Non profit

Cooperazione, la forza economica della reciprocità

il pensiero dell'economista

di Redazione

Il libro più famoso di Elinor Ostrom, Governare i beni collettivi è stato pubblicato da Marsilio nel 2006. Il volume è uscito nella collana «Saggi e ricerche Ristuccia advisors» e l’edizione italiana è arricchita da una premessa scritta appositamente dall’economista americana. In questa, la Ostrom riconosce il suo debito verso due studiosi italiani, Bruno Leoni e Paolo Grossi. Il brano che vi proponiamo è proprio ripreso da quella premessa in cui la Ostrom ragiona sul tema della reciprocità come valore aggiunto del modello cooperativo.

Nei casi di accordi istituzionali meno stringenti, si ha invece bisogno di modelli di comportamento basati su razionalità e comportamento morale limitati, che siano coerenti con quello che abbiamo appreso dai biologi e dagli psicologi evolutivi sulle predisposizioni ereditate da tutti gli esseri umani. Esiste la prova di fatto che gli esseri umani ereditano una capacità di imparare come usare le regole sociali e di reciprocità, come anche di superare un’ampia diversità di questioni sociali nella vita quotidiana. La reciprocità implica: «1) lo sforzo di identificare chi altro è coinvolto; 2) la valutazione delle probabilità che altri siano cooperatori condizionali; 3) la decisione a cooperare inizialmente con altri se in questi si ha fiducia che possano essere cooperatori condizionali; 4) il rifiuto a cooperare con quelli che non si comportano in modo reciproco e 5) la punizione di coloro che tradiscono la fiducia». (Ostrom 1998*, pag. 10).
Sostanzialmente la reciprocità implica il reagire ad azioni positive di altri con una risposta positiva e ad azioni negative di altri con alcune forme di punizione. La reciprocità è insegnata in tutte le società.
È un vantaggio per qualsiasi individuo guadagnare la reputazione di essere fidato, quando molti individui rispettano condizioni di reciprocità in tipi particolari di situazioni. Al centro della spiegazione della frequenza del comportamento cooperativo, a livelli più alti di quelli previsti nella maggior parte delle questioni sociali, vi sono «la fiducia che gli individui hanno negli altri, l’investimento che gli altri fanno nella reputazione e infine, la probabilità che i partecipanti useranno norme reciproche» (Ostrom 1998*, pag. 12). Queste tre variabili – fiducia, reputazione, reciprocità – sono al centro della famiglia di modelli di scelta razionale di seconda generazione.
È mia speranza che molti studiosi italiani continueranno a tentare di comprendere come questi attributi, combinati con un ampio numero di variabili strutturali, come la dimensione del gruppo, l’eterogeneità dei membri e il tipo di problemi ambientali a cui si indirizzano, consentano agli individui di superare, in molte situazioni di beni collettivi (ma anche in altre questioni sociali), le tentazioni implicite nell’uso dei beni collettivi e di raggiungere più elevati livelli di efficienza collettiva. Questa è una sfida cruciale per la scienza sociale moderna.
*Ostrom, E. 1998, A Behavorial Approach to the Rational Choice Theory of Collective Action, in «American Political Science Review» 92(1):1-22

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.