodotti high qualità: cresce dell’8 % la percentuale dei cittadini che acquista regolarmente alimenti a denominazione di origine (il 28 %) e del 23 % di quelli che comperano cibi biologici (il 16 % degli italiani). Un’attenzione che trova riscontro nei primati del Made in Italy a tavola e in Europa, con ben 173 denominazioni di origine italiane riconosciute nell’albo comunitario (il 21 % del totale).
 Anche per questo, secondo l’indagine Coldiretti-Swg, la quasi totalità dei cittadini (98%) ritiene necessaria l’indicazione in etichetta della provenienza agricola degli alimenti. In questo percorso, l’Italia è avanti, grazie alla legge n. 204/04, ottenuta con il sostegno di un milione di firme raccolte dalla Col diretti, sull’etichettatura d’origine obbligatoria di tutti gli alimenti. Un pressing che ha portato all’obbligo di indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca, all’introduzione nel 2004 del codice di identificazione per le uova, all’obbligo di indicare in etichetta, a partire da agosto 2004, il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto, dall’obbligo scattato a giugno 2005 di indicare la zona di mungitura o la stalla di provenienza per il latte fresco, all’etichetta del pollo Made in Italy da ottobre 2005, all’etichettatura di origine per la passata di pomodoro a partire dal 2008 e all’ultimo obbligo di indicare anche l’origine delle olive impiegate nell’olio.
Attualmente, l’etichetta resta anonima per la carne di maiale, coniglio e agnello, per la pasta, le conserve vegetali come il pomodoro proveniente dalla Cina e i succhi di frutta, ma anche per i formaggi non a denominazione di origine.

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